Le nostre eccellenze 3

Ieri molti di noi sono rimasti incollati alla TV o ad Internet per seguire le operazioni di recupero della Costa Concordia. Uno spettacolo emozionante ed esaltante. Naturalmente la rete era affollata da interventi scettici, da battute salaci, vignette e critiche di tutti i tipi.

Ho seguito anche le varie conferenze stampa sia per sapere meglio cosa stava succedendo sia per osservare come il circo mediatico internazionale e nazionale stava metabolizzando l’evento e come lo stava confezionando per il largo pubblico di coloro che nel frattempo lavoravano o, standosene a casa, seguivano i consueti talk show sui problemi di ogni giorno.

Due sono le riflessioni che vorrei appuntarmi su questo blog di racconti  e riflessioni:

  1. siamo in piena sindrome di blocco emotivo post sconfitta,
  2. abbiamo un  tipo di eccellenza nazionale di cui abbiamo smarrito la memoria.

Il blocco emotivo

Quando ero giovane  e frequentavo il liceo negli anni sessanta non era ancora passato un ventennio dalla fine della guerra mondiale e dalla disfatta del fascismo. Ogni forma di orgoglio nazionale, di attaccamento alla bandiera, di fierezza per lo Stato e le sue istituzioni era sospettata di essere una  manifestazione di destra, in odore di fascismo. Questa reticenza, questo pudore che rifuggiva da forme di retorica e da valori patriottici è rimasta presente nel nostro tessuto sociale si può dire fino a Ciampi che volle riproporre semplici forme di condivisione collettiva di una identità nazionale come cantare in coro e ad alta voce l’inno nazionale. Ieri, soprattutto ascoltando i commenti giornalistici, mi è sembrato che siamo ripiombati in una sindrome simile, legata al senso di disfatta che viviamo a destra e a sinistra per un ventennio modesto e grigio che ora sta presentando il conto di tanti errori e di tante illusioni. Qualsiasi compiacimento, qualsiasi celebrazione, qualsiasi festa orgogliosa per questo evento sembra fuori luogo, eccessiva, troppo compiacente o interessata, come se il pozzo di acqua fresca e limpida della festa non ci fosse concesso, neppure le birre fresche degli ingegneri sudafricani che hanno festeggiato esibendo la loro bandiera nazionale dopo che tutto era ormai compiuto. I nostri giornalisti non hanno potuto smentirsi e hanno continuato a seminare il dubbio e il sospetto, la critica, il cavillo.

Le nostre eccellenze

Durante la giornata il personaggio che mi ha più colpito è stato l’ing. Girotto. Ha concesso numerose interviste ed era sempre presente nelle conferenze stampa. La più interessante a fine giornata è stata quella concessa a Mentana sulla 7. In quell’occasione ha chiarito molto bene la struttura dell’impresa, le varie responsabilità, l’organizzazione del progetto. Un linguaggio chiaro, semplice ma preciso, una inflessione tipicamente del nord, non saprei dire se milanese o genovese, una cadenza e un ritmo tipico di chi è abituato a interagire in contesti internazionali, magari in inglese, insomma un tipico ingegnere, come quelli che popolavano il mio immaginario negli anni settanta. Sì perché se negli anni settanta si prendeva l’aereo Roma – Milano Linate si incontravano ingegneri ed uomini d’affari che parlavano di contratti, di progetti, di affari con una chiara inflessione dialettale del nord. Nel tempo, su quella tratta, questi personaggi sono spariti e mi capitò alla fine degli anni ’80 di viaggiare con una trentina di splendide adolescenti che erano di ritorno da Milano dopo una selezione non so dire se di moda o televisiva.

Ieri prepotentemente questi signori capaci, preparati, competenti, coraggiosi, tenaci, hanno fatto capolino nel nostro immaginario televisivo, quasi uno squarcio di luce benefica in una melma giornalistica tutta volta a mostrare che la sconfitta e il fallimento sono inevitabili, che nessuno si salva, tutti sono incapaci, ladri, incompetenti, in mala fede … Non sto dicendo che gli ingegner Girotto siano angeli salvatori, sto dicendo solo che c’è gente che sa collaborare alla pari con i migliori team del mondo, che ci sono italiani che se hanno un compito complesso riescono a portarlo a termine con organizzazione, sistematicità, pianificazione, studio, metodo.

Questa mattina quando ho sentito sulla rete le sirene che alle quattro suonavano a festa e gli applausi di coloro che erano all’isola del Giglio mi è sembrato che parte del mio paese fosse stato raddrizzato da ingegneri e tecnici che sanno fare il loro mestiere.

Non solo arte e scienza ma anche tecnologia.



Categorie:Economia e finanza, Riflessioni personali, Social e massmedia

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