Ieri sera mentre ascoltavo l’intervista di Letta, alias Henry conte di Read, ho postato su FB ‘Grande Letta!’, devo dire, con un velo di commozione.
Alla fine di una giornata terribile, invasi dalle immagini dei 700 naufraghi di cui si pescano i corpi quasi fosse stata una mattanza di tonni, alla fine di una giornata in cui di tutto si è sentito, e c’era tanto di cui vergognarsi, ero in attesa di questa intervista e del libro annunciato da giorni. Abbiamo lasciato freddare il risotto, io e Lucilla. Il silenzio per un anno di un personaggio importante, di un giovane in cui molti abbiamo sperato, era per me un punto interrogativo e un motivo di delusione. Mi dicevo, non capisco.
Ho ritrovato il conte di Read con le palle d’acciaio, il volto timido ma determinato, educato ad una postura eretta e leggermente deferente nei confronti del giornalista, non ha mai appoggiato la schiena alla poltrona. Con amabilità ha detto, nella giornata del cordoglio e e della commozione, una cosa forte: deve essere chiara la distinzione tra il diritto d’asilo e il diritto all’emigrazione per motivi di lavoro, al secondo si può dire di no se non ci sono le condizioni. Ha contraddetto papa Francesco che ha rivendicato il diritto alla felicità (costituzione americana), dicendo però che il diritto d’asilo è diritto alla vita se si scappa da una guerra o dalla tortura o dal carcere politico in regimi totalitari.
E’ stato elegante ed ironico dicendo che i rapporti tra lui e il fratello Caino sono sereni.
Con un colpo di teatro, da grande politico, annuncia che ha trovato un lavoro e che per questa ragione si dimetterà in settembre da ‘questo’ parlamento. Fazio non ci credeva allo scoop e immediatamente ha riguardato la sua scaletta per verificare se la notizia gli fosse sfuggita. No, lo sapeva solo il presidente della Repubblica oltre alla sua famiglia. E’ stato un momento intenso in cui si è toccato con mano cosa voglia dire stare dentro le istituzioni ad un livello alto, un conte inglese che colloquia con un principe normanno.
La sua scelta, del tutto personale, ha comunque risvolti destabilizzanti, o meglio, ha un preciso significato politico. Premesso che sono convinto che Letta abbia sempre guadagnato onestamente le prebende previste per i politici, fare il ministro o il presidente del Consiglio non credo sia esattamente fare il pensionato o il nullafacente annoiato al bar, credo che abbia avuto una vita piena di lavoro ed impegno ma nel momento in cui il suo cursus honorum è stato bruscamente interrotto ha capito che una persona senza una retroterra economico solido, una professione, un impiego, una rendita familiare, un’impresa, è ricattabile, deve necessariamente sottoporsi alle trafile che l’establishment del momento richiede. E’ una questione di libertà, di immagine sociale, di immagine anche con i propri figli.
Nel momento in cui il mito della giovinezza del politico ha preso piede, nel momento in cui le prebende non vengono passate ai partiti ma direttamente ai singoli, nel momento in cui l’opzione politica costituisce una scelta per chi non ha speranze di lavoro con la qualifica che ha, ha preso il sopravvento una generazione che non ha mai lavorato, che ha sempre amministrato potere e soldi lungo un percorso, una lenta ascesa che se sei fedele al ras del momento può garantirti una buona pensione. A questa degenerazione di una generazione, il cinquantenne Letta reagisce cercando e trovando lavoro all’estero come tanti giovani italiani che si stanno costruendo un futuro da europei fuori dai nostri confini. Certo, Letta non è un migrante, ma è una persona eccellente che si misura al di fuori dei confini dell’italietta asfittica.
Auguri caro Presidente, forse avremo ancora bisogno di te, in fondo sei giovane.
Categorie:La cittadella assediata, Politica
Continuo a pensare che il Conte avrà ancora tempo per essere Presidente della Repubblica. Raimondo,
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