Qualcuno sulla rete mi ha detto che soffro di manifesta idiosincrasia per certi personaggi che popolano il dibattito sulla pandemia. Effettivamente, come ho spesso confessato anche nell’ultimo post, reagisco forse in modo eccessivo a personaggi e a tesi che non condivido ma francamente credo di avere buone ragioni.

Cominciamo dai virologi star dei media che ormai sono una presenza fissa nei dibattiti televisivi come oracoli che divinano il futuro e giudicano severamente chi non la pensa come loro e in genere il potere politico. Interessante notare che ogni talk show ha il suo esperto di riferimento che ha seguito sistematicamente le vicende della pandemia, nulla di male, salvo il fatto che l’esperto assume una autorevolezza commisurata allo share della trasmissione e quindi declina la sua posizione tenendo chiaramente d’occhio il contesto culturale e politico che segue la trasmissione o l’editore, diventa un personaggio buono anche per fare la pubblicità, magari per cause nobili come la raccolta fondi per la ricerca. Non è più un esperto neutrale ma parte in causa, quasi sempre molto critico con la gestione generale della vicenda. Inoltre assorbe dal contesto giornalistico una sorta di irresponsabilità, di immunità legale che normalmente viene riconosciuta al giornalista nell’esercizio del suo mestiere. Questo vuol dire che mentre il CTS è riunito per discutere se e come sospendere la somministrazione di AstraZeneca la Viola in televisione dice di fronte a un vasto uditorio che lei sospenderebbe la somministrazione per una settimana almeno. Mi riferisco alla prima sospensione che ha creato senza costrutto un grande scompiglio iniziando quella denigrazione di AZ che si è conclusa in questi giorni. La Viola continua dalla Gruber a esprimere pareri di politica sanitaria, dare giudizi e valutazioni con una autorevolezza che non corrisponde a nessun titolo formale riconosciuto. Si noti che questi esperti sono virologi o microbiologi e non esperti di epidemiologia o di sanità pubblica o di sociologia delle masse impaurite.
Il mio interlocutore che mi ha attribuito una forma di idiosincrasia si riferiva alla polemica di questi giorni sul virologo Crisanti. Vero, nei suoi confronti ho reazioni da orticaria ma lui incarna meglio di altri questa deriva del ruolo dell’esperto in una contesto massmediatico. Sostenevo che Crisanti ha un conto aperto con l’Accademia e il suo curricolo lo giustifica ampiamente: per molti anni lavora in Inghilterra, si occupa di virus nell’ambito delle popolazioni delle zanzare, ma solo da pochi anni ha avuto una cattedra a Padova essendo un romano. In molte battute sui suoi colleghi e sul CTS si sente che non è sereno. In questa pandemia ha fatto il battitore libero venendo alla ribalta con lo studio a Vo’ in cui realizzò un censimento su tutta la popolazione della città mediante tamponi, esperienza che ha fissato un imprinting implicito sulla metodologia di ricerca da usare successivamente: censimenti sistematici e capillari mediante tamponi, conoscenza esatta del fenomeno anche nei dettagli. (Posizione ripresa e rinforzata da alcuni statistici che per mesi hanno accusato il sistema di fornire dati imprecisi ed inattendibili autorizzando il popolino a pensare che fossero errati o addirittura falsi, compresi i carri funebri dell’esercito). Conoscere i dati è stata la cifra di Crisanti nel momento in cui ha affermato che non si sarebbe vaccinato se non fossero stati forniti i dati della sperimentazione. Così Crisanti è entrato di forza nel circo mediatico delegittimando gli enti regolatori e scandalizzando molti cittadini che speravano nella imminente distribuzione dei vaccini. Quell’episodio ha provocato un danno grave di cui lui non ha dovuto rispondere perché ovviamente ha dialetticamente corretto le sue dichiarazioni aggiungendo che valevano solo nel momento in cui i dati non erano stati ancora pubblicati. Questo evento sarebbe sufficiente per una radiazione da una comunità scientifica che gestisce la sanità pubblica. Da quel momento nasce la mia idiosincrasia, antipatia per Crisanti che si è successivamente rinforzata nel momento in cui la seconda ondata stava assumendo caratteristiche identiche alla prima, affermava che ormai il programma Immuni non serviva a niente. Questo nel momento in cui altri paesi oltre ad assumere le misure restrittive per la mobilità reinvestivano in programmi di tracciamento simili ad Immuni. Anche in questo caso una componente emotiva influiva nel suo giudizio: era arrabbiato perché un suo progetto per valorizzare l’uso di Immuni non era stato preso in considerazione. Silurato dai politici o dai suoi colleghi del CTS? vai a sapere.
Venerdì scorso in un altro momento delicato di questa guerra il nostro accredita l’idea che il CTS proceda a casaccio senza una rigorosa procedura di verifica scientifica delle sue scelte, in particolare la decisione di sostituire AZ con un vaccino mRNA nella seconda somministrazione non si fonderebbe su alcun dato sperimentale. In senso stretto la cosa è forse vera ma l’esperto tralascia di ammettere che altri paesi da mesi stanno praticando tale scelta senza danni e che studi sono in corso con risultati preliminari che addirittura sembrano indicare che la memoria immunitaria a livello di midollo sia attivata meglio. Un esperto vero che si senta responsabile della comunità cercherebbe di spiegare le motivazioni delle scelte del CTS senza stigmatizzare troppo le evidenti incertezze dovuto alla aleatorietà e la dinamicità di tanti fattori che incidono sulla gestione dell’epidemia. Certamente bisognerebbe riconoscere che il fattore tempo è decisivo e che quando si deve decidere in fretta si può sbagliare salvo correggere appena possibile.
L’elenco dei personaggi che mi provocano l’orticaria è lungo ma ne parlerò in un prossimo post.
Categorie:Social e massmedia, Vaccini
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