Farsa, commedia, tragedia? Non saprei dire, nel palcoscenico politico ci sono molti personaggi e molti attori di una storia ingarbugliata di cui facciamo fatica a capire tutti i particolari e tutte le implicazioni.
Alcuni occupano la scena continuamente, il regista ne fa grande uso, guitti, comici, personaggi tragici, malavitosi, guappi … Altri ogni tanto dalla seconda fila della comparse emergono e occupano la scena diventandone protagonisti. La rappresentazione è diventata complicata perché le usuali categorie, buoni e cattivi, progressisti e conservatori, uomini e donne, giovani e anziani, destri e sinistri, belli e brutti, sono diventate evanescenti e ogni personaggio che occupa la scena non si capisce bene da che parte stia.
Ora Marino sta occupando la scena, suo malgrado. Vittima o carnefice? efficiente o incapace? colluso o onestissimo? eroe o mezza tacca? velleitario o realista efficiente?
In che rapporti è con il suo partito? lo vogliono affondare o lo difenderanno ad oltranza?
Perché non ha la simpatia di Renzi? perché i grillini lo osteggiano?
Pensavo a Marino, a cui va tutta la mia stima e simpatia, e mi è venuto in mente che in tutta questa storia della politica nostrana c’è un’altra categoria interpretativa che divide i nostri personaggi. Chi sa lavorare, ha lavorato e chi no.
Enrico Letta ha sollevato la questione in modo discreto ma profondamente incisivo. Non posso far più politica se non ho un mestiere indipendente che mi assicura un reddito, ne va della mia libertà di scelta.
Senza arte né parte
I giovani renzisti hanno una caratteristica comune, non hanno mai lavorato stando sul mercato del lavoro. Spesso sono figli di papà che hanno avuto contratti di comodo come è accaduto a Renzi poco prima di diventare giovanissimo presidente della provincia di Firenze. Civati è cresciuto nelle assemblee elettive, certo il suo dottorato l’ha finito ma non sa cosa siano i contratti a tempo mal pagati. Uno stuolo di ex consiglieri, di assessori, di faccendieri giovani e brillanti che bucano lo schermo e il palcoscenico e che a un certo punto si sono coalizzati per far fuori l’establishment che li aveva amorevolmente allevati.
Anche Letta è cresciuto negli apparati, ma ha studiato e lavorato con grandi maestri per cui la prima volta che andò a parlare alla City gli astanti ammirarono l’inglese fluente e corretto e la chiarezza delle idee. C’è voluto poco per lui ottenere un incarico di lavoro prestigioso (qualche mio lettore penserà: è solo questione di amicizie potenti).
Molti grillini, la gran parte di quelli che ora hanno maggiore visibilità, hanno un profilo simile, molti erano precari o neoassunti in ruoli non conformi al loro curricolo. Di Maio è erede di una ditta di costruzioni, Di Battista incarna in modo esemplare questa nuova tipologia di giovani figli della borghesia agiata che ha avuto forti intrecci con la politica e l’amministrazione pubblica. Riporto il curricolo trovato su Wikipedia.
Alessandro Di Battista (Roma, 4 agosto 1978) È nato a Roma da genitori di Civita Castellana, figlio di Vittorio, già consigliere comunale nelle file dell’MSI. Si è diplomato al liceo scientifico Farnesina della capitale con 46/60 e, dopo essersi laureato in discipline dell’arte, della musica e dello spettacolo (DAMS) presso la Università degli Studi Roma Tre ha conseguito un Master di secondo livello in tutela internazionale dei diritti umani alla Sapienza. Successivamente ha lavorato un anno come cooperante in Guatemala, occupandosi di educazione e progetti produttivi nelle comunità indigene. Nel 2008 si è occupato di microcredito e istruzione in Congo. Lo stesso anno si è occupato di diritto all’alimentazione per conto dell’UNESCO. Ha inoltre collaborato col Consiglio italiano per i rifugiati, la Caritas e Amka onlus (organizzazione non governativa dedita alla realizzazione di progetti di sviluppo per i paesi australi). Nel 2010 è partito per il Sud America lavorando alla scrittura di un libro, Sulle nuove politiche continentali, che lo ha portato a viaggiare in Patagonia, Cile, Bolivia, Amazonia, Ecuador, Colombia, Perù e Nicaragua.A partire dal 2011 ha collaborato con il blog di Beppe Grillo pubblicando reportage sulle azioni di ENEL in Guatemala. Nel 2012 gli è stato commissionato un libro sui sicari sudamericani da parte della Casaleggio Associati. È quindi partito per Ecuador, Panama, Guatemala e Colombia e a fine anno ha pubblicato l’eBook Sicari a cinque euro, edito da Adagio (Casaleggio Associati), nel quale analizza l’origine del fenomeno del sicariato e propone alcune possibili soluzioni.
Posso dire che i miei figli non avrebbero potuto permettersi questo percorso lavorativo? possiamo pensare che questo giovane dovrebbe preoccuparsi del proprio futuro se Grillo manterrà la promessa di un ricambio sistematico della classe politica? A meno che non faccia in tempo a cambiare casacca appena ne avrà l’opportunità, come hanno già fatto decine di suoi colleghi.
Professionisti affermati
Marino fa parte del piccolo gruppo di professionisti affermati e vincenti che a un certo punto della loro vita hanno deciso di impegnarsi in politica in modo più diretto. Ambrosoli sulle orme del padre, Pisapia sulle orme di una prestigiosa famiglia milanese, tanti altri che soprattutto nelle piccole città a compimento di una cursus honorum prestigioso e consolidato primeggiano con liste civiche e personali, giornalisti conosciuti ed apprezzati, personaggi televisivi che fanno audience, industriali e ricchi che inanellano la loro vita anche del fregio della carica pubblica. Era la cifra distintiva dei candidati berlusconiani. La vita politica di questi personaggi non è affatto facile perché la gestione del potere, quella di tutti i giorni, soprattutto se si è in prima linea nelle amministrazioni comunali, richiede cinghie di trasmissione, appoggi trasversali, organizzazione del consenso. Marino non può fare a meno del suo partito, non ha il tempo e la forza di emendarlo se emergono aspetti negativi gravi. Marino e gli altri illustri cittadini che hanno un retroterra di lavoro e di operosità, hanno spesso scelto la politica per dare e non per prendere. Sono inadatti a questa orda di giovinastri vogliosi di potere e di successo.
Renzi e Marino non possono amarsi, sono incompatibili antropologicamente.
Funzionari di partito
Rischio però di essere troppo manicheo, la situazione è un po’ più complessa. C’è una categoria di politici che vengono dal ‘lavoro’ ma che hanno lavorato sempre alle dipendenze del partito di appartenenza o nelle cariche pubbliche. D’Alema, Veltroni ne sono un esempio, ma anche Zingaretti e Fassina.
Parlo di persone competenti, operose, valide che certamente hanno meritato le paghe che anno incassato negli anni, che sono state scelte, selezionate, allevate secondo percorsi pianificati nelle segrete stanze dei partiti e che al momento giusto hanno occupato i posti loro destinati. Riporto il curricolo di Fassina secondo il solito Wikipedia
Stefano Fassina (Roma, 17 aprile 1966) Dal 1990 al 1992 è segretario nazionale degli studenti universitari di Sinistra giovanile.
Laureato in discipline economiche e sociali alla Università Luigi Bocconi, con l’avvento di Prodi e de L’Ulivo al governo nel 1996 è consigliere economico del ministero delle Finanze, passando nel 1999 al dipartimento Affari economici della presidenza del Consiglio.
Già consulente della Banca di Sviluppo Inter-Americana, dal 2000 al 2005 è economista al Fondo monetario internazionale.
È editorialista de l’Unità e ha all’attivo numerose pubblicazioni di scienza economica anche in collaborazione con altri studiosi, fra i quali il più volte ministro Vincenzo Visco.
Il 24 novembre 2009 è scelto come responsabile nazionale Economia e Lavoro del Partito Democratico nella Segreteria nazionale del neo segretario Pier Luigi Bersani. Nel 2010 è tra i fondatori della corrente dei cosiddetti “Giovani turchi”, da cui prenderà tuttavia progressivamente le distanze, fino ad abbandonarla nel 2013.
Anche questi militanti di qualità che erano, tra un incarico pubblico e l’altro, sul libro paga del Partito, sono stati oggetto della rottamazione renziana: Renzi, come anche Grillo, ha chiesto l’annullamento del finanziamento pubblico ai partiti. Il primo e più banale effetto della casse vuote è che il partito non si può più permettere di chiamare un giovane brillante che lavora alla banca mondiale per preparare i documenti economici. Basta con le burocrazie colte, meglio politici rampanti cresciuti nelle lotte di quartiere e nelle assemblee elettive, meglio se giovani ed illibati non ancora corrotti dalle transazioni del potere politico ed economico.
Categorie:CinqueStelle, Politica
L’ha ripubblicato su raccontare e rifletteree ha commentato:
scritto nel 2015 offre spunti di riflessione anche in questi giorni che per certi aspetti anticipa
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