Catena di errori

Delle mie angosce non amo scrivere su un blog pubblico. Tuttavia quella legata ai fatti di Barcellona, alla piega imprevedibile che hanno preso gli eventi motiva almeno un post per condividerla con gli amici.

Oggi ho letto due analisi molto belle che aiutano a capire. Quella di Gianfranco Pasquino che sottolinea il peso di errori reciproci che rischiano di far precipitare la situazione in modo catastrofico e quella di Claudio Salone che presenta una chiara e ricca analisi storica che consente di interpretare meglio la situazione. Da parte mia una riflessione pertinente scritta qualche mese fa si trova in Europa delle città.

Perché sono angosciato da queste eventi? Per molti motivi politici legati alla nostra realtà nazionale: la disgregazione, l’allentamento dei vincoli, la diaspora delle identità, la mancanza di sogni e di prospettive, l’incertezza sono tratti di un periodo storico che avevamo immaginato diverso.

L’Europa per molti di noi più anziani è stata una realtà attesa e cercata, è la prospettiva in cui molti nostri giovani si sono inseriti perdendo un po’ della loro identità locale per costruire storie di vita in uno spazio più grande e più promettente. Questo edificio presenta delle crepe che si stanno allargando e catene di errori in buona fede e forze ostili che minano le fondamenta intenzionalmente sono visibilmente all’opera.

Se guardo all’Italia vedo che le spinte che ora deflagrano a Barcellona sono diffusissime anche in casa nostra e da molto tempo.

Nelle analisi di questi giorni credo nessuno abbia legato questa crisi spagnola, questa situazione sfuggita di mano, alla crisi politica che ha preceduto la costituzione del governo di destra ora in carica e da sempre molto debole. Per molto tempo gli spagnoli non sono riusciti a formare un governo, hanno dovuto ripetere le elezioni con una lacerazione delle forze in campo, soprattutto a sinistra, che ha lasciato il segno. Anche qui a casa nostra un’intera legislatura ha vivacchiato  con alleanze politiche sconfessate dagli stessi protagonisti ed ora ci accingiamo ad avviare una nuova legislatura in cui non ci sarà una maggioranza precostituita e rischia di prevalere la politica dei veti incrociati. Insomma il bubbone di Barcellona potrebbe essere infettivo e noi siamo quelli con le difese più basse.

Aggiungo due motivi personali che influiscono sulle emozioni di questi giorni.

Nel 1974, un anno prima della morte di Franco, come gruppo di  giovani insegnanti che facevano capo a Emma Castelnuovo ed avevano collaborato alla realizzazione della sua Esposizione di Matematica fummo invitati a Barcellona dalla locale Università in cui un gruppo di giovani docenti guidati da Carmen Azcarate Gimenez era rientrato dall’esilio in Francia. Avevo 26 anni, insegnavo da 3 anni, percepii e provai quanto fosse ricca ed effervescente quella realtà che per troppi anni era stata compressa da un regime autoritario. Qui alcune foto dell’evento. 

Questo imprinting è rimasto forte ed intenso nelle numerose volte in cui sono tornato o avuto scambi con persone di lì. L’immagine di una città dinamica, non convenzionale, colta, ricca, che affascina i giovani si è nel tempo rinforzata.

Questa estate ho letto Gli eredi della terra, il seguito della Cattedrale del Mare, che avevo letto due o tre anni fa. Per molte ore ho vissuto nella Barcellona della fine del XIV secolo a fianco di poveri cristi e di nobili e borghesi, di giudei, mori, genovesi … schiavi e liberti, politici e notai in vicende inventate e ma che servivano a rievocare fatti storici documentati e processi politici che tuttora sembrano avere importanza nelle vicende di questi giorni. Anche per questo sento Barcellona e gli spagnoli così vicini.

 

 

 



Categorie:2018 Elezioni politiche, Libri letti, Politica

7 replies

  1. Caro Raimondo, condivido le preoccupazioni e le analisi. Condivido anche il legame speciale con Barcellona. Tuttavia ho scelto di andare… dove mi porta il cuore!
    Da quasi quarant’anni ho con Barcellona un rapporto speciale perché il mio migliore amico (lo siamo dal 1980) vive in quella splendida città. Lì ha studiato (università), li ha inventato il suo lavoro (grafico) lì è diventato padre (oggi il figlio gira l’Europa con una multinazionale). Almeno una volta all’anno io vado da lui o lui viene da me. Lui, si chiama Jean, è un fervente indipendentista. Le sue lontane origini (è nato in Francia) sono sarde e sai bene che per molti sardi la Catalogna è più vicina e intima della Lombardia o del Lazio. Inoltre c’è una tradizione indipendentista anche in Sardegna. La storia catalana è intessuta di spinte all’indipendenza, la lingua è altro dal castigliano… Sono d’accordo che queste elezioni non possono essere considerate valide ma ciononostante rimane il problema. Dovrebbero raggiungere un accordo per svolgere regolari elezioni e rimettere qualsiasi decisione al risultato di questo nuovo referendum. Da questo punto di vista la democrazia non ammette scorciatoie.
    Il mio amico è quanto di meglio ha espresso l’Europa post-bellica: nasce in Francia da genitori italiani, in Alsazia al confine con la Germania, a diciott’anni viene in Italia per una vacanza e gli fanno fare il militare, dopo un anno (1980) si trasferisce a Barcellona dove conclude gli studi e inizia la sua nuova vita; la figlia della compagna ha fatto l’Erasmus a Bologna e dopo un master, ha un legame fortissimo con l’Italia. L’estate ci vediamo tutti in Sardegna. Un gruppo europeo, o no? E’ questa la cittadinanza europea che mi piace.
    Il mio amico è da sempre per l’indipendenza della Catalogna ma è fortissimamente europeo. Col passare del tempo ho imparato a rispettare e condividere questa sua scelta. Oggi sono con lui.

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    • Grazie del commento. Tu apri un nuovo squarcio sulla questione: qual è il tratto caratteristico di un europeo, in cosa consiste l’identità, la cittadinanza europea? Siamo certi che i catalani siano la punta di diamante di un istanza evolutiva verso una nuova Europa o piuttosto una regressione di una tribù più ricca che vuole conservare il suo status alzando nuovi muri e barriere? Avremo molto su cui riflettere …

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  2. La Catalogna, eccellenza della Spagna e dell’Europa… o piccola provincia, origine del disfacimento, luogo dove il male oscuro si manifesta come incurabile?

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  3. Riporto come commento quanto scritto su Facebook
    Giuseppe Fiori:
    Perché proviamo simpatia per l’indipendenza catalana o scozzese, mentre siamo ostili a quella lombardo-veneta e sud tirolese? La risposta sembra semplice (non si tocca l’Italia risorgimentale e anche quella post), ma in realtà è complessa. Perché non tutte le secessioni sono uguali ! E le diversità hanno tutte ragioni storiche, culturali, economiche e politiche che giustificano alcune istanze e ne condannano altre (come quelle dei nostri presunti secessionisti).

    Raimondo Bolletta
    Ti confesso che temo in egual misura tutti i secessionismi presenti qua e la in Europa perché prima o poi ne avremo un danno per l’esplosione di contrasti e scontri anche violenti. Temo queste derive perché alla lunga determineranno quanto meno danni economici per tutti. Temo questi estremismi perché sono ispirati dalle peggiori istanze, dai demoni dell’egoismo e dell’invidia. Ci sarà un motivo per cui le regioni secessioniste sono le più ricche. L’egoismo non porta bene. Che Barcellona sia una città colta, civilissima, moderna, giovane non dà certezza che non possa degenerare in un bubbone pericoloso. In fondo anche la Germania dell’inizio del 900 era una nazione civile, avanzata, colta, con buona musica, ottime università, grandi industrie, ricca borghesia … eppure …

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  4. Caro Raimondo,
    ti ringrazio per l’apprezzamento per quanto ho postato sul blog. Abbiamo ricordi catalani comuni, di qualche anno anteriori i miei. Studiavo archeologia e andai a Barcellona a trovare alcuni amici conosciuti su un cantiere di scavo ligure. Quella di allora era una Catalogna dimessa, ingrigita e vessata da un franchismo ormai declinante (ma non per questo meno violento: non si poteva usare il catalano e a casa di quegli amici i genitori parlavano la loro lingua sottovoce, per non essere uditi all’esterno), eppure culturalmente vivacissima e perfettamente europea, con una tradizione letteraria raffinata e di antiche origini. Una Nazione, insomma, in senso latino. La monarchia spagnola post-franchista (e il terribile discorso del mediocre Felipe VI ne è testimonianza) ha conservato, nonostante la concessione di alcune autonomie regionali, un’anima centralista e autoritaria, che ben si riflette nel comportamento affatto inadeguato di Rajoy. Le conseguenze potrebbero essere deflagranti, non solo per la Spagna, ma per l’intera Europa. Ecco perché ritengo sia urgente “ripensare la struttura unitaria europea”, non per distruggerla, ma per rafforzarla. Tu metti giustamente in luce, tra i tanti, un problema centrale, quello dell’identità culturale dei popoli europei, troppo frettolosamente negata in nome di un principio universalistico di eguaglianza di tutti gli uomini. L’eguaglianza però non può significare uniformità, perdita di identità culturale, alienazione. Perché, altrimenti, quel principio finisce per puntellare l’impero del mercato e la trasformazione del cittadino in cliente. Bando ai nazionalismi? Certo, purché non si neghi tout court l’esistenza delle Nazioni. Un’Europa Unita politicamente davvero forte e democratica dovrebbe poter consentire alle singole unità nazionali come pure alle regioni storiche del Continente, di convivere e di cooperare, anche al di fuori dei tradizionali confini degli Stati spesso disegnati, almeno da Bismarck in poi, sul filo della spada.
    C.

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  5. Aggiungo come commento e come punto di vista fortemente divergente da quelli sin qui emersi nei commenti questa posizione di Giacomo Siro su Facebook.
    Non tutti i miei lettori hanno accesso a Facebook per cui ho pensato di citare integralmente il testo.

    Giacomo Siro:
    Alcune considerazioni ed ulteriori riflessioni sulla situazione catalana .
    In risposta ad amici con cui ho scambiato le mie osservazioni.
    Cominciamo dicendo che non esistono alternative.
    Non esiste dialogo, non possono esserci negoziazioni.
    Lo show down e’prossimo. Art.155 !!!
    Raoy attende le dichiarazioni prossime del governatore della Comunita’catalana.
    Un ex giornalista del Mundo, prezzolato, vicino a Podemos che ha investito politicamente molto su questa indipendenza, molto, forse troppo …..
    Lo stesso El Mundo è schierato con gli indipendentisti.
    E , giusto affinche’lo sappiate, El Mundo appartiene ad Urbano Cairo, il supporter del M5S .
    Ma che strano ….
    Il populismo tracima in Europa, nelle Regioni più ricche di questa Europa.
    Che di tutto necessita, fuorché di separatismi da operetta .
    Il ribellismo origina in un dissesto finanziario del governo di Barcellona.
    Che non ammettendo le sue responsabilità ha scaricato sul governo centrale le sue colpe.
    Così è nato e poi gestito il revanscismo!
    E la differenza tra poveri e ricchi si è molto accresciuta….
    Mentre il risultato della ripresa è andato nelle tasche del 10% di quei catalani che appoggiano l’indipendenza!
    Eh sì la deflazione dei salari sovvenziona il ribellismo gestito…..
    E questo trend sembra sempre più prendere piede in Europa, proprio ora che si riparla di maggiore integrazione!

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  1. Errore fondamentale | Raimondo Bolletta

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