Nel racconto di ieri, ripartire dalle scelte economiche di mio padre aveva non solo un significato intimamente personale ma anche un valore didascalico.
Il riferimento alle obbligazioni ENEL mi serviva per ricordare ai giovanotti attuali che sono al potere senza un titolo di studio universitario e con pochissima cultura storica che la più grande nazionalizzazione realizzata in Italia fu quella dell’energia elettrica e fu promossa e realizzata dai socialisti entrati nei governi di centro sinistra. Ebbene allora le aziende che erano proprietarie delle dighe, degli elettrodotti, delle centrali dovevano essere indennizzate. Con quali soldi? Anche in quel caso furono i risparmiatori piccoli e grandi che intervennero comprando obbligazioni che riconoscevano delle cedole. Noi vecchi ricordiamo ancora che quelle obbligazioni erano di carta filigranata con una pagina di cedoline da staccare recanti la data di esigibilità che con pazienza erano ritagliate e portate come fossero figurine Panini in banca per riscuoterle. I vecchi proprietari privati del sistema elettrico non furono espropriati ma indennizzati con denaro suonante che investirono in altri settori o nello stesso ENEL comprandone le obbligazioni.
Il duo Luigi&Matteo pensa di espropriare la società autostrade o di confiscarne i beni come si fa con la Mafia? Ah! Ho capito, affideremo il tutto a Libera di don Ciotti! No! Anche di quelli è meglio non fidarsi, vedremo, sul nostro carro sono saliti tanti economisti fantasiosi, una soluzione si trova. E se si torna alla lira basterà stamparne di più e i Benetton saranno indennizzati.
Bolletta c’è poco da scherzare qui stanno ammazzando il cammello prima di cominciare la traversata del deserto.
I rischi che stiamo correndo sono evidenti. La soluzione più semplice del problema è quella di avviare le procedure giudiziarie per l’accertamento delle responsabilità e la quantificazione degli indennizzi contemporaneamente alla accettazione dell’offerta della società autostrade di costruire in tempi rapidi un nuovo ponte in sostituzione di quello crollato. In assenza di proposte alternative avanzate da altre aziende affidabili italiane o straniere la scelta è obbligata. Ciò non accadrà e per almeno 10 anni Genova declinerà celermente diventando un porto secondario e potrebbe non riprendersi più come potrebbe accadere all’intero paese.
Come dicevo a caldo nel primo intervento sull’argomento la sciagura di Genova arriva come il cacio sui maccheroni per questa inedita maggioranza.
Il paese da anni è bloccato, non cresce né migliora per tanti motivi che ben conosciamo, è una questione molto complessa in cui nessun fattore è determinante ma ciascuno contribuisce e può diventare scatenante: burocrazia, corruzione, incultura, assenza di infrastrutture, capitalismo cialtrone, speculazione finanziaria, mafia, delinquenza, evasione fiscale …
Ma se guardiamo più da vicino la storia della realizzazione delle opere pubbliche, non solo alla vicenda del ponte di Genova e della bretella sostitutiva di cui si parla da anni, vediamo che ci sono stati, e ci sono, due ostacoli principali: il localismo di chi vuole tutto purché non passi sul proprio giardino da un lato e dall’altro la diffidenza dei moralisti che vedono nel capitalismo e nella tecnologia solo lo sfruttamento dell’uomo e della natura. I movimenti NO qualsiasi cosa hanno assorbito tanta parte della sinistra e sono alla fine confluiti del movimento di Grillo mentre il localismo di chi non vuol essere disturbato dall’autostrada o dal gasdotto trova spazio e rappresentanza nella Lega da sempre. Ebbene in questa vicenda del ponte di Genova questi due pregiudizi così radicati e diffusi si sono saldati intimamente e saranno il cemento per un governo che ci porterà nel baratro della politica economica dei governi populisti sudamericani.
Categorie:Riflessioni personali
Proprio oggi che la Grecia è (quasi) libera dal controllo della Troika…
E che il Portogallo ha da tempo è al di sopra dell’Italia.
Ormai, in Europa, il fanalino di coda è l’Italia.
Sì, finché resterà in Europa: E DOPO?
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