In questi giorni sono stato occupato e non ho potuto scrivere molto, ho solo messo alcune foto come memo per riprendere ora i miei racconti e le mie riflessioni.
Dal 30 maggio al 2 giugno 2013 si è tenuto a Trento il Festival dell’Economia sul tema ‘Sovranità in conflitto’. Nel precedente link trovate tutto per essere informati e qui mi limito a raccontare ai miei amici, e per me stesso, questa esperienza e a sviluppare qualche riflessione al margine.
Il significato del convegno è magistralmente riassunto dal curatore scientifico Tito Boeri con queste immagini introduttive.
Quando mio figlio ha cominciato a guardarmi dall’alto in basso, ho avuto la netta sensazione di avere perso sovranità. Ho capito che, da quel momento in poi, avrei potuto appellarmi solo alla mia statura morale per convincerlo a scendere a comprare il giornale all’edicola. Oppure avrei dovuto sottostare al ricatto di comprare anche un giornale di suo gradimento assieme a quelli da me prescelti. Ma ben presto mio figlio ha cominciato a commentare le notizie del giorno. E non solo quelle di sport. Avevo così il giornale a domicilio, un’eccellente rassegna stampa e un quotidiano sportivo da sfogliare. Tutto in un colpo. Ci possono anche essere vantaggi nel perdere sovranità. Dipende da come e verso chi la si perde. La crisi ha fatto rimpicciolire molte sovranità nazionali. Molti re si sono scoperti terribilmente piccoli ancora prima che nudi. Governi nazionali sono dovuti intervenire per salvare istituzioni finanziarie che erano fino a 10 volte più grandi di loro.
Come sa chi legge il mio blog, l’economia è una disciplina che mi affascina e la situazione di crisi in cui ci troviamo mi rende ancor più interessato e partecipe. Così ho accettato l’invito di mio fratello e il 31 maggio siamo partiti da Roma in macchina alla volta di Trento, prevedendo di essere lì per l’apertura dei lavori. In mente avevo di seguire anche l’incontro con Giuliano Amato, un uomo politico spesso citato a destra e manca come quello che ha messo le mani nelle tasche degli italiani, quello che prende pensioni stratosferiche, quello che aveva collaborato con Craxi e che è rispettato da Berlusconi, insomma un punto di riferimento per le nostre contraddizioni politiche, anche le ultime che hanno lacerato il PD nella fase della scelta del nuovo presidente della Repubblica. Lo avevo ascoltato in alcune conferenze in passato ai Lincei ed ero stato sempre ammirato per la cultura storica, la lingua italiana raffinata, il sense of humor brillantemente britannico. E sono convinto che ci siamo persi un ottimo presidente della Repubblica. Ma torniamo al racconto della prima giornata.
Il viaggio stava andando benissimo, il tempo incerto e variabile rendeva il paesaggio cangiante, pieno di colori freschi e brillanti, il traffico scorrevole, una bella e confortevole macchina tedesca, buona musica alla radio, ogni tanto qualche chiacchiera sulla vita, sulla famiglia, sui ricordi di quando si era ragazzi. Insomma meglio di così non poteva andare, il navigatore prevedeva l’arrivo ad un’ora comoda per accedere all’inaugurazione prevista alle 15,30. All’altezza di Rovereto, oramai quasi arrivati, la macchina tedesca si spegne all’improvviso e si accende una spia gialla, in piena velocità, si ha il tempo però di accostare e di fermarsi fortunosamente ad una piazzola di emergenza. Mio fratello che fa l’ingegnere ma che avrebbe potuto fare anche il chirurgo, dopo aver consultato il manuale dell’autovettura tira fuori dal portafoglio la sua tessere telepass premium e compone con tranquillità, ma con qualche disappunto, il numero verde per il carro attrezzi gratuito. Forniti per telefono i dati, l’operatrice comunica che il carro sarebbe arrivato tra circa 23 minuti. Dopo una mezz’oretta la macchina era stata caricata, con noi dentro, su un camion che ci riporta indietro ad Affi per la riparazione della macchina. Nel giro di due o tre ore l’officina effettuava una diagnosi elettronica del guasto, prenotava il pezzo da sostituire, faceva avere una nuova macchina a noleggio visto che ormai la riparazione sarebbe stata possibile solo il giorno successivo.
Ripartiamo ma ormai è tardi e la magia dei pensionati in viaggio di studio era svanita e procediamo direttamente verso l’abitazione in cui avremmo soggiornato nei giorni del convegno. Così, anche noi, ci siamo persi Amato.
Ripreso il viaggio, questa volta con una altrettanto confortevole macchina giapponese, pensavo a come spesso i fatti siano delle metafore viventi che ci parlano con i loro simboli: non c’è macchina tedesca che tenga, l’incertezza del percorso è la dimensione profonda della nostra vita, basta un circuitino che si rompe e una macchina che si spegne di colpo quando sei in piena velocità sull’autostrada o sui tornanti stretti di una strada di montagna, basta un circuitino per determinare una tragedia irreparabile, ma se non ti fai cogliere dal panico per l’imprevisto, se hai panificato le contromisure, se sei un po’ fortunato puoi raccontarlo come un piacevole diversivo e riprendere rassicurato il tuo cammino.
Ogni riferimento allo stallo in cui si trovano le società ricche dell’Europa felice ed avanzata è puramente casuale. La macchina che ci si è rotta è veramente tedesca, l’autofficina è italiana, o meglio, trentina, la prudente preveggenza di chi si assicura è bollettiana.
A sera vediamo in televisione i primi interventi al convegno, vedo che Amato sarebbe stato interessante, ero curioso di sapere se avesse ripetuto quello che aveva scritto circa 10 anni fa in un libercolo che avevo letto, che mi era molto piaciuto e che avevo perso.
Il giorno dopo ho ritrovato il ‘mio’ Amato, alla libreria, sotto una grande tenda nella piazza di Trento, ritrovo con grande piacere il libretto che avevo letto nel 2002 (Tornare al futuro. La sinistra che ci aspetta) e che dieci anni fa parlava di una crisi che è esattamente quella che viviamo tuttora.
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