Cambiamento di verso

Spero che questa fissa dei commenti sulla politica mi passi presto ma l’unico modo per acquietare il mio cervello è di scrivere su questo blog.

Cuperlo chi? Fassina chi? a sì quei due infiltrati!

fassina
presentazione delle iniziative del PD per i 150 anni dell'unità d'Italia
renzi-matteo

Nelle polemiche di questi giorni non c’è soltanto lo scontro umorale tra giovani fratelli privi di riferimenti parentali c’è una metamorfosi del partito democratico che è fortemente legata alla questione delle preferenze. Il famoso Cambiamento di Verso renziano. Di cosa si tratta?

Non si tratta  banalmente dello scontro tra renziani e no, tra giovani e anziani, è secondo me lo scontro tra almeno quattro componenti:

  • la nuova generazione che è cresciuta nelle amministrazioni periferiche, che ha fatto anni di gavetta gestendo comuni, province e regioni (è il caso dello stesso Renzi),
  • la generazione degli anziani ultrasessantenni residuati delle metamorfosi di altri partiti che sono confluiti nel PD e
  • le nuove generazioni di ‘tecnici’ ed ‘esperti’ che, senza superare la prova delle elezioni e dell’amministrazione sul campo, si sono trovati a vivacchiare o a splendere al centro.
  • Ci sono poi i personaggi inattaccabili e super partes come intellettuali, professori universitari, giornalisti, giudici che sono stati cooptati dal partito per portare voti e prestigio.

Per capire la questione basta pensare a Fassina. Nella passata legislatura io credevo che fosse un deputato, solo molto tardi ho capito che era un dipendente esperto del partito e poi me lo sono trovato alle primarie a Roma. Il suo cursus honorum è quindi: giovane brillante laureato in economia uscito dalla Bocconi con studi in America e qualche consulenza internazionale viene assunto per lavorare nel partito … a stipendio (così risulta leggendo la biografia su Wikipedia). Fa politica con dichiarazioni, interventi, consigli a Bersani, diventa personaggio potente a livello nazionale al punto da poter influire sugli equilibri di governo.

Una cosa analoga accade a Cuperlo, intellettuale che lavora all’ombra degli apparati del partito, prepara studi e discorsi, dirige un centro studi del partito alla fine viene a viva forza costretto a assumere un ruolo da prim’attore nel contenimento dell’ascesa degli assessori capeggiati da Renzi.

Quanti funzionari d’apparato che sono stati assunti per lavori segretariali ed organizzativi o per condurre le auto dei dirigenti del partito sono stati inseriti nelle liste delle primarie? Ora si capisce perché Renzi ha minacciato l’annullamento del finanziamento al partito: senza risorse non è possibile mantenere un apparato burocratico che ha più probabilità di arrivare in parlamento di coloro che hanno fatto anni di gavetta nelle amministrazioni disperse sul territorio.

Se fosse così, l’incidente della direzione tra Renzi e Cuperlo assumerebbe un altro significato fortemente legato alla questione delle preferenze.

Ma qui occorre forse riflettere sulle varie configurazioni dei partiti italiani attuali.

Partito padronale.

Per questo caso  tutti pensiamo a Forza Italia e al PDL. Ma anche in altri partiti le relazioni interne sono regolate dalla proprietà personale di sedi, marchi, fondi. E’ stato il caso dell’IDV in cui la fondazione che amministrava le risorse era nelle disponibilità della famiglia Di Pietro. E’ il caso del movimento 5 stelle in cui lo statuto assegna il simbolo, il marchio i proventi della  pubblicità sul sito direttamente a Grillo. In questi partiti il potere di controllo e di gestione passa per la disponibilità delle risorse e difficilmente si può mettere in minoranza chi paga o chi possiede la chiave della cassaforte. Sarà quindi lui, Berlusconi, Di Pietro o Grillo a decidere chi deve far carriera, chi potrà andare in Parlamento. Ovviamente questo tipo di partito preferirà le liste bloccate, serve una rappresentanza che sia fedele che faccia esattamente quello che ha deciso il partito del padrone.

Partito carismatico.

Oltre a quelli che ho menzionato, in cui il padrone ha comunque carisma,  metterei anche il partito di Monti, quello di Casini, quello di Vendola, in parte quello che potrebbe diventare un PD ancora più renziano. Anche in questo caso la fedeltà alla linea del capo da parte dei candidati deve essere forte e verificabile, meglio il listino bloccato.

Partito movimento.

E’ il caso della lega, dei movimenti di estrema destra, del M5S. Le candidature premiano l’attivismo dei singoli, la loro capacità di diffondere il verbo, di allargare il consenso e di stimolare la partecipazione dei cittadini. Anche in questo caso i listini bloccati semplificano la gestione dei rapporti interni.

Partito  apparato.

E’ per certi versi il PD che eredita tradizioni, risorse, personale, cultura da altre esperienze storiche e che vorrebbe preservare la sua identità riproducendo se stesso con continuità. Le burocrazie interne gestiscono il potere, formano le nuove leve, le selezionano ne decidono il percorso con cooptazioni e prove sul campo. L’irruzione di Renzi ha stravolto questo equilibrio ma perché possa consolidarsi ha bisogno di controllare i nuovi che entreranno in parlamento, libertà sì ma senza perdere la maggioranza negli organi statutari. Meglio quindi listini bloccati e liste stilate al chiuso della segreteria del partito. Se Renzi fosse ancora minoritario chiederebbe forse a gran voce le preferenze.

Partito liquido

Era l’idea che aveva ventilato Veltroni ma che non credo si sia mai realizzata: un partito leggero privo di strutture costose che assembla associazioni, gruppi di interesse, gruppi sindacali per occupare le varie istituzioni rappresentative che la democrazia offre con un assetto variabile nel tempo. In questo caso il listino bloccato non funziona perché non si dà la possibilità di una scelta autonoma a coloro che appartengono alle associazioni che si federano e che confluiscono nella lista.

La questione delle preferenze

(v. prossimo post)



Categorie:CinqueStelle, congresso PD 2022, Legge elettorale, Politica

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