Di questi giorni l’uscita in formato digitale degli atti del convegno tenutasi all’Università di Roma La sapienza in occasione del centenario della nascita di Aldo Visalberghi (20 dicembre 2021) che ha raccolto gran parte degli allora studenti del corso di dottorato consortile da lui coordinato.

Si tratta di un volume ponderoso (più di 300 pagine di testo) che si può gratuitamente scaricare a questo indirizzo https://www.editricesapienza.it/book/8187.
Credo sia una fonte ricchissima per riflettere sullo stato della ricerca sull’educazione.
Come ex studente del corso ho partecipato e coordinato un gruppo tematico e ho redatto una breve sintesi presente negli atti che mi piace condividere anche sul mio blog.
A chiusura della tavola rotonda su grandi campioni e tecnologie,
Raimondo Bolletta (Ricercatore CEDE, Dirigente scolastico)
Per chiudere questa interessante panel vorrei sviluppare brevemente due considerazioni aggiuntive che non sono però la sintesi di quanto detto negli interventi dei colleghi. Mi riallaccio piuttosto a quanto aveva detto nel suo intervento Benedetto Vertecchi sull’epilogo dell’esperienza di Visalberghi che non ha visto la realizzazione completa del suo progetto sulla scuola Media. Anche Mosè non ha potuto mettere piede nella terra promessa dopo la traversata del deserto, l’ha potuta vedere solo da lontano da un’altura. È il destino dei profeti che sono condannati a non poter vedere compiutamente realizzato quanto hanno previsto, sognato, proposto e cercato di realizzare.
Sul programma del convegno avevo pensato che vi fosse un numero eccessivo di interventi e che i tempi assegnati sarebbero stati troppo limitati. In realtà ora, alla fine di questa giornata, sono molto contento anche del nostro panel realizzato rispettando tempi molto stretti; ma non oso fare una sintesi poiché tradirei il valore di un ricco mosaico che va visto nel suo insieme e analizzato nei particolari. Dal mosaico generale, rappresentato in tutta questa giornata, si capisce molto bene il segno lasciato da Visalberghi e dalla scuola di dottorato che ha per lungo tempo coordinato, un segno molto potente nelle persone che sono state formate e che hanno condotto in questi anni tante ricerche e tante azioni che variamente si collegano ad una personalità che è stata per molti di noi un maestro, quasi un padre.
Vorrei aggiungere qualche ulteriore considerazione personale sul tema del panel (ricerche su grandi campioni a tecnologie) in quanto allievo del corso di dottorato del primo ciclo. Innanzitutto, va ricordato che già nel primo ciclo a metà degli anni ’80, il corso di pedagogia fu aperto anche a laureati in discipline scientifiche, a me per la matematica e a Michela Mayer per la fisica. Eravamo già docenti di ruolo nella secondaria distaccati presso il Centro Europea Dell’Educazione (CEDE) e ciò consentiva di ottimizzare i costi non dovendo chiedere la borsa ministeriale e garantendo con il finanziamento interno del CEDE la possibilità di realizzare effettivamente le nostre ricerche empiriche che avevano una certa consistenza.
Sì, perché le ricerche empiriche su grandi campioni costano e costano molto rispetto a ricerche ed esperimenti su ambiti numericamente limitati. Le risorse disponibili erano e sono un problema rilevante per studiare in modo appropriato grandi sistemi ad alta complessità e di ciò Visalberghi era assolutamente consapevole. Ho avuto il privilegio di lavorare con continuità per più di vent’anni nel contesto organizzato del CEDE in cui la ricerca sulla scuola e sull’educazione ha ricevuto finanziamenti e supporto connessi anche con le scelte politiche riformiste che in questi anni sono state fatte. Sono stato testimone in questi ultimi quarant’anni dell’evoluzione del rapporto tra le ricerche valutative su grandi campioni e le tecnologie. Da una fase in cui lo spoglio di risposte ai test avveniva manualmente e in cui molti calcoli si basavano sulle semplici elaborazioni di pochi indici statistici siamo passati a modalità rapide ed economiche di acquisizione dati che hanno dato l’illusione di poter conoscere tutto di tutti e di poter elaborare i dati con tecniche così sofisticate da poter scoprire realtà sottostanti impreviste o imprevedibili. Il CEDE è evoluto gradualmente diventando l’attuale Invalsi e non è privo di significato che nel tempo la presidenza del CEDE sia passata di mano dal pedagogista Visalberghi, ad altri pedagogisti, ad un ingegnere, ad un giovane economista della Banca d’Italia fino all’attuale presidente Roberto Ricci che è uno statistico.
Nel tempo le procedure di gestione e di analisi dei dati hanno preso il sopravvento proprio per il peso e la forza delle tecnologie del calcolo e della rete che governano le ricerche su grandi sistemi complessi. La complessità di cui parlava Visalberghi nell’87 che prefigurava forse l’emersione di un razionalismo fideistico è probabilmente il contesto in cui si trova immersa ogni riflessione sul presente della società e della scuola.
Lo sperimentalismo in educazione, l’impostazione scientifica della ricerca sull’educazione che hanno ispirato la scuola di dottorato, di cui noi siamo qui un prodotto distillato dal tempo, sembrano disperdersi nella complessità delle questioni e delle scelte che le nostre società stanno operando.
Per una persona come me che da dieci anni è in quiescenza fuori dall’agone, la percezione è che ora ci sia una incertezza diffusa, quasi un aumento dell’ignoranza collettiva di chi parla di scuola, un affievolirsi della consapevolezza dei valori fondanti di qualsiasi azione che voglia migliorare la qualità della educazione dei giovani e degli umani in generale. Quest’annebbiamento è lo stesso che in questi anni di pandemia stiamo collettivamente vivendo. Ciò che vale per il servizio scolastico vale analogamente per il servizio sanitario.
Le tecnologie dell’Informazione consentono di contare tutto, di avere istantaneamente gli andamenti di un’intera popolazione, regionale, nazionale, europea, internazionale, globale. In questo quadro apparentemente chiaro e distinto proprio la complessità dei sistemi coinvolti, sistemi sanitari, strutture di ricerca, strutture economiche, reazioni emotive delle masse, interessi politici, reti dei media, consentono di sostenere validamente una tesi e il suo contrario, forniscono conoscenze incerte che sono percepite come sicure, smentiscono ciò che il giorno prima era dato per previsione certa. Siamo in un marasma cognitivo in cui razionalità, conoscenza, pregiudizio, superstizione spesso si sovrappongono.
Questa riflessione ci riporta alla considerazione iniziale circa l’apparente sconfitta di chi opera per il miglioramento e il progresso. Forse noi progressisti ci siamo illusi che il miglioramento potesse essere lineare e che le acquisizioni della ricerca possano considerarsi stabili e accumularsi nel tempo. In realtà dovremo abituarci a pensare il tempo come una dimensione ciclica, forse una spirale o una serie di ondate, di alti e bassi in cui la ricerca e la conoscenza combattono contro una selezione evolutiva spesso impietosa. Visalberghi aveva ben chiaro che la specie umana evolve con processi non lineari ma era anche convinto che la cultura fosse ormai la protagonista di una evoluzione che non era più soltanto biologica.
Questo scrivevo un anno fa ed ora ci troviamo con una guerra crudele in europa e con il ministero del Merito, altro che ciclicità .. ci sono ondate impetuose e si rischia di naufragare.
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