I nemici dei ristoratori

Molte sono le cose che avrei dovuto scrivere in questo periodo ma non l’ho fatto ed ora il discorso sulla pandemia riprende con fatica perché selezionare le molte cose che mi stanno a cuore è più difficile. Parto dalla cronaca recente, dai disordini di queste ore di fronte al Parlamento e alla sede del governo.

Che ci siano categorie professionali che sentono i bisogno di alzare la voce, di farsi sentire, lo trovo legittimo, ma che giovani giornalisti con il microfono in mano e telecamera siano lì a enfatizzare la cosa con trasporto ed entusiasmo lo trovo preoccupante ed allarmante. Qualche giorno fa mi è capitato di accendere la TV all’ora di pranzo su RAI NEWS 24 e in diretta la cronista con voce concitata raccontava di un gruppo di sedicenti ristoratori che si stava radunando a piazza Montecitorio. La cosa mi ha veramente traumatizzato e per tutto il pomeriggio sono stato di malumore: come si fa a continuare a presentare la situazione economica con l’unico metro della possibilità di consumare un caffè o un cappuccino o un aperitivo? Sì, perché al fondo questi ribelli che reclamano sostanziosi ristori e la possibilità di fare come vogliono, libertà libertà, sono presentati come dei salvatori del nostro benessere materiale e spirituale, come si fa senza ristorante, senza bar, senza vacanze … Come se la nostra economia non si reggesse piuttosto sui muratori che manutengono o costruiscono case, ponti, strade, sui metallurgici che producono macchine, ingranaggi, armi, elicotteri, navi, su medici e sanitari che tengono aperti ospedali ed ambulatori, sui poliziotti, sugli insegnanti, sui ricercatori, sui giudici, sugli impiegati dei comuni, sui pizzardoni, sui chimici, sui produttori di medicinali, sugli autisti dei TIR, sugli agricoltori, sugli enologi, sui pastori … Sono certo di aver dimenticato grandi categorie. So solo che la rappresentazione dei media in questi giorni, e in modo latente da più di un anno, è di una economia tutta centrata sull’intrattenimento del pupo o del pensionato che deve consumare festosamente per essere felice. La vulgata giornalistica è che il mondo sia diviso tra chi ha la sicurezza dello stipendio o della pensione e chi invece soffre della precarietà dell’imprenditore. Da più di un ventennio il rigurgito liberista contro lo Stato e contro le regole ha contrapposto gli impiegati e i cosiddetti garantiti al popolo delle partite IVA, dell’imprenditoria, del capitalismo rampante. Ora che il virus ha mostrato in modo brutale che l’individualismo esasperato provoca quel disastro che viviamo nell’Occidente liberal liberista e che società molto regolate sono riuscite a contenerlo anche senza i vaccini, queste manifestazioni più o meno violente e pilotate sono la punta dell’iceberg di un mondo, quello che chiamavamo dell’edonismo reaganiano, che questa pandemia sta facendo affondare.

Caro lettore perdonami questo sfogo, forse un esercizio di stile, ma è anche così che riesco a placare un po’ della mia rabbia, scrivendo liberamente ciò che penso.

Ma non perdono proprio la nostra ‘intellighenzia’ giornalistica che avrebbe in questo momento strumenti straordinari per raccontare la realtà fedelmente dandoci la possibilità di riflettere autonomamente e di crescere ma che invece cavalca la cronaca delle polemiche e dei dubbi senza rendersi conto degli effetti disastrosi della diffusione di notizie fuorvianti.

Come sapete seguo solo la rubrica della Gruber, raramente quella di Fazio e spesso lo spettacolo di Bianchi. Insomma sono poco documentato ma per quel poco che riesco ad intravedere passando rapidamente da un canale televisivo all’altro mi sono convinto che se mai ci sarà un processo di Norimberga per questa carneficina, che non è affatto finita, il primo imputato dovrebbe essere il giornalismo, il mondo dei media. La prima e fondamentale colpa è quella di omissione: nulla è stato fatto per collaborare con le istituzioni che lottavano contro il virus per formare i cittadini e metterli in condizione di agire autonomamente ed efficacemente nella lotta contro la diffusione del virus. Era molto più semplice enfatizzare e ripetere ossessivamente i divieti sottolineandone però la pesantezza e spesso l’incoerenza piuttosto che far capire quale fosse la motivazione che era dietro a scelte apparentemente insensate, quale ad esempio di limitare il numero dei commensali anche quando si è in casa con la propria famiglia.

quando riaprire?

Ora la grande rivendicazione è la riapertura dei locali di intrattenimento il prima possibile, le autorità temporeggiano con la scusa che non ci sono vaccini a sufficienza ben sapendo però che, anche se ci fossero e se la vaccinazione di massa fosse molto celere, si potrà sperare solo nella riduzione significativa dei decessi mentre i contagi decresceranno molto lentamente, anzi potrebbero riaumentare con nuovi picchi.

Non ci sono prove che i vaccinati non possano diventare veicolo di contagi più pericolosi in quanto asintomatici o paucisintomatici e perché troppo sicuri di sé. E’ quanto sta emergendo in questi giorni in certi stati americani: se il vaccino non è accompagnato dalle azioni tipiche del distanziamento, l’effetto è solo quello di avere grandi bacini umani in cui il virus si riproduce e circola ed evolve verso forme che possono a loro volta sfuggire alla mitigazione profilattica del vaccino.

La strategia del governo è chiara: puntare prioritariamente sulle popolazioni a rischio di decesso avendo di mira soprattutto questo parametro, riportare i decessi giornalieri sotto una certa soglia.

La soglia non è nota, non se ne parla ma si capisce che lo standard potrà essere quello assunto dagli inglesi, una cinquantina di casi al giorno per almeno una settimana. In altri post ho rivendicato l’importanza di formulare previsioni statistiche, non predizioni o profezie ma previsioni. Questa mattina mi sono messo a lavorare e riflettere su questo grafico riguardante i decessi per COVID registrati sin dall’inizio. La curva gialla rappresenta i deceduti giornalieri mentre quella rossa rappresenta la media mobile settimanale. Le rette colorate in viola ed arancione sono miei ragionamenti molto semplicistici con la solita matematica della serva.

Proviamo a leggere il grafico. La spezzata gialla presenta oscillazioni sempre più grandi intorno alla media settimanale. Il sistema di rilevazione dei dati invece di migliorare nel tempo sta peggiorando: infatti i dati sono raccolti con procedure farraginose e imprecise non sono state messe a punto. E ciò riguarda il numero dei morti!!!. Questo può essere un indizio del fatto che il sistema invece di apprendere e di attrezzarsi in questa lunga guerra di logoramento si sta sgretolando come dimostrano le polemiche di queste ore tra Regioni e Stato proprio in presenza di un governo che avrebbe dovuto ricompattare tutti intorno allo scopo comune di sconfiggere il virus.

La seconda ondata è stata grave come la prima anche se la nostra percezione è stata mitigata della abitudine e dal fatto che questa volta gli effetti sono stati meno concentrati su pochi territori come era successo nella prima ondata.

La prima frenata dello scorso anno ottenuta con un lockdown duro e controllato ha prodotto rapidamente i risultati attesi e ai primi di giugno del 2020 i morti avevano raggiunto la soglia di 50 unità come è indicato nel grafico con la retta gialla.

La frenata della seconda ondata realizzata con la strategia delle differenziazioni territoriali, i tre colori, avrebbe prodotto risultati analoghi alla prima frenata se non ci fosse stata una ripresa del contagio a capodanno. Senza vaccini ma con le sole misure di lockdown la retta violetta ci dice che avremmo potuto raggiungere l’obiettivo ai primi di aprile o in questi giorni, invece la curva ha ripreso a crescere proprio in coincidenza con la fine della crisi di governo. Proprio quella fase di incertezza politica e di polemiche ha allentato la tensione collettiva determinando la terza ripresa del contagio e della morti. A questo punto, anche se la decrescita avesse la stessa velocità della seconda frenata come ho indicato ottimisticamente con la retta arancione, l’obiettivo di 50 decessi medi per una settimana è raggiungibile non prima della fine di giugno.

Ovviamente ci sono anche altre variabili che potranno essere considerate per decidere quando riaprire e cosa riaprire ma il caso della Sardegna non può che raffreddare le migliori intenzioni. Con poco anche situazioni apparentemente risolte possono degenerare e scatenare una diffusione incontrollabile.

E qui ritorno alle responsabilità dei media e dei giornalisti: è evidente che senza il mantenimento delle precauzioni anticontagio (distanziamento, mascherina, lavaggio mani) il solo vaccino non funziona.

Come è altrettanto ovvio che, non appena i contagi saranno diminuiti sensibilmente al punto da consentire nuove graduali aperture, occorrerà ripartire con il tracciamento, che sia il programma Immuni o un nuovo programma o task force specializzate diffuse sul territorio, occorrerà dare la caccia al virus, anche ai piccoli focolai e applicare vere quarantene controllate e ferree.

Caro Draghi, devi spiegare ai ristoratori e ai gestori dell’intrattenimento di qualsiasi tipo che sul piatto della bilancia ci sono due soluzioni: da un lato le chiusure come accade ora, dall’altro il rispetto ferreo e controllato delle regole.

Caro Draghi, dovrai spiegare che, se gli italiani non vogliono vedere in giro troppe divise e troppa repressione, devono organizzarsi perché le regole siano spontaneamente rispettate, che se si deve stare in quarantena lo si faccia senza mezze misure. Devi spiegare alle associazioni di categoria, in particolare a quelle più danneggiate ed arrabbiate, che si devono dotare anche di propri protocolli e di propri sistemi di controllo per isolare coloro che con comportamenti inappropriati danneggiano le rispettive categorie.

Caro Draghi, rivela ora i valori soglia che devono essere raggiunti e aggiungi un nuovo parametro: il numero di istallazioni di Immuni necessario per riaprire. Se comandassi io renderei l’istallazione obbligatoria per tutti coloro che posseggono un telefonino adatto, ma un liberale come Draghi potrebbe accontentarsi dell’80% di adesioni volontarie dopo una seria e sistematica promozione presso i cittadini.

Sì perché se vogliamo tornare al ristorante dovremo impegnarci tutti. I nemici dei ristoratori sono coloro che in queste ore stanno gridando alla riapertura senza se e senza ma, lo dico per chi non avesse ancora capito come la penso.



Categorie:Immuni, Politica, Vaccini

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2 replies

  1. Grazie! Oggi ho fatto alla Nuvola la mia prima dose di vaccino.
    Ho visto un grandissimo e ordinato lavoro, gentilezza, ascolto e competenza.
    Sono tornata a casa un po confortata, anche se la realtà è sempre più dura e complessa.
    Comunque, andiamo avanti con coraggio e molta attenzione.
    Un saluto! ☀️

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  2. Grande Raimondo, ragionamento articolato e supportato da argomentazioni legate all’analisi dei dati e capaci di trasformare una tua giusta arrabbiatura in proposte che nessuno pensa. Immuni fra tutte. Anche io vedo le stesse trasmissioni. Barca dovrebbe essere più presente. L’ultimo Reporter con l’attacco tangenziale alla Boschi è stato immediatamente censurato.

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