Il gioco dei numeri

L’accordo di ieri tra Letta e Calenda non poteva essere più avvilente. In questi giorni nessuno poteva infliggere danni maggiori ad una ipotetica coalizione che facesse fronte alla vittoria delle destra. L’atteggiamento ricattatorio e bullesco di Calenda che detta le regole della coalizione dall’alto del suo 7% e la remissività di un Letta senza lo sguardo della tigre sono disperanti.

Hanno riprodotto la strategia della destra che ha anteposto la spartizione dei seggi uninominali alla definizione di un programma di governo comune, sì perché le coalizioni devono prefigurare un accordo di governo e quindi un programma hic et nunc di cose da fare nella prossima legislatura. Non basta citare genericamente l’agenda Draghi o il metodo Draghi, si vota per avere un governo politico con a capo un politico e non un tecnico. A Draghi dovremo erigere un monumento ma dovremmo operare perché non ci sia più bisogno di lui o di un demiurgo che supplisca alla incapacità di un parlamento di adolescenti e di vecchi rancorosi ad esprimere un governo.

Così l’accordo di ieri si può ridurre alle due cifre 30 e 70, alla spartizione dei seggi uninominali tra Calenda e Letta senza considerare che altre forze politiche sono chiamate o interessate alla costruzione di una alleanza di centro sinistra. Come accade nel mercanteggiamento grossolano il ragionamento è stato quantitativo: io valgo circa il 7% tu vali il 23%, il rapporto tra noi è circa 1/3 quindi su 100 seggi io mi prendo un terzo del totale cioè 30 e tu 70. Se fossi stato nei piedi di Letta avrei fatto notare che con il 7% Calenda non avrebbe vinto in nessun seggio uninominale nemmeno a Roma dove lui è più conosciuto e quindi doveva far cadere la pregiudiziale nei confronti degli altri alleati e avrebbe dovuto accettare un numero di seggi intermedio tra 0 e 30 lasciando la differenza agli altri.

Ovviamente questo approccio quantitativo e ragionieristico non sta in piedi perché i seggi non sono tra loro equivalenti la distribuzione dei voti può variare di molto: nel nord è la lega che la fa da padrone nel sud potrebbe essere la Meloni, in Toscana è il PD. Come saranno assegnati i seggi dopo che Calenda ha dichiarato coram populo che i suoi non avrebbero votato candidati della sinistrasinistra? Perché la sinistrasinistra dovrebbe accettare di portare voti alla coalizione in cambio di qualche posto nelle liste del PD, quanti, volendo votare sinistrasinistra, rinunciano perché il candidato in quel collegio è un calendiano? Insomma le dichiarazioni a margine dell’accordo ragioneristico da parte di Calenda giustificano una posizione rassegnata e scarsamente impegnata di altre forze minori che sono dentro solo perché l’alternativa per loro è l’estinzione? Il tarlo in questa costruzione faticosa è già all’opera e la chiamata alle armi è per votare contro la Meloni e non per qualcosa di difendibile di cui andare fieri … come tigri.

E allora cosa avresti fatto tu al posto di Letta? Intanto avrei fatto molto di più per modificare questa legge ormai inadatta alla nostra situazione, l’avrei posta come condizione per fare il Conte2 come i grillini hanno preteso nel tagliare il numero dei parlamentari. Avrei tenuto sempre aggiornato un programma di governo di centrosinistra da tirar fuori subito in qualsiasi momento fosse stato deciso di anticipare le elezioni. Ma arrivati qui, con questo problema sollevato in modo così brusco da Calenda, avrei proposto un diverso modo di scegliere i candidati nell’uninominale. Ogni partito che participa alla coalizione propone al massimo tre nomi di candidati per ogni collegio. La coalizione nomina tante commissioni locali miste e paritetiche quanti sono i collegi elettorali e demanda loro la scelta del candidato più adatto a rappresentare la coalizione. Nelle commissioni periferiche che non raggiungono un accordo il candidato è estratto a sorte.



Categorie:Elezioni politiche 2022, Politica, Rosatellum

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