Riflettendo ancora sull’esperienza delle primarie del centrosinistra in cui è stata introdotta prepotentemente la questione del ricambio generazionale non solo nel partito PD ma implicitamente anche nell’intera società, mi è tornata alla mente una lettura di qualche anno fa circa gli effetti sull’economia della struttura della popolazione e della sua composizione rispetto alla distribuzione dell’età e alla stratificazione delle mentalità e delle aspettative per effetto delle storia che ciascuna generazione ha vissuto.
Non sono riuscito a ritrovare quell’articolo ma ho cercato l’argomento su Wikipedia e ho ritrovato alcuni riferimenti agli studi sociologici ed economici che trattano delle generazioni che si sono susseguite nel secondo dopoguerra nelle società occidentali ed in particolare negli Stati Uniti. Io e Bersani facciamo parte della cosiddetta generazione dei Baby boomers dei nati tra il 1945 e il 1964 alla fine del secondo conflitto mondiale che segnò una forte ripresa della natalità nei paesi occidentali.
Su Wikipedia troviamo questo curioso profilo dei Baby boomers ‘sono numerosi, hanno vissuto nella società del consumo, sono perlopiù idealisti e individualisti in ciò che fanno, edonisti, assegnano priorità ai servizi ed ai prodotti che migliorano il loro benessere‘. Siamo così numerosi che abbiamo fatto saltare tutti i sistemi in cui ci siamo inseriti. I nati nel ’47 ’48 avevano 20 anni nel 68 e travolgevano le università, figliarono tardi e determinavano la ripresa di natalità dell”80 al ’90, facevano fatica a trovar lavoro negli anni 70, fanno ora esplodere i sistemi pensionistici. E’ terribile rendersi conto come le nostre biografie, che pensiamo uniche ed irripetibili, siano in realtà conformi ad andamenti complessivi che rispettano leggi statistiche.
La generazione successiva quella che sociologicamente prende il nome di Generazione X comprende i nati tra il 1960 e il 1980, i confini dell’intervallo sono ovviamente approssimativi e variano a seconda del contesto economico, sociologico o artistico in cui si applica tale classificazione. Tale generazione è poco numerosa rispetto a quella dei babyboomers e cresce in un periodo di radicali trasformazioni politiche quali la fine del colonialismo e la fine della guerra fredda. Secondo Wiki la generazione X è generalmente identificata dalla mancanza di ottimismo nel futuro, dallo scetticismo, dalla sfiducia nei valori tradizionali e nelle istituzioni. I suoi appartenenti sono cresciuti nella deindustrializzazione del mondo occidentale, hanno vissuto la recessione economica dei primi anni novanta e del 2000, e hanno visto ridursi le possibilità di ottenere un impiego a tempo indeterminato, sostituiti con contratti flessibili.
Matteo Renzi nasce nel 1975 e appartiene a questa generazione. Pur non somigliando pienamente al profilo tracciato da Wikipedia, certamente si è posto come il rappresentante migliore della sua generazione in contrapposizione con quella generazione di padri i quali o si godono pensioni che i più giovani non potranno avere o occupano con caparbia posti di potere e dispongono di risorse che non vogliono cedere. Questa generazione X, vissuta in un periodo in cui erano presenti crisi, ristrutturazioni e stagnazioni, essendo meno numerosa, è stata in grado di assorbire le difficoltà inserendosi variamente nel mercato del lavoro in modo accettabile, certamente più favorevole di quanto possa accadere ora per la generazione successiva.
La generazione Y, quella successiva alla X che raccoglie i nati nell’ultimo ventennio del ventesimo secolo va anche sotto il nome di Millennial Generation o Net Generation e costituisce in qualche modo il target di molti discorsi politici, gli attuali giovani per i quali tutti i politici vorrebbero fare qualcosa soprattutto per inserirli positivamente nel mondo del lavoro. Sono anche chiamati Echo Boomers in quanto risentono degli effetti ritardati della maggiore numerosità dei Baby boomers. Wikipedia sostiene che questa generazione è stata la prima a crescere senza la minaccia della guerra fredda; generalmente è caratterizzata da un maggiore utilizzo e familiarità con la comunicazione, i media e le tecnologie digitali. In molte parti del mondo, l’infanzia della generazione Y è stata segnata da un approccio educativo neo-liberale, derivato dalle profonde trasformazioni del costume degli anni sessanta. Vien da pensare che l’approccio tutto centrato sulla rete di Grillo abbia di mira proprio questa generazione più delle altre abituata al linguaggio e alle relazioni tipici di internet e dei nuovi dispositivi digitali per comunicare.
Una maggiore consapevolezza di queste realtà e di questi schemi interpretativi della nostra società potranno aiutarci a capire che sotto la superficie della cronaca e degli eventi minuti ci sono andamenti lenti e profondi che muovono le scelte delle masse e dei singoli. Riflettere in una prospettiva storica ci consentirebbe di non considerare solo le emergenze delle variazioni repentine degli indici di borsa ma di guardare con maggiore attenzione all’economia reale e alla vita della gente.
Insomma ho trovato un’altra ragione che spiega la mia scelta per Bersani.
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