In questi giorni ho finito di leggere il nuovo libro di Paolo Mieli sul secolo degli autoritarismi ricevuto in dono per il mio 75simo compleanno.

Superata una iniziale diffidenza dovuta ai suoi interventi da opinionista nei dibattiti televisivi, ho letto il volume con grande interesse rendendomi conto che la mia ignoranza dei fatti della storia è molto vasta. Pur essendo stato stampato prima dello scoppio dell’attuale Guerra tra Hamas e Israele, mi è sembrato che il libro fosse decisamente illuminante per capire i gravi fatti di questi giorni.
In particolare questa lettura ha cambiato radicalmente la percezione del problema della nascita di Israele che pur avendo radici molto antiche, e questo lo sappiamo tutti, non origina direttamente dalla seconda guerra mondiale come risarcimento delle colpe europee del nazifascismo che cercò di cancellare dalla faccia della terra quel popolo, ma, forse più direttamente, come un effetto della chiusura della prima guerra mondiale, guerra che non finì nel ’18 come a scuola abbiamo appreso ma solo nel ’23 (100 anni fa) dopo guerre e guerricciole locali in cui accadde di tutto con un numero di morti e di danni comparabili con la fase anteriore al ‘18.
Il trattato di Losanna del ’23 formalizzò la ristrutturazione della carta geografica del mondo a spese di grandi imperi e a favore di nascenti nazionalismi centrati su nuovi confini e su marcate identità etniche e religiose; etnie e religioni che precedentemente avevano convissuto nei grandi imperi in cui le diversità erano tollerate e spesso ben gestite. Mieli sottolinea nel libro che per la prima volta un trattato di pace statuiva che l’esito di una guerra comportava anche la deportazione di intere popolazioni dalle loro case in nuovi territori in base alla propria appartenenza religiosa. Così fu risolto il conflitto tra Turchia e Grecia con la decisione che gli islamici dovevano lasciare la Grecia e gli ortodossi dovevano lasciare la Turchia. Durante la prima guerra mondiale la Turchia aveva sterminato la popolazione Armena, l’aveva dispersa o deportata in altri territori. Insomma quella pace introdusse la variabile religione come elemento per separare popolazioni che non volevano convivere in pace. Leggendo questo capitolo mi è tornata alla mente la crisi di Cipro in cui ortodossi e islamici si spartivano l’isola in due zone separate e segregate, protette e vigilate rispettivamente da Grecia e Turchia. All’epoca di quella crisi negli anni ’60 mi sembrava esagerata l’attenzione che la politica internazionale di allora aveva riservato alla vicenda. (Un amico lettore mi segnala che anche la guerra tra India e Pakistan fu risolta nel 1948 con la deportazione degli Indu e degli Islamici per separare i gruppi etnici e religiosi rivali)
Ora tanti discorsi sulla vicenda della Palestina, alla luce del trattato di Losanna, assumono una complessità ulteriore poiché molte possibili soluzioni del conflitto sono già state sperimentate, non sempre con successo, in altre parti del mondo.
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così mi scrive l’amico Maurizio Cardinetti: io sto leggendo Cardini La deriva dell’Occidente.
La questione degli spostamenti di popoli sulla base del trattato di Losanna è culminata negli spostamenti di milioni di persone nel ’48 tra Pakistan e India con musulmani, shik e indu.
Mi ricordo la risposta inorridita di due ospiti indiani cui avevo chiesto se erano musulmani o induisti.
Ciao
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