Il potere di interdizione

Quando nel 2007 cominciai a fare il preside, la prima bega che trovai, con tanto di cartelloni già affissi in sala professori, era la questione della partecipazione dei diversamente abili (DA) alle visite di studio esterne e alle gite. Le famiglie chiedevano che anche i  ragazzi DA potessero partecipare, i docenti di sostegno chiedevano di essere presenti con i ragazzi che erano loro affidati, se un docente docente di sostegno non poteva partecipare neanche il ragazzo DA poteva partecipare, quindi la gita non si poteva fare. La questione non era presentata così ma nella sostanza i termini del ricatto erano questi. La cosa mi fu chiara la prima volta che qualcuno venne in presidenza ad avvertirmi che siccome il docente di sostegno non poteva (non voleva) partecipare, la classe non poteva uscire con il ragazzo DA e quindi l’uscita non si poteva fare. A norma di …. Potere di interdizione.

Siccome non ero certo delle norme, e non dovevo darlo a vedere, usai il buon senso e presi una chiara decisione: se il docente che accompagna la classe non solleva il problema e cioè se per lui il ragazzo o la ragazza DA non è un problema la classe esce senza il docente di sostegno. Se il docente accompagnatore chiede invece l’assistenza di un docente di sostegno e non si trovano docenti di sostegno disponibili, i ragazzi DA restano a scuola a meno che la famiglia non provveda ad essere presente, ma la classe esce lo stesso. Fu come bestemmiare in pubblico ma da quel giorno le uscite didattiche  si fecero senza problemi, con tutti i ragazzi perché magicamente si scoprì che i docenti di sostegno erano docenti come gli altri e che tutti gli altri erano potenzialmente docenti di sostegno. I cartelloni in sala professori sparirono.

Questo episodio mi serve per introdurre una riflessione che facevo ieri seguendo la cronaca delle consultazioni del presidente per la formazione del nuovo governo. Il comportamento dei grullini è diventato lo stereotipo di un comportamento generalizzato che ormai segna tutta la società e che la rende incapace di evolvere e di crescere: in ogni ambito si sono formate delle corporazioni cui la legge conferisce un potere specifico, quel potere viene usato per esigere un dazio e interdire il potere della corporazione con cui si è in competizione o interdire il potere sovraordinato.

Il grande potere è dire no.

Attenzione, facendo così non si perdono voti perché questo comportamento è il prevalente nella nostra vita corrente: pensate solo a tutta la questione delle certificazioni, della sicurezza, della privacy, senza il sì di qualcuno non si può fare nulla, nemmeno riciclare l’immondizia, tanto meno attivare una nuova impresa. Bloccare e chiedere in cambio un compenso, un risarcimento. Dall’etica della mazzetta alla contrattazione sindacale su tutto, anche su dettagli per i quali o si trova un compenso specifico o la cosa non si fa. Molti degli scioperi delle corporazioni potenti, servizi pubblici, hanno purtroppo questo sapore.

Il potere è dire no. Si parte da una affermazione falsa, il nostro movimento è quello con più voti, si deduce che è un diritto fare una proprio governo e che, se gli altri non approvano, a compenso si vuole avere la commissione parlamentare sui servizi segreti e quella  sulla RAI.

Io non ho doveri, ho solo diritti.

segue



Categorie:Politica

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