Idee agostane sulla scuola

Dalle riflessioni ad alcune idee organizzative. Se fossi preside cosa farei, e se fossi ministro?

Provo a sviluppare meglio alcune idee che ho già presentato. Il sistema scolastico si trova costretto a far fronte ad una situazione pericolosa e difficile, deve rispettare nuovi vincoli con i quali non si può scherzare, la salute di circa 9 milioni di persone che devono incontrarsi ed interagire anche se l’unico rimedio alla diffusione della pandemia è il distanziamento. Ma imbrigliare una immensa comunità così eterogenea e diffusa significa soffocarla e forse farla morire. La chiusura durante la fase iniziale dell’epidemia è stata coraggiosa e lungimirante ma, come per l’economia, non può prolungarsi troppo nel tempo: occorre riaprire senza riaccendere però il contagio, missione impossibile se il contesto sociale e politico non aiuta anzi rema contro. 

Se il sistema scolastico deve rispettare i vincoli sanitari allora bisogna ridurre altri vincoli perché qualche grado di libertà faccia respirare l’organismo e ne consenta lo sviluppo e  la crescita. 

Ad esempio le date di apertura dovrebbero essere decise dalle regioni e potrebbero essere differenziate come la legge consente. 

Si potrebbe decidere una ripartenza progressiva come è sempre accaduto con gli orari provvisori per i ritardi nelle nomine, anche in questo caso la decisione spetterebbe alle singole scuole. Ad esempio fino a metà ottobre una partenza prudente con intere classi che restano a casa a rotazione, si potrebbe collaudare così il sistema dei trasporti e si potrebbe attutire l’effetto sulla diffusione del contagio nel momento in cui si teme una ondata forte che potrebbe determinare un nuovo lockdown generalizzato. 

Lascerei alle singole scuole la decisione di quale percentuale di attività scolastica si svolge in presenza e quanto invece viene svolto a distanza. Ad esempio un docente anziano o con problemi di salute che si senta capace di gestire il suo corso tutto o in parte a distanza potrebbe risultare nell’orario in presenza solo per qualche ora. La decisione potrebbe dipendere dalla capienza delle aule, dalle infrastrutture informatiche dalla distribuzione dell’età dei docenti, dalla disponibilità delle famiglie. 

Nei casi in cui le aule non consentono di rispettare le distanze prescritte, nei soli casi in cui ciò accade, pianificherei delle assenze forzose a rotazione dei ragazzi che non hanno posto. Ad esempio se una classe di 27 studenti ha un’aula che ne può ospitare solo 23, 4 studenti a turno staranno a casa, significa che ogni studente rimarrebbe a casa forzosamente un giorno a settimana, anche meno se si tiene conto degli assenti per malattia che comunque ci sono sempre. Gli assenti dovranno poter accedere al registro di classe e compensare l’assenza con lo studio domestico. Forse può apparire un sistema farraginoso e complicato ma ormai i software di gestione degli orari e delle prenotazioni fanno meraviglie. 

In pratica si tratta di alleggerire l’impatto del naturale e incontrollabile assembramento provocato dal movimento di studenti insegnanti e personale scolastico. Meno studenti a scuola, più studio a casa. 

Ricordo che l’unico vincolo inderogabile per i dirigenti è l’orario di servizio del personale: il rischio è di incorrere nel danno erariale da  risarcire. Segnalo il problema senza proporre una soluzione ma possiamo immaginare che le soluzioni siano tante quante sono le fattispecie, ma tutto dovrà essere adeguatamente formalizzato con la contrattazione decentrata, non è un’impresa facile ma è l’unica strada percorribile. tenendo sempre conto che si tratterebbe di gestire delle soluzioni di emergenza da superare appena possibile.

Quindi a livello centrale si dovrebbe facilitare sia la flessibilità delle soluzioni sia l’alleggerimento delle prescrizioni ‘didattico pedagogiche’ liberando le scuole dell’ossessione del risultato, dei programmi, delle certificazioni. Il messaggio dovrebbe essere ‘fate quello che potete e sapete fare al meglio nelle condizioni date, non è il momento per lavorare per il Nobel ma di resistere in trincea’. Ai nostalgici bisognerebbe dire che per il momento la scuola della vostra giovinezza non esiste più e forse non potrà risorgere nemmeno se fosse restaurata, agli innovatori e ai sognatori occorrerebbe dire che ci saranno tempo migliori per costruire la scuola del futuro ora serve umiltà, impegno, intelligenza, dedizione, onestà, competenze … missione impossibile?

La guerra di trincea potrebbe non essere lunghissima, già la disponibilità di un vaccino potrebbe alleggerire almeno la posizione dei docenti più a rischio e gradualmente, se la diffusione dell’epidemia fosse contenuta, singole classi, singole scuole potrebbero essere gestite come bolle sicure ripristinando modalità di lavoro meno nevrotizzanti . La flessibilità sarebbe variabile nel tempo e gradualmente il sistema dovrebbe superare  quelle riduzioni ora imposte dall’emergenza. In ogni caso l’autonomia, la flessibilità, l’integrazione dei metodi in presenza e delle tecnologie a distanza dovrebbero restare un patrimonio da tesaurizzare per il futuro anche senza il Covid. 

Quanti sono arrivati sin qui a leggere? mi rendo conto che sono idee agostane, vaniloqui forse, che però sento di dover condividere con gli amici.

Se dovessi aprire il collegio docenti di inizio d’anno direi che ora comincia una guerra di trincea (questa immagine l’ho rubata al mio amico Mario Fierli), che non durerà molto, che i giovani hanno bisogno di noi e noi abbiamo bisogno di loro, che l’epidemia è una grande occasione per riscoprire le ragioni dello stare insieme. Sono consapevole che i bei collegi di dieci anni fa di inaugurazione dell’anno scolastico con i docenti allegri ed abbronzati siano solo un bel ricordo, ora mi sento del tutto inadeguato ed è meglio che chiuda qui il post.



Categorie:Coronavirus, Cultura e scuola

4 replies

  1. sei l’unico che riesce a farmi leggere ancora qualcosa sulla scuola.

    in un angolino remoto della mia mente che non voglio neppure esplorare però io so che, se fossi ancora al mio posto come hai immaginato di esserlo tu, almeno dal mese di marzo avrei cominciato a discutere con docenti e rappresentanti di genitori e studenti di doppi turni parziali a rotazione.

    non posso andare oltre, perché ogni problema concreto ha la sua soluzione concreta legata a troppe variabili e non so neppure se nella realtà delle mie ultime due scuole questa ipotesi sarebbe risultata praticabile e come si sarebbero affrontate le molte problematiche concrete connesse – e forse risolte, forse no.

    però mi meraviglia che questa sia l’unica opzione che non viene mai presa in considerazione né dai media né dai politici (società signorile di massa, eh?).

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  2. Caro il mio “Preside”, dalla tua ex Vicepreside (che onore! Sempre!) ti dico che, secondo me, dovrebbero remunerarti per le tue idee e accoglierle. Hai evitato loro il pensiero di riflettere su argomenti ostici e
    Invece son certa che “lassù-ai-piani-alti” o per dirla alla livornese nella “bua (= buca) dell’orate”, direbbero che sono corbellerie.
    Non so, non affronto temi di cui non conosco la portata, comunque ritengo che usare il buonsenso, con l’esperienza e con una notevole capacità gestionale, sono prerogative basiche di chi dirige.
    …Ma “qui” si arronza, si va a casaccio: barlumi di intelligenza non ne vedo, né soluzioni chiare.
    Ormai siamo agli sgoccioli, la realtà è difficile ma saranno i banchi con le rotelle a “favorire la didattica di gruppo, certo non frontale”.
    Ci credo!
    Vedi cos’è che mancava nel nostro Istituto…

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  3. Ops
    Mi sono omologata al non-tuo del vecchio congiuntivo.
    Infatti non era “ritengo”, bensì “sostengo”.
    Per dirla con Altieri Biagi, decido che dopo averlo studiato -io- il congiuntivo, ne faccio a meno, perché è importante in una lingua che si conosce il poter scegliere.
    Comunque nel mio commento sono io che ho sbagliato🤪

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