Bilanci in attesa del giuramento

Continuo ad appuntare forse in disordine alcune riflessioni di questi giorni sulla elezione del Capo dello Stato.

Campagne di stampa

Riprendo la riflessione sul ruolo dei media che ho giudicato molto negativamente. Aggiungo alcune considerazioni su ciò che non hanno fatto o che hanno fatto subdolamente. Qualche mese fa un amico riferendomi una chiacchiera tra amici suoi ben informati sosteneva che la Casellati sarebbe stata una possibile candidata al Quirinale e che si stava preparando con l’aiuto della Rai attraverso una visibilità mediatica inconsueta. Dopo questa chiacchiera ho osservato con maggiore attenzione i telegiornali e, forse influenzato da un pregiudizio ho verificato che la Casellati godeva di un trattamento speciale con spezzoni di discorsetti di circostanza o clip rapidi in eventi di rappresentanza. Normale amministrazione per la seconda carica dello Stato ma un po’ sospetta dato il periodo che preludeva alle elezioni. La Gruber nella sua rubrica quotidiana ossessivamente cercava di pungolare i suoi ospiti per poter predire chi sarebbe stato l’eletto. Ovviamente tutti si schernivano ma come una filigrana la questione del successore di Mattarella occupava molte analisi politiche. Non serve però un pettegolezzo da salotto tipo ‘signora mia sapesse …’ che scredita chi cade nella trappola del toto candidato. Sarebbe servito un servizio informazione coerente e sistematico che presentasse preventivamente le figure che probabilmente sarebbero state candidate alla presidenza. Pensate che bel ciclo di trasmissioni televisive avrebbero potuto costruire chiedendo a tutti i gruppi parlamentari o ai partiti di indicare 5 nomi di papabili e giornalisti seri avessero approfondito la conoscenza di questi personaggi, senza scopiazzare su Wikipedia, costruendo dei medaglioni su ciascuno. I cittadini più curiosi avrebbero riflettuto anche sulla storia recente della nazione poiché i candidati mediamente anziani avrebbero riproposto momenti del passato che i giovani attuali nemmeno conoscono. La scelta del nuovo presidente avrebbe avuto tutt’altra tonalità meno fondata su generici pregiudizi ma più rispettosa di un rito solenne per incoronare per sette anni che ci avrebbe rappresentato. Se si è arrivati a proporre una candidata, la dott. Belloni, sconosciuta ai cittadini e ai parlamentari della quale non avevamo foto o video recenti significa che la stampa non assolve alla funzione fondamentale che è quella di veicolare idee, immagini e notizie in modo che i cittadini siano informati e consapevoli delle scelte fondamentali, vuol dire che il chiacchiericcio dei media e dei giornali è irrilevante e che le cose vanno come devono andare. Se il 50% non vota non è solo colpa della qualità dell’offerta dei partiti ma soprattutto del potere mediatico che non favorisce lo sviluppo di una democrazia consapevole.

Politico partitico

Il caso Belloni solleva un’altra questione fondamentale per capire le distorsioni provocate da un uso disinvolto del linguaggio. La destra ha impostato la sua iniziativa su un assunto fondamentale: questa volta tocca a noi perché siamo quasi maggioranza e per pochi voti, che potremmo racimolare con l’operazione scoiattolo, potremo scegliere un presidente non comunista. Il fallimento del tentativo di Berlusconi e successivamente di quello della Casellati ha dimostrato però che una singola parte non poteva prevalere e che quindi bisognava trovare un accordo bipartisan. Corollario di questo assunto: nessun politico poteva essere eletto, occorreva un rappresentante della cosiddetta società civile, un quasi tecnico. Io stesso, seguendo questa linea di pensiero, avevo proposto Renzo Piano, candidatura che ovviamente nessuno ha considerato. Eliminando tutti coloro che potevano essere imputati di aver fatto politica, si è arrivati a convergere sulla dott. Belloni perché donna e perché nel tempo non si era mai capito come la pensasse dal punto di vista politico. Se nel dibattito di questa settimana si fosse distinta la parola politico e partitico forse le cose sarebbero andate diversamente: eliminati i personaggi partitici, cioè quelli che avevano operato dentro i partiti evidenziando le divisioni, rimanevano coloro che, ricoprendo un qualsiasi ruolo pubblico, hanno operato per la concordia nazionale, per la convergenza su comuni obiettivi e hanno una immagine pubblica largamente conosciuta ed apprezzata. La Belloni, che nessuno conosceva, come qualsiasi alto funzionario dello Stato non poteva assurgere a vessillo sul colle perché i cittadini e gran parte del parlamento non la conoscevano. Draghi è un politico ma non un personaggio di partito perché assolve ad un compito pubblico largamente riconosciuto e formalmente accettato ma nessuno l’ha eletto dentro un partito, così Renzo Piano è un personaggio politico perché ha assolto ed assolve ad una funzione pubblica a cui le istituzioni, l’economia, le circostanza l’hanno chiamato, non per niente è senatore a vita. L’elenco dei politici non partitici di rango sarebbe stato lungo e sarebbe popolato da molti personaggi di grande valore, ma assimilare i due concetti in una generale condanna ha fatto sì che l’unica scelta possibile sia stata quella di Mattarella.

Monti versus Draghi

Proseguendo su questa riflessione si trova forse una spiegazione della posizione di Monti che, nel suo intervento dalla Gruber, a commento delle elezioni è stato forse il più duro nei confronti di Draghi. In sostanza mi è sembrato che rimproverasse a Draghi un eccesso di protagonismo sia nel pretendere di andare al colle sia nell’operare per dare continuità al governo premendo anche lui su Mattarella perché accettasse la seconda elezione. Ha detto ciò con una tonalità dura, per me sorprendente. Intanto è da dimostrare che Draghi volesse andare al Quirinale a tutti i costi. Dopo settimane di pressioni da parte della stampa perché dichiarasse la sua posizione esplicitando la sua candidatura, dovette dire due parole sulla questione sottolineando che si comportava come un nonno disponibile ad ogni soluzione ma senza troppe mire data l’età. Io sono coetaneo di Draghi e le sue affermazioni le ho capite così: un nonno non si ritiene più indispensabile, ha una discendenza, pensa spesso alla sua salute, si affatica facilmente ma ha molto piacere se qualcuno, in particolare i figli e i nipoti, chiedono un aiuto anche piccolo. Nonno super Mario ha a volte il passo stanco e forse nel chiuso dell’ufficio sbotta ma è disponibile a servire lo Stato come fa e farà nonno Sergio. Nonno Mario Monti, anche lui poco disposto a mollare, è stato troppo severo con nonno super Mario rappresentandolo come un ostinato arrivista che pretendeva di andare la Quirinale. Ho percepito un po’ di risentimento e mi sono dato questa spiegazione.

Nonno Mario Monti era amareggiato per non essere stato evocato come possibile candidato, l’avevo fatto solo io nel mio blog. Ma perché prendersela con nonno super Mario? perché Mario Monti dopo il governo tecnico, che dovremmo continuare a ringraziare, cadde nella trappola del potere e decise di fondare un suo partito presentandosi alle elezioni. Esperienza fallimentare che però ora lo fa ascrivere all’elenco dei personaggi partitici che non sono papabili. Per ora Draghi non sembra essere caduto nella trappola mediatica del successo elettorale e forse, grazie anche allo sfortunato tentativo di Monti, non ci cadrà per cui lui rimane un politico non partitico. Questa la ragione del dente avvelenato di Monti? Forse.

Prima parte



Categorie:Politica

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