Spendere troppe parole per spiegare i risultati delle elezioni regionali è un esercizio forse inutile ma come al solito questo esercizio mi aiuta a capire meglio e a ricordare in futuro.

Primo dato allarmante è l’assenteismo degli elettori in particolare quello della #nondestra. Un segnale grave se riflettiamo sui rischi per la democrazia derivanti dal menefreghismo dei più rispetto alla gravità dei problemi che dovremo affrontare nel prossimo futuro. E dovremmo aver sperimentato che la gestione della nostra sanità è quasi per intero gestita dalle regioni; Fontana è rieletto e D’amato no. Sono arrabbiato con chi non ha votato.
Sono arrabbiato con la mia parte politica. Come si fa a pianificare un congresso che si conclude dopo elezioni regionali così importanti? Non sanno nemmeno gestire una agenda .. tanto vale che stiano fuori dalle stanze dei bottoni. Nessuna campagna elettorale qui a Roma, è vero, io sono come un hobbit rintanato in casa ma la mia mail l’ho nel tempo condivisa con tanti militanti e funzionari PD oltre che con esponenti della destra. Ho ricevuto numerosi messaggi con inviti ad eventi, con presentazioni di candidati dalla destra ma nessuno, proprio nessuno dalla sinistra a parte la pubblicità generica con i faccioni su FB o Istagram. In queste condizioni il 20% ottenuto dal PD è un risultato eccezionale.
A tutta la #nondestra non perdòno l’ignoranza delle regole elettorali. Era ovvio che vincesse Rocca che si batteva contro almeno due avversari dello schieramento avversario, bastava un voto in più per vincere il posto d presidente. Rocca si presentava bene visto che era stato presidente della croce rossa e sulla croce rossa non si spara. Ma bisognava capire, e far capire agli elettori, che se il presidente era certo la maggioranza che l’avrebbe sostenuto nell’assemblea non lo era affatto, occorreva portare al voto il maggior numero di elettori per tutte le liste che si presentavano. Quanti avevano capito che si poteva tentare di limitare il danno costringendo il nuovo presidente ad ascoltare le minoranze come aveva dovuto fare Zingaretti dando spazio ai cinque stelle?
Ce l’ho con i giornalisti della stampa e dei media. Ora nei commenti si mostrano stupiti di processi che loro stessi hanno governato e provocato. L’assenteismo è fondato sulla convinzione che votare era inutile perché l’esito era scontato, era inutile perché la politica non lo merita, era inutile perché non si ha nulla indietro e votare non serve per migliorare le cose. Il qualunquismo dei commenti politici prima del voto centrato sui guai delle impossibili alleanze nel campo della #nondestra, sugli errori e sulle ingenuità di Letta, sulla supponenza di Calenda, sull’antipatia di Renzi, sull’ambiguità di Conte ha dato ovvi risultati, i cittadini si sono vergognati di andar dietro a quella banda di imbecilli. Ho seguito con attenzione i TGR del Lazio in particolare il notiziario delle 14. Le notizie sulla campagna elettorale erano presentate come rapidi spot accostati ad analoghi spot sull’imminente festival di Sanremo o sulle notizie di cronaca nera. La scelta di poche frasi e sequenze dei candidati era chiaramente indirizzata all’esito desiderato dalla redazione. La Bianchi primeggiava in qualità delle immagini e per compiutezza dei testi, era il suo mestiere, Rocca poco si vedeva era spesso rappresentato da altri esponenti del partito mentre D’amato sembrava isolato, sempre lui con spezzoni di frasi monche e poco incisive e a volte ripreso accasciato sulla sedia con la panza di fuori e sudato. Anche queste cose contano nelle scelte degli elettori. Famolo riposà, avranno pensato. Oggi nelle stesso TG un incredibile servizio sul nuovo governatore del Lazio: il condominio in cui abita, la parrocchia in cui va a messa la domenica, il palazzo della croce rossa dove fino a ieri lavorava (e in cui prendeva un lauto stipendio). Questo non lo hanno detto ma state pur certi prima o poi diranno che si è sacrificato a guadagnare di meno facendo il presidente della regione Lazio.
Sarei del tutto sciocco se non mi rendessi conto che ciò che è emerso domenica scorsa nelle elezioni regionali è un trend non solo nazionale ma globale, riguarda tutte le democrazie dell’occidente e dei paesi del terzo mondo. In un libro di cui racconterò nei prossimi giorni un lungo capitolo è dedicato ai gravi problemi della democrazia americana in particolare al processo di polarizzazione delle scelte politiche che porta alla sparizione di un’area di mediazione propria delle democrazie mature. Sostanzialmente è sparito il centro moderato e in tutti i contesti e a tutti i livelli la polarizzazione porta alla scelta di posizioni estreme tra loro non conciliabili. Questo porta, secondo l’autore, alla perdita di uno dei vantaggi di un sistema democratico rappresentativo: la possibilità attraverso la mediazione di far prevalere le scelte più ragionevoli e più vantaggiose per una maggioranza larga di cittadini. L’autore elenca alcune cause di questo processo, ne cito due che mi hanno sorpreso e che sono valide anche per il nostro sistema italiano.
La possibilità per i singoli Stati USA di disegnare le circoscrizioni elettorali unendo porzioni di territorio non necessariamente confinanti. In questo modo il partito che ha la maggioranza in quel momento ritaglia i collegi in modo da favorire i propri candidati. La rappresentanza non è in questo modo proporzionale agli elettori votanti ma risente della struttura sociologica e della stratificazione economica del territorio cristallizzando e polarizzando le differenze e il potere delle varie lobbies. Una cosa simile è successa anche in italia con la Lega che ha un insediamento stabile e radicato nel Nord e che con il sistema elettorale vigente determina la non vittoria del centro sinistra al Senato in cui il premio di maggioranza è assegnato a livello regionale. Probabilmente la polarizzazione territoriale potrebbe riguardare i cinque stelle che si apprestano a rappresentare il Sud e in varia misura tutti i partiti il cui insediamento fotografa lo status socioeconomico dei collegi. Sempre più prevalgono allora corporazioni e clientele locali in strutture che non amministrano idee ma soprattutto potere.
La seconda causa della polarizzazione è la diffusione di internet e dei social: l’informazione è filtrata e distribuita all’interno di bolle isolate di individui che comunicano solo con i propri simili o con i propri sodali. La società da massa duttile e omogenea si sclerotizza così in aggregati duri che non comunicano con gli altri e estremizzano le proprie posizioni. E come se l’edificio dello stato democratico si sgretolasse in tanti piccoli aggregati tra loro poco connessi o addirittura in conflitto. Basta osservare in queste ore i risultati disaggregati della miriade di forze, associazioni e partitini che hanno partecipato alle elezioni: piccoli eserciti dietro al candidato governatore che spariranno nel nulla o che sopravviveranno con la presenza impotente di pochi consiglieri regionali che continueranno a vivacchiare nel chiuso delle assemblee elettive.
Il libro di cui parlo è di J. Diamond, Crisi: come rinascono le nazioni che in una serie di casi analizzati osserva che questa polarizzazione delle posizioni e degli schieramenti porta a crisi che annullano la democrazia. E la annullano dando origine a sistemi di destra reazionaria e autoritaria come stiamo osservando in giro per il mondo in questi ultimi anni.
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