Ho seguito tutta la cerimonia di passaggio di potere tra i due presidenti americani e il discorso di Trump. Sono rimasto agghiacciato e molto preoccupato anche se avevo seguito la sua campagna elettorale e nel discorso lui ha solo elencato testualmente quanto aveva promesso di fare nelle campagna elettorale, nulla di nuovo. Gli americani che lo hanno votato sapevano bene quello che doveva succedere e non hanno scuse e non ne avranno di fronte alla storia se gli effetti di queste politiche saranno disastrosi per gli americani stessi, non solo per il resto del mondo. Le peggiori dittature e i disastri di guerre crudeli sono stati innescati da scelte elettorali del popolo. Nessuno potrà facilmente assolversi o perché ha votato consapevolmente per questa destra crudele o perché, sottovalutandola, si è astenuto dal prendere posizione.
Voglio qui appuntare solo tre piccole riflessioni apparentemente eterogenee: le immagini, le promesse, le bugie.
Le immagini
Ho seguito tutta la cerimonia, confesso che sono affascinato dai cerimoniali e dai riti in cui si celebra il potere. Sono molto attento al messaggio che sta sotto le immagini, i colori, i gesti, gli abiti, le uniformi. Siamo tutti abituati a assistere e a partecipare a infinite storie interpretando le immagini dei film. Il messaggio iconico di fondo che più mi ha colpito è il disprezzo che molti protagonisti sul palco delle autorità intorno a Trump inviavano a chi da quel potere era escluso. E ciò era stridente nel momento in cui il leader prometteva il pugno duro verso gli immigrati, verso i deboli e gli esclusi che intende deportare in non si sa bene dove .. forse in Albania? Nei volti compiaciuti, nelle acconciature perfette, nei risolini tra personaggi impettiti c’era l’affermazione vittoriosa di chi dice io so io e voi non site un ca**o. Per quasi tutta la cerimonia è risuonata nella mia mente la frase del magnificat che attribuisce a Dio la capacità di deporre i potenti ‘deposuit potentes’ con la potenza del suo braccio. Ma sembra che questo Dio degli umili si nasconda e forse aspetta che gli umani si muovano e ristabiliscano da soli la giustizia. Eppure dietro tanta alterigia e supponenza dei potenti traspariva anche una intima sofferenza che muove la crudeltà in un vecchio che senza alcuna esitazione promette deportazioni di milioni di persone come se dovesse vendicare dei torti subiti; commenta Lucilla: ma che gli è successo da bambino per provare tanto risentimento ed odio, tanta crudeltà gratuita? Vance, il giovane vice che promette la continuità del trumpismo nel tempo, mostra nel suo libro Hillbilly Elegy e nel film Elegia americana, quanto le difficoltà familiari della primissima giovinezza, le frustrazioni superate a fatica siano al fondo della durezza con cui i trumpisti vogliono affrontare e piegare la realtà. Così scrivevo appunto nel post Frustrazioni :
Una storia vincente (quella di Vance) che supera le tante frustrazioni giovanili che lasciano però il segno di rancori irrisolti verso coloro che non ce l’hanno fatta e che potrebbero insidiare quanto faticosamente conquistato. E’ in effetti una fedele rappresentazione della violenta difesa di ciò che si ha e che si teme di perdere. Molto simile al leghista ricco del nostro nord che vede nell’immigrato un pericolo per la sua identità e per il suo patrimonio. La stessa frustrazione di chi ha poco ma che teme di perderlo perché gli hanno detto che quelli diversi da noi insidiano le nostre donne, ci affamano e potrebbero ucciderci.
Dietro quel muro di volti di super ricchi c’era la vasta platea del popolo americano votante che è abbastanza ricco, molto più ricco del resto degli umani sulla terra, ma che teme di impoverirsi e quindi si accoda al corteo dei super ricchi sperando di raccogliere qualche briciola dalla tavola imbandita. Stesso meccanismo che a suo tempo qui da noi a fatto vincere il super ricco Berlusconi ed ora Meloni che promette di essere più risoluta e più maschia dei moderati di centro che sostengono la sua coalizione.
Le promesse
Ora inizia l’età dell’oro ha più volte proclamato quasi liturgicamente Trump.

Mi sono chiesto quale potesse essere il significato per un americano medio la locuzione ‘età dell’oro’. Essa richiama una mitica eta ancestrale di benessere, innocenza, felicità, armonia che ispirava la classicità greca e romana (se avete tempo tornate a leggere la voce su Wikipedia) oppure al contrario la corsa all’oro dei pionieri che forgiarono la prima ricchezza degli americani e quindi una concezione tutta economica in cui il valore fondamentale è la ricchezza materiale accumulata e conservata alla faccia di chi non ce la fa e rimane indietro. L’immagine di Cronach il vecchio rappresenta lo stato felice di una umanità gaudente e innocente ma lo spazio della felicità è chiuso da un muro alto che separa il giardino, l’eden, dal resto del mondo come forse immagina Donald, il nuovo Re a volte benevolo a volte irato e aggressivo, la sua America circondata dalla muraglia contro il sud del mondo che preme per condividere le delizie del nuovo eden e tutt’intorno dagli oceani che impediscono l’arrivo dei nemici.
Trump ha spesso utilizzato retoriche che mirano a rievocare un’idea di grandezza perduta (come il famoso slogan “Make America Great Again”) e potrebbe riferirsi a una presunta “età dell’oro” americana per ispirare nostalgia e sostegno.
Seguendo il discorso di Donald appare evidente che la sua età dell’oro è tutta centrata sul benessere economico, sull’abbondanza dei prodotti da consumare, su monete d’oro da possedere nei propri forzieri. Non è l’età felice della giustizia, della concordia, della pace, della benevolenza, della compassione, della coesione. Non è l’età della austerità per non ferire la natura e conservarla integra per i nostri figli e nipoti, è piuttosto la rincorsa dell’oro nero, del petrolio, degli scisti bituminosi alla ricerca del business che riaccenda lo sviluppo economico degli USA a spese dell’inquinamento globale. Età dell’oro nero perché ripartono le trivellazioni ma è anche l’età del nero come il buio che non consente di vedere la luce alla fine del tunnel nonostante le favolistiche promesse.
Le bugie
Fare promesse irrealizzabili a un popolo frustrato significa infarcire il discorso di bugie tanto più credibili quanto più sono iperboliche e paradossali. Ne analizzo solo una, quella che più di altre mi ha colpito.
Trump ha affermato che i dazi che lui imporrà a tutti i paesi che hanno un credito commerciale nei confronti degli USA non serviranno solo a difendere i lavoratori americani perché quei prodotti che ora sono importati saranno realizzati in patria ma anche perché quegli introiti dei dazi saranno come fossero tasse imposte ai paese stranieri, Europa e Cina soprattutto, che finanzieranno le entrate del tesoro americano e consentiranno di ridurre le tasse pagate dagli americani. L’ha detto come una ovvietà che ha entusiasmato la platea alzatasi in piedi per plaudire: che bello! altri pagheranno le spese del nostro Stato e noi saremo sempre più ricchi e gaudenti.
Ovviamente questa è una banale falsità a cui l’ignorante crede senza avere dubbi, il ragionamento è molto semplice e comprensibile. Il piccolo particolare è che i dazi applicati sulle merci importate sono pagati dagli americani che comprano, sono loro che, semmai accadrà, finanziano il tesoro non gli europei o i cinesi. Gli americani dovranno pagare di più non solo le merci importate ma anche le merci prodotte in patria dalle aziende americane che, senza il pungolo della concorrenza straniera, adegueranno i propri prezzi alzandoli avviando un processo di tipo inflattivo. I paesi sanzionati dai dazi saranno danneggiati perché esporteranno meno e non venderanno i loro prodotti, saranno impoveriti e compreranno meno merci americane. Un vero circolo vizioso. Il sistema economico globale subirà un arresto dello sviluppo in contemporanea ad un aumento dei prezzi: stagflazione.
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