Ritrovarsi tra compagni di scuola

E’ la seconda volta che riusciamo con un po’ di fatica a organizzare una cenetta tra compagni del liceo. Quando stavo per uscire di casa il mio nipotino di sette anni mi ha chiesto dove andavo ed io per enfatizzare l’eccezionalità della cosa ho risposto che mi vedevo con i compagni di scuola di tanti anni fa, ma allora non sono morti?, dice lui. No, solo qualcuno è morto, ma la maggior parte è vecchietta come il nonno e quindi festeggiamo.

Abbiamo prenotato in un ristorante di Ostia e da casa mia il navigatore prevedeva circa 50 minuti di viaggio considerato il traffico prenatalizio. Il navigatore, analizzato il traffico sul percorso più conosciuto, ha consigliato un percorso alternativo con meno traffico che però obbligava ad attraversare il groviglio di stradine tortuose che solcano l’inurbamento disordinato tra Roma e Ostia. La sensazione di essersi persi ha innescato una certa apprensione tra le quattro compagne che viaggiavano con me. L’animata e allegra conversazione tra di loro, io ero taciturno e concentrato sulla guida e sul navigatore, alimentata dai ricordi di allora e di esperienze più recenti condivise tra coloro che erano rimast4e in contatto nel tempo, si è trasformata in un coro unanime e apprensivo contro questa diavoleria del navigatore che costringe la gente a fare percorsi che non conosce facendogli perdere tempo. Questo aperitivo ciarliero ma un po’ teso ci ha preparato però ad una serata serena e distesa allietata dal piacere di rivedere per la prima volta uno di noi che nel pranzo precedente non era stato raggiunto.

Il clima positivo era maturato anche nella chat del gruppo su whatsapp che seppur a volte con futili discussioni abbiamo ormai consolidato con scambi quasi giornalieri. In queste cene di ex studenti  si parla ovviamente degli antichi insegnanti sui quali si confrontano giudizi e ricordi a volte divergenti. Alcuni di noi sono rimasti nel mondo della scuola scegliendo la professione docente, altri tre la professione medica, uno il giornalismo. Tutti siamo ancora attivi, chi nella propria famiglia, chi nel volontariato, chi ancora nella professione. Qualche allusione alla politica ma senza innescare confronti polemici su posizioni personali diverse che nel tempo si sono comunque confermate, ciascuno di noi è rimasto sostanzialmente fedele all’area politica che lo ispirava durante la giovinezza.

Chiacchiere in libertà che a un certo punto hanno riguardato la letteratura come occasione per vivere altre vite oltre quella abbastanza lunga che abbiamo realmente vissuto. Ora che abbiamo tanto tempo a disposizione è un piacere che ci possiamo permettere. Questa riflessione in me era suscitata dall’aver partecipato il giorno prima alla presentazione di due volumi autobiografici di due personaggi della nostra età che presentano e propongono il loro percorso di vita. Li cito qui in questo resoconto per tenerli a mente.

Non li ho ancora letti ma promettono bene. Parlando del piacere della lettura e dello scambio di esperienze ho citato un volume molto particolare che partendo da una piccola casa editrice senza alcuna promozione organizzata ma basandosi sul passa parola tra amici ha raggiunto risultati straordinari, un libro che nonostante la mole e la complessità di un racconto dalla molte sfaccettature mi aveva conquistato, un titolo a me suggerito proprio da una compagna del gruppo.

Infine un libro che mi è tornato in mente come un flash a partire da una battuta di Gianni sulla morte, termine che purtroppo ricorre in gruppi della nostra età quando si ripercorre la lista di coloro con cui abbiamo vissuto la nostra giovinezza e che non ci sono più di testa o del tutto. Un libro molto bello che ancora una volta un amico che legge questo blog mi aveva consigliato e che riporto in primo piano in questo breve racconto.

Forse era meglio descrivere i piatti che abbiamo gustato ma queste chiacchiere intorno ai libri e intorno alle nostre vite sono state il vero piatto forte dell’incontro.

Il finale ci ha riportato al clima della gita scolastica in cui arrivati al conto si mettono insieme i soldi e i conti non tornano mai. L’ostessa, forse avendo percepito la composizione del gruppo, è arrivata con il piglio del professore che dice agli allievi, qui manca una quota chi non ha pagato? Presi alla sprovvista abbiamo giocato di rimessa mentre l’ostessa manipolava la sua calcolatrice dimostrando che non avevamo fatto bene i conti. Era sicuro che era lei a fare un errore o ad approfittare della nostra dabbenaggine poiché non avevamo contato e registrato la mazzetta di banconote che avevamo consegnato. Qui la nostra esperienza e la nostra saggezza di anziani professionisti colti è stata surclassata dalla manipolazione di chi maneggia ogni giorno i soldi e i rapporti con i clienti. Tutto senza alcun rispetto per i nostri capelli bianchi con la voce stentorea di chi non ci mollava finché non integravamo la quota mancante, con gli altri giovani avventori che a fine serata ci osservavano con ironia e qualche risolino. Alla fine, pagato l’obolo, siamo usciti … ovviamente senza ricevuta fiscale! Ma nonostante ciò, eravamo felici e contenti, ci siamo augurati un felice anno nuovo e ci siamo promessi di riorganizzare appena possibile.



Categorie:Riflessioni personali

2 replies

  1. Anna Saracino su Facebook scrive questo commento:

    Bellissimo racconto pieno di emozioni, hai narrato ciò che Shakespeare chiamava “il ricordo delle cose passate”. E a proposito di uno dei libri che consigli “Il mio viaggio per Itaca”, mi hai fatto venire in mente una poesia, sul senso della vita, che ho sempre amato, di Costantino Kavafis, la posto in questo commento e la dedico a te e a tutto il gruppo. Buona giornata.
    Itaca (C. Kavafis)
    Quando ti metterai in viaggio per Itaca
    devi augurarti che la strada sia lunga,
    fertile in avventure e in esperienze.
    I Lestrigoni e i Ciclopi
    o la furia di Nettuno non temere,
    non sarà questo il genere di incontri
    se il pensiero resta alto e un sentimento
    fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
    In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
    nè nell’irato Nettuno incapperai
    se non li porti dentro
    se l’anima non te li mette contro.
    Devi augurarti che la strada sia lunga.
    Che i mattini d’estate siano tanti
    quando nei porti – finalmente e con che gioia –
    toccherai terra tu per la prima volta:
    negli empori fenici indugia e acquista
    madreperle coralli ebano e ambre
    tutta merce fina, anche profumi
    penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
    va in molte città egizie
    impara una quantità di cose dai dotti.
    Sempre devi avere in mente Itaca –
    raggiungerla sia il pensiero costante.
    Soprattutto, non affrettare il viaggio;
    fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
    metta piede sull’isola, tu, ricco
    dei tesori accumulati per strada
    senza aspettarti ricchezze da Itaca.
    Itaca ti ha dato il bel viaggio,
    senza di lei mai ti saresti messo
    sulla strada: che cos’altro ti aspetti?
    E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
    Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
    già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

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  2. si unisce anche Oriana Chiacchiera con una altra poesia:

    Oriana Chiacchiera
    Mi unisco al contributo di Anna Saracino con un’altra poesia che ha alcuni spunti in comune con quella di Kavafis. Soprattutto il desiderio di conoscenza e di continua scoperta, che poi è quello che ti salva nella vita.
    “Ulisse” di Umberto Saba.
    Nella mia giovinezza ho navigato
    lungo le coste dalmate. Isolotti
    a fior d’onda emergevano, ove raro
    un uccello sostava intento a prede,
    coperti d’alghe, scivolosi, al sole
    belli come smeraldi. Quando l’alta
    marea e la notte li annullava, vele
    sottovento sbandavano più al largo,
    per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
    è quella terra di nessuno. Il porto
    accende ad altri i suoi lumi; me al largo
    sospinge ancora il non domato spirito,
    e della vita il doloroso amore.

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