Autonomia Differenziata: Efficienza, Trasparenza e Democrazia?

Nel post precedente ho cercato di illustrare le conseguenze dell’applicazione dell’autonomia differenziata che probabilmente aumenterà i divari e le differenze tra le regioni creando danni sia nelle stesse regioni ricche, se queste si chiuderanno troppo in se stesse per difendere il proprio livello di vita, sia nelle regioni più povere in cui una pur piccola regressione ulteriore potrebbe innescare reazioni negative anche sul piano sociale, basta pensare alla presenza diffusa della criminalità organizzata che potrebbe provocare e gestire problemi di ordine pubblico.

Fallacia della Prossimità Democratica

Vorrei ora smontare una delle ragione addotte da chi difende l’autonomia differenziata: l’idea che la struttura politica regionale essendo più prossima al cittadino offra maggiore garanzie di trasparenza a livello democratico. E’ un’idea che da sempre ispira i sinceri democratici a destra e a sinistra, quella stessa idea che a tutti i livelli dal condominio, alla scuola, dai piccoli comuni ai consorzi di bonifica, agli ospedali, le decisioni si prendono a maggioranza in organismi di rappresentanza eletti dagli aventi causa. Ogni entità in cui si struttura lo Stato è contemporaneamente governata dal basso dagli organi di rappresentanza e dall’alto attraverso le leggi, i finanziamenti, i regolamenti.

Ad esempio l’autonomia scolastica è una realtà molto complessa la cui realizzazione parte della legge Bassanini del 1997. Essa contempla la partecipazione del personale, degli studenti, delle famiglie attraverso gli organi collegiali (istituiti nel 1974) e la direzione di un funzionario assegnato dall’alto per concorso, il dirigente scolastico, e deve tenere conto dei vincoli che il bilancio impone: l’ambito delle materie in cui si può esercitare l’autonomia scolastica è definito dalla legge che l’ha istituita. L’idea di fondo è stata quella di dare spazio e voce ai cittadini coinvolti nella scuola sia come lavoratori sia come fruitori e di far in modo che la prossimità del ‘cliente’ consentisse l’ottimizzazione dell’uso delle risorse e il miglioramento dei risultati.

Si può dire che giustamente siamo immersi in un’infinità di contesti in cui il controllo democratico si può esercitare in modo quasi capillare. Ora, poiché la realtà è sempre meno bella dei sogni, un sistema liberal/social/democratico/cristiano in tanti decenni ha creato comunque insoddisfazione e ribellione perché le promesse non sono state mantenute appieno e allora, complice l’esistenza delle nuove tecnologie della comunicazione, si è arrivati a ipotizzare forme di democrazia diretta che facessero a meno del filtro della rappresentanza con una prossimità assoluta, granulare, atomica, da rete neurale: ciascuna decisione deve essere vagliata, giudicata e approvata da ogni cittadino caso per caso non solo una volta ogni cinque anni, come nelle elezioni politiche, e siamo arrivati così a Casaleggio e ai 5 stelle. Abbiamo assistito alla disgregazione della precedente legislatura che ha consentito la formazione di tre compagini di governo successive senza una stabile e coerente intesa sulle cose da fare se non la spartizione delle magre risorse dello Stato per soddisfare le esigenze della propria base elettorale. La reazione a quella disgregazione è l’attuale nuova maggioranza di destra che vara tre riforme che intendono ridurre questa eccessiva diffusione della democrazia: il premierato in cui la delega democratica (quasi irrevocabile) è intestata ad un’unica persona, l’autonomia regionale differenziata in cui si promette efficienza e correttezza democratica data la maggiore prossimità all’elettore, la riforma della magistratura che semplifica e riduce il controllo di un potere indipendente dalla politica.

L’esperienza dimostra che il controllo democratico non è maggiore se l’organo è ‘prossimo‘ al cittadino; anche i conti di un condominio spesso non sono comprensibili dal singolo condomino e men che meno lo sono se l’amministratore intende rubare o fare la cresta. Insomma l’idea che il governo regionale sia più trasparente e controllabile di un governo nazionale o continentale è una balla che può soddisfare solo i gonzi: ci sono recenti esperienze regionali che dimostrano che il cittadino elettore nel momento in cui vota non ricorda nemmeno quelle evidenze che indagini della magistratura, inchieste giornalistiche hanno proposto ma decide sulla base di pregiudizi e convinzioni profonde oppure emotive, l’elettore è in mano alle manipolazioni dei media sia a livello nazionale sia a livello locale.

Consigli di amministrazione

Come ormai appare chiaro, in questo momento è in gioco, non solo in Italia, la qualità e l’essenza della democrazia.

Ciò che la destra sostiene, che cioè sia vitale impedire i giochi di palazzo e gli inciuci del passato e tagliare ogni nodo gordiano con libere elezioni periodiche in cui uno solo o una sola ha un potere assoluto a tempo (5 anni), (nel caso del dictator romano solo 6 mesi in casi eccezionali), non garantisce nulla né dal punto di vista della qualità dei risultati concreti né rispetto alla permanenza di un regime democratico effettivo. Le leggi maggioritarie nei comuni e delle regioni e l’elezione diretta del sindaco e del presidente di regione hanno selezionato una casta politica ben pagata dallo scarso valore politico e culturale: persone abituate a obbedire al capo della propria parte politica, preoccupate di compiacere per essere inserite nelle future liste elettorali. Basta ascoltare il TG1 dedicato ai commenti dei politici per vedere plasticamente gli effetti questa selezione. Non voglio fare della facile ironia su qualche ministro.

Ultima osservazione, quella fondamentale per il mio ragionamento. Regioni, Comuni, Province e in parte lo stesso Stato sono ormai organi che amministrano le risorse, quelle che sono a loro disposizione decise dalla realtà che è dura a morire, dalle leggi dell’economia, dai vincoli internazionali. In sostanza quindi sono dei dispensatori, decidono come spendere soldi che sono loro affidati da meccanismi superiori che essi non possono modificare. Sono in realtà delle burocrazie irresponsabili la cui legittimità origina dalle elezioni ma che si sentono abbastanza forti da sfidare il giudizio dei giudici che trovassero delle irregolarità nella gestione del danaro. Il caso del governatore della Lombardia è emblematico, la delega politica non è revocabile.

Questi organismi sono quindi in realtà dei consigli di amministrazione con un mandato che non proviene dal proprietario di un’impresa che rischia di suo come accade nel privato e che a fine anno verifica i profitti ma dai fruitori del servizio pubblico amministrato che non sono mai sazi e soddisfatti e che sperano sempre di avere una nuova compagine politica che sia in grado di dispensare al volgo migliori servizi, prebende e bonus.

Ma se il problema è amministrare bene non servono solo amministratori onesti che non rubano e persone con idee convincenti e giuste ma che siano anche competenti, soprattutto competenti, se devono decidere su questioni tecnicamente complesse e delicate come ad esempi la gestione della sanità e della scuola.

Insomma l’autonomia differenziata non è la soluzione ma una parte del problema.



Categorie:Politica

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Scopri di più da raccontare e riflettere

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere