No alla casta dei professori?

Ieri sera ho seguito una godibilissima puntata di 8 ½ della Gruber da rivedere con attenzione se si vuol capire il male oscuro dell’Italia.

Tomaso Montanari dibatteva con Dario Nardella sindaco di Firenze. Avevo seguito a suo tempo su RAI5 le magistrali presentazioni delle opere di Bernini di Montanari. Degli estratti sono disponibili anche su Youtube, ve li consiglio vivamente. Ho riconosciuto la sua voce dalla cucina e mi sono precipitato ad ascoltare.

Montanari denunciava, nel giorno in cui Mattia il gradasso aveva fatto la sua comparsata interno ai bronzi di Riace, lo stato precario della gestione dei musei, della ricerca, dell’arte, della scienza. In particolare reclamava per gli esperti, per i tecnici un ruolo preminente non subalterno ed ancillare rispetto agli amministrativi, ai manager, ai burocrati, ai politici. In particolare criticava il modo in cui sono selezionati i direttori dei musei e di molte istituzioni culturali. Ovviamente il leggero sapore corporativo della rivendicazione non poteva sfuggire al sindaco di Firenze il quale attacca frontalmente il giovane accademico storico dell’arte per dire: basta con la casta dei professori. State tranquilli, qua comandano i cittadini, l’arte è un bene comune e sono i politici che rappresentano i cittadini a decidere ciò che è meglio per l’arte, come per la scienza, come per la salute, come per l’economia, come per la ricerca. C’è il primato della politica! Non ha detto esattamente  così ma il senso del suo discorso era questo.

Nardella è tagliente, assertivo, con una espressione apparentemente dolce ma sostanzialmente dura a volte potenzialmente feroce. Lo schermo riportava i due volti affiancati e il volto di Montanari non tradiva alcuna reazione scomposta, educato al confronto controllato e rispettoso dell’accademia. Splendido l’eloquio di Montanari che non reagisce emotivamente (come avrei fatto io) ma continua con le sue considerazioni chiare, semplici, quasi ovvie ma presentate come se stesse leggendo un testo a lungo cesellato nelle virgole.

Sarò un vecchio rincitrullito ma ho nostalgia di chi sa parlare bene in un buon italiano.

Nardella prosegue nella difesa della sua posizione ricordando i miliardi che il governo sta investendo nei musei e nella cultura senza capire il senso del discorso di Montanari: non importa quanti soldi spendi ma come li spendi. Non importa quanto incassi ma se e quanto i cittadini imparano e migliorano nel contatto con l’arte e la cultura. Rivendica una funzione educativa dell’arte e della cultura, ma questo per chi teme la casta dei professori non è un discorso comprensibile.

Male oscuro

Ma qual è il male oscuro di cui parlavo all’inizio? E’ la sottovalutazione delle competenze rispetto al primato del potere politico che ormai si basa su un consenso acritico di masse manovrate dal mass media. Chi sa fare viene sistematicamente emarginato, in tutti i campi, non solo in quello artistico culturale, anche tra chi pulisce le strade. Primeggia chi può, chi ha potere, chi è collegato con l’assessore giusto, con il manager di successo …

Negli ultimi trent’anni gradualmente abbiamo smontato l’IRI, la FIAT, le grandi industrie a favore di realtà più piccole, più fragili che dipendono dalle commesse pubbliche e quindi dai politici, spesso dai politici locali. Anche nel privato la competenza è morta.

Il federalismo pecoreccio leghista ha devoluto le decisioni e le responsabilità a livelli sempre più bassi e decentrati per cui l’incompetenza e l’improvvisazione dell’amministratore locale è stata fonte di lungaggini e inefficienze se non addirittura di corruzione e malversazioni.  Pensate ad esempio al caso di cui abbiamo dibattuto in queste ultime settimane, alcune decisioni circa la gestione dell’estrazione del petrolio in Basilicata erano competenza di un sindaco di un minuscolo comune montano. L’aeroporto Leonardo da Vinci è ‘governato’ dal comune di Fiumicino il quale non solo non necessariamente è provvisto di organi tecnici adeguati al mastodonte che insiste sul territorio ma che addirittura può avere obiettivi divergenti dalla città di Roma che se ne serve e che lo mantiene.

Il discorso di Nardella era molto simile a quello di molti grillini i quali portano all’estremo la bontà delle scelte dei cittadini che devono avere diritto di revoca dei loro rappresentanti politici e pensano di poter esercitare il loro potere di scelta direttamente e tutte le volte che lo ritengono necessario. Gli eletti sono solo portavoce, non importa la loro competenza  o il loro curricolo, importa soprattutto l’onestà. Si candida una giovane avvocatessa alle prime armi, senza aver individuato la squadra di persone competenti in grado di orientare una macchina amministrative che spende vari miliardi all’anno. Personalmente trovo la cosa preoccupante.

Ebbene sì, sono nostalgico di una società articolata in cui le competenze, il saper fare, la conoscenza, la voglia di lavorare, le mani, la mente giochino un ruolo attivo non sottoposto alla chimera dell’immagine che travisa la realtà.

Viva il 1 maggio.



Categorie:Cultura e scuola, Politica

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3 replies

  1. Caro Raimondo,
    circa venti anni da a venne a Vercelli Camillo Davigo, invitato dall’allora Provveditore agli studi per parlare di valutazione. Spiegò ad una vasta platea di insegnanti e presidi che i voti che si assegnano a scuola, se non corredati da un’adeguata motivazione, sono atti incompleti e suscettibili di ricorsi amministrativi. Fui sopreso da quella conferenza, sia per il fatto che fosse stato invitato, sia che lui avesse accettato. Infatti, come sappiamo, esistono intere biblioteche pedagogiche che forniscono ben più solide argomentazioni sulla necessità di motivare ogni valutazione. Tuttavia da dirigente scolastico ho poi verificato che è più facile far condividere una scelta didattica dicendo “lo dice lagge” piuttosto che sostenerla con argomenti professionali. Per la verità non ho quasi mai usato questo espediente nella consapevolezza che produce risultati solo formali. Con il tempo mi sono reso che questo atteggiamento è radicato in tutta la pubblica amministrazione italiana in cui gli approcci giuridici mortificano quelli professionali. Con il risultato che in tutti gli uffici della repubblica, anche nei più “tecnici” prevale chi ha una formazione giuridica o comunque si argomenta per modelli e procedure giuriche. A causa di questa ormai secolare mortificazione le competenze professionali non giuridiche sono veramente al lumicino, rinchiuse in asfittici dibattiti di piccoli gruppi magari di alto livello ma profondamente autoreferenziali. Non parliamo poi della professione di politico … Nel dibattito in questione, avrei difficoltà a prendere le parti di Montanari -che apprezzo moltissimo- non per il merito ma per la situazione che difende. E’ mai possibile che per visitare un museo corredato da un percorso e da un apparato descrittivo fruibile da un vasto pubblico bisogna andare all’estero?

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    • Caro Adalberto, grazie del commento che offre un altro punto di vista sulla questione. Far parlare un pubblico ministero prestigioso e inflessibile a una platea di docenti e presidi per ricordare che gli atti amministrativi devono essere perfetti e che le scelte devono essere fatte con senso di responsabilità si presta purtroppo a sviluppare quegli effetti distorcenti di cui parli tu. Ma i giudici non devono governare devono solo punire coloro che non rispettano le leggi, non devono moralizzare, non devono ispirare una visione politica, non possono dire nulla su come si valuta un alunno né potrebbero spiegare come si perfeziona un atto amministrativo, meglio, molto meglio, sarebbe stato un buon burocrate con esperienza e cultura che avesse spiegato come si fa ad evitare che un voto sia passibile di ricorso amministrativo. Per capirci, Cantone, ottimo inquirente ed ottima persona, non può mettersi a spulciare preventivamente gli atti amministrativi e le decisioni politiche rendendole a prova di contestazione di una parte lesa o di una parte mal intenzionata. Prima o poi lo faranno fesso invischiandolo nella melma in cui prospera la corruzione e il malaffare. A ciascuno il suo mestiere. Montanari non mi pare che difenda lo status quo, attacca una deriva che in nome dell’efficienza e della velocità privilegia l’incompetenza del politico eletto e decisore incontestabile a scapito di figure professionalmente qualificate da selezionare con concorsi veri con giurie realmente qualificate. Purtroppo sappiamo bene che i ‘professori’ non hanno dato buona prova di imparzialità e competenza nelle fasi di selezione dei loro pari e quindi la posizione di Nardella ha buon gioco per risultare vincente. Ma confermo la mia simpatia per la posizione di Montanari.

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  2. Anch’io non ho potuto che apprezzare la calma argomentatrice di Montanari – fondata su un’indubbia competente professionalità – rispetto alla difesa ad oltranza da parte di Nardella del “fare” di questo governo, come se possa bastare approvare una riforma prescindendo dai contenuti . Mi ha sconcertata, e profondamente disturbata, il servo encomio che durante il confronto l’atteggiamento sprezzante di Nardella suggeriva. Possibile mai che nessuno dei sostenitori di Renzi abbia un briciolo di senso critico nei confronti del proprio capo padrone?

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