Generazioni a confronto

Riporto qui in primo piano la conversazione nata nei commenti al precedente post

Generazioni, tecnologia, scuola

Franco scrive:

la cosa più preoccupante, in tutto ciò che hai scritto, è che alla presentazione del libro non hai notato nessun rappresentante delle nuove leve, i trentenni per intenderci. Mi domando come sarà questa società quando a rappresentarla dovranno essere loro, gli attuali trentenni. Avverto che il gap che separa persone come te da loro è incolmabile e non riesco a pensare come questa differenza potrà essere colmata. Il risultato è una profonda tristezza. Buona giornata Prof e grazie per avermi accompagnato, attraverso la lettura di questo tuo scritto, nell’inizio di questa giornata.

Io rispondo

Caro Franco, dopo la presentazione del libro volevo venire alla tua gelateria ma le cose sono andate per le lunghe. Mi piace che tu abbia colto il senso profondo del post, la questione generazionale che ho ripresentato rispetto alle fisime tecnologiche della mia, al malessere della scuola, all’emarginazione dei giovani dai luoghi delle decisioni e del lavoro. Per non essere sempre cupi e pessimisti possiamo pensare che i ritardi dell’inserimento nella maturità siano anche dovuti all’allungamento della vita, come se tutto fosse stato allungato dal tempo del pensionamento in giù. Vedremo, vedrete. Certo, avevo trent’anni quando ho fatto il membro interno alla vostra maturità …

Franco:

Buongiorno caro Prof, vorrei partire proprio dalla tua ultima considerazione e ricordare quel periodo, parliamo della fine degli anni ’70… tu avevi 30 anni e noi avevamo da poco raggiunto la maggiore età… beh in quel periodo non ricordo esistesse uno scollamento così evidente fra le “nuove leve” e “la vecchia guardia”.
I giovani studiavano, si sacrificavano, cercavano di “darsi da fare” anche per restituire le giuste soddisfazioni ai genitori che si sacrificano per loro, si davano da fare per accreditarsi, per seguire un “sogno” o semplicemente per crearsi una propria identità e guadagnarsi una propria indipendenza economica e un riconoscimento sociale.
Il linguaggio utilizzato allora era sicuramente molto più “nazionale”, termini come welfare, spread, new economy, e-business, e-commerce, e tanti altri nessuno di noi ne conosceva l’esistenza ne addirittura erano stati ancora coniati.
Quello che potremmo chiamare “ciclo sociale” ruotava su principi e valori ben definiti, ognuno sapeva a cosa poteva aspirare e quali sarebbero potute essere le “strade” da percorrere a secondo di quanto si era disposti a mettere in campo, in termini di risorse, impegno, sacrificio. C’era spazio per tutti, per i più ambizioso, e per coloro che pur meno ambiziosi desideravano comunque “arrivare”.
Temo che negli ultimi 20 anni tutto questo si sia progressivamente e inesorabilmente infranto. Penso che il “cambiamento” sia iniziato con “mani pulite”. Era il 1992/1993, periodo che ricordo ancora molto bene, da allora le cose hanno cominciato a cambiare, siamo tutti entrati in un vortice repentino che ha modificato tutto! Regole, obiettivi, percorsi, e di conseguenza queste modificazioni si sono trascinate dietro ambizioni, aspettative, progetti di vita.
Nel 1992 lo stipendio di un lavoratore di concetto medio era intorno il milione e mezzo e un appartamento di piccole dimensioni(45/50 mq), in un quartiere medio popolare costava 90/100 milioni, che corrispondevano a circa 60/70 mensilità. Oggi se consideriamo gli stessi parametri, con 60/70 mensilità di uno stipendio medio forse riesci a comprarci un piccolo garage in un quaritere ultra popolare!
Forse è banale fare un esempio come questo, ma credo sia sintomatico e rappresenti l’intero scenario.
Il trentenne di oggi è quasi sicuramente un precario o un disoccupato, di fronte allo stato, e che lavora in nero in chissà quale realtà. Non ha più alcun progetto di vita, che è la linfa per muovere tutto il resto, ovvero sacrifici, impegni, motivazioni, e quindi il famoso, ma ormai smarrito, “progetto di vita”.
Per cui queste “giovani leve” le vediamo nelle discoteche, girare con la macchina di tendenza, l’Ipad, le cuffiette alle orecchie, vestiti e pettinati con lo “stampino”, nei ristoranti, nei cinema, e i tutti quei luoghi “raggiungibili” con poca spesa.
Noi cosa faremmo? Probabilmente le stesse cose, perchè in mancanza di un progetto di vita tutto viene meno e si tende, credo, a soddisfare quelle che potremmo definire esigenze ludiche, evanescenti, futili, perchè solo a quello oggi si può aspirare.
Personalmente posso dire che fino al 1992 sono riuscito, a costo di enormi sacrifici, ad edificare e realizzare un progetto di vita, da allora anche nel mio caso lentamente e inesorabilmente gli obiettivi sono andati via via diradando, diventanto irrealizzabili.
Se solo penso che in quel periodo potevo permettermi di tenere una roulotte fissa in un campeggio a Sperlonga, e poter mantenere la famiglia per tutto il periodo estivo in vacanza, senza rinunciare a tutto quello che potremmo definire “quotidiano”, e si riusciva anche a “mettere qualcosa da parte”.
oggi avrei difficoltà anche solo ad acquistare una roulotte, figuriamoci il resto!
Ho usato solo alcuni esempio, per cercare di esprimere la mia visione e le mie preoccupazioni.
I giovani oggi stanno vivendo grandissime difficoltà, sono disorientati, smarriti, non conoscono nulla del mondo del lavoro, non conoscono nulla riguardo le conquiste sindacali e i diritti guadagnati, non hanno progettualità, non hanno alcuna visione del loro futuro e per “sopravvivere” si tuffano con tutte le loro forze nel presente perché solo quello riesco a vedere e nel quale possono tentare di misurarsi.
Vedremo come evolverà il tutto restando sempre e comunque fiduciosi e ottimisti, fosse non altro per loro.

Grazie Franco per questo tuo prezioso commento che mi ha commosso. Il bello per un insegnante è vedere i propri studenti adulti e maturi, scoprire che sono migliori di quando, con una certa severità, li aveva visti  ragazzini o giovani scalmanati. E’ questa esperienza che mi fa essere ottimista e pieno di speranza, l’essere umano ha sempre la capacità di reagire alle avversità della natura e della società e anche questa volta dopo questa crisi spaventosa ce la faremo.



Categorie:Riflessioni personali

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