Nobiltà, miseria, volgarità

L’insediamento di ieri del presidente Mattarella mi ha coinvolto ed emozionato. Ad una certa età si è più inclini alla commozione e le lacrime scendono incontrollate. Per fortuna ero in casa da solo davanti al televisore e non sono immediatamente apparso come un vecchio  rincitrullito. 

Ho acceso il televisore proprio mentre il presidente saliva la scalea dell’altare della patria per deporre la corona di alloro, immediatamente ho percepito l’intensità del raccoglimento con cui si avvicinava al simbolo di migliaia di morti in guerra per l’Italia. Forse merito dei registi e dei cameraman, si è vista e sentita la sacralità del luogo,  si è percepito il valore della persona che celebrava quel rito laico capace di unire.

Mi sono chiesto come avrei potuto descrivere o definire il suo portamento, il suo aspetto, la sua eleganza semplice e severa. Le telecamere hanno indugiato sul suo volto, sui suoi capelli, sullo sguardo, restituendo l’aspetto di un anziano vigoroso e temprato, lo stesso volto che nei commenti successivi abbiamo visto ancora giovane, devastato dai singhiozzi per il fratello barbaramente ucciso dalla mafia. Alla fine mi è sembrato che l’aggettivo più adatto fosse ‘nobile‘, sì la cittadella assediata ha eletto come nuovo re dopo le dimissioni del re Giorgio, un principe normanno che viene dalla Trinacria di nome Sergio. 

Il volto compreso e severo di Mattarella, la sua storia familiare e personale, il suo servizio nelle istituzioni, nell’università, nel parlamento, nella politica, nell’associazionismo, nella suprema corte, hanno conferito a tutta la cerimonia una nobiltà senza la quale il tutto poteva sembrare una pagliacciata da spendaccioni. 

Ma non tutti sono nobilmente ispirati, ci sono i miseri, quelli che non hanno cultura, che non ricordano, che non sanno, che sanno guardare solo all’oggi o al domani prossimo, quelli che non capiscono che l’onore reso al capo dello Stato è onore reso ad ogni cittadino sovrano di questo stato. Così Mentana, per riempire di chiacchiere una cerimonia lunga con qualche pausa di troppo, pensa bene di fare un commento fuori luogo, da misero, sperando forse di acchiappare la simpatia del suo pubblico arrabbiato e grilliforme: che spreco questo Quirinale, non sarebbe meglio farci un gran museo per far concorrenza al Louvre, la presidenza della Repubblica potrebbe risiedere nelle attuali scuderie dove Ciampi aprì uno spazio espositivo. Pensate quanto si risparmierebbe. Non potevo credere alle mie orecchie, non stimo Mentana ma non credevo che fosse così misero.

Ma non era il solo. Tutti i cronisti lì a sottolineare i problemi politici sorti con lo strappo di Renzi, domande tendenziose ai politici pur di marcare con il solito catastrofismo una giornata che doveva essere di festa. Il nostro cuore indurito deve continuamente disseccare sulla griglia del pensar male a tutti i costi.

Poi la volgarità. Calderoli con una improbabile sciarpetta un po’ dandy, camicia di fuori, blu jeans si voleva distinguere dalla massa di autorità dello Stato che avevano rispettato il cerimoniale con abito scuro, camicia chiara e cravatta. Eppure il protocollo gli aveva dato il primo piano, la prima fila vicino al monsignore, a Renzi … Poi arriva il barone di Arcore, invitato nonostante le sue disavventure giudiziarie come leader di un partito, entra guardando gli stucchi del soffitto come se dovesse comprare il palazzo, scherza con un po’ di parlamentari, prende posto e sembra, a stare alle cronache giornalistiche, che si sia prodotto in battute, frizzi e lazzi non sempre di buon gusto. Data l’età si assopisce un attimo durante la brevissima cerimonia di passaggio delle consegne tra Pietro Grasso e Sergio Mattarella. Grillo pure è stato invitato ma non ha avuto il coraggio di andare ad una cerimonia imbarazzante con tutta la casta schierata per celebrare la solidità dello stato. Ringrazia, manda auguri, invia i suoi, chiede una abboccamento diretto senza la cronaca diretta televisiva. I suoi, quelli più telegenici rilasciano interviste in cui con una certa supponenza promuovono il discorso del presidente ma dicono che saranno giudici severi del suo operato. Di Maio con aria da politico consumato e con un linguaggio incerto ma forbito dice che vuole parlare con Mattarella del merito … il merito de che? non ha sentito che lui farà l’arbitro e che non si impiccerà del merito delle questioni che i politici dovranno risolvere in parlamento? Il presidente risponde solo per alto tradimento, per tutto il resto è irresponsabile e non deve trattare con nessuno. Ma temo che Di Maio non abbia approfondito e completato i suoi studi giuridici … Io trovo volgare anche l’ignoranza .

Poi il principe della volgarità, quello che cerca di acchiappare un po’ di voti ai grillini che si sono messi a lavorare e incominciano a sporcarsi le mani nella gestione della Cosa Pubblica, quel Matteo Salvini che dice che non ha ricevuto l’invito e che comunque aveva altro da fare. Non riconosce il nuovo re Sergio e non rinuncia alla felpa d’ordinanza per una cerimonia a Roma.

Fin qui la nobiltà ornata dagli stucchi dorati, dalle bandiere, dalle fanfare, dai tamburi, dagli squilli di tromba, dalle strisciate tricolori nel cielo di Roma. Poi la nobiltà del povero che non ha nulla da perdere, di uno che ha visto in faccia la morte, di uno che si considera servitore della ditta, di uno zio che non è riuscito ad assumere la funzione di padre, di Bersani. Il protocollo non l’aveva previsto tra gli invitati al salone dei corazzieri, tutti sanno che aveva avuto un ruolo nelle ultime vicende dell’elezione del presidente quanto meno nell’aver collaudato una procedura che per lui si era rivelata fatale. Le domande della giornalista in un freddo cortile di Montecitorio incalzano per provocare una reazione stizzita o acida o velenosa o risentita. Nulla di tutto ciò, il vecchio zio continuerà a lavorare per la ditta senza nulla pretendere, per il bene del Paese. Forse sbaglia, ma non si può dire che non sia nobilmente coerente.



Categorie:CinqueStelle, Riflessioni personali

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5 replies

  1. Bellissimo  e toccante. Forse perché  ho 38 ??????

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  2. Si’, Raimondo, ti ho pensato,ieri e ti avevo anche immaginato un po’ come ti descrivi. Ho visto anche una parte dell’evento alla Camera: il silenzio e l’attenzione sono stati grandi e gli applausi, intermedi e finali sono stati intensi. Secondo me sentiti e per gan parte sinceri, hanno dato un senso di unità e di elevata immagine delle istituzioni, come non si vedeva da tempo. Lui, il Presidente, è rimasto serio, compito, gentile senza far percepire differenze verso i contenuti o verso le persone. Eppure il tutto è apparso,appunto,nobile, dignitoso. Quasi a dare dignità anche a chi assisteva o partecipava da lontano. È saldo l’uomo e al contempo sensibile, misurato, colto, equilibrato, intelligente. Ottima scelta, che merita rispetto e anche impegno a capire il senso profondo dei gesti e delle parole. Anche le domande da rivolgere a persone di questa levatura devono essere meditate e calibrate. Ciao, grazie

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    • Grazie del commento. Approfitto per aggiungere una riflessione ulteriore legata alla visione della cerimonia di passaggio di poteri tra i tre presidenti e al parterre di protagonisti che si sono avvicendati al potere. Una riflessione che ho fatto più volte quando ho presieduto una scuola. I servitori dello Stato occupano pro tempore delle posizioni di potere e di responsabilità ma non ne diventano proprietari o protagonisti. L’istituzione Quirinale sopravvive al presidente, perpetua le regole, le consuetudini, lo stile, la cultura, il simbolismo. Ciascuno ai vari livelli, da quello più umile ed oscuro, a quello apicale più evidente e celebrato, può contribuire allo sviluppo della vita dell’istituzione in cui opera. Come al Quirinale così nelle scuole. E il volto della Repubblica sono anche le scuole, come dice il nostro presidente. Ciao

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  3. Anche io ho seguito con partecipazione tutta la cerimonia di ieri. La nomina di Mattarella ha mostrato ancora una volta che l’elezione indiretta del Presidente della Repubblica può portare a quella responsabiltà persone di alto profilo che mai avrebbero potuto essere elette direttamente. Sono d’accordo che Bersani in quest’occasione ha mostrato uno stile non comune. Era infatti difficile accettare che certi cialtroni fossero dentro il Quirinale e lui fuori.

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