Pastorale americana

All’inizio della guerra in Ucraina, tre mesi fa, tra le tante cose che ho cercato di leggere per capire, sono incappato in un bellissimo articolo che rilanciava il libro di Philip Roth Pastorale americana e proponeva la vicenda del protagonista Seymour Levov ‘detto lo Svedese’, come chiave per capire la dissonanza cognitiva provata dall’Occidente di fronte alla tragedia ucraina.

Difficile ammettere che questo atto crudele e insensato di Putin abbia una qualche coerenza con il quieto vivere delle democrazie liberali occidentali. Preferiamo immaginare che la follia abbia preso il sopravvento come Levov non sa darsi pace e non capisce come mai sua figlia Marry diventa una feroce terrorista ed annichilisce seguendo un credo religioso estremista che la porterà alla morte. Levov non accetta le sue responsabilità e per questo è incapace di aiutare la figlia.

Avevo iniziato tempo fa a leggere il romanzo ma l’avevo abbandonato dopo poche pagine poiché mi ero perso in un racconto che non mi aveva coinvolto. L’ho ripreso in mano decidendo di rifare un nuovo tentativo avendo come motivazione quella di capire meglio quanto l’articolo sosteneva e soprattutto di capire il significato di dissonanza cognitiva. Anche questa volta ho fatto fatica perché invecchiando non solo la vista diminuisce ma si indebolisce anche la capacità di tenere a mente un racconto molto complesso pieno di personaggi a volte solo abbozzati, personaggi che spesso ritornano dopo molte pagine in altre circostanze attraverso riflessioni che ne tratteggiano meglio il profilo; spesso sono tornato indietro per ricercare allusioni e battute che mi erano sfuggite o che avevo dimenticato.

Come tutti i capolavori, le dimensioni evocate dal racconto sono molteplici e non si limitano all’analogia politica con la guerra in atto e con il disagio che noi tutti proviamo. Il centro della tragedia personale e familiare che rompe e distrugge la serenità pastorale della famiglia Levov si verifica come effetto della contestazione della guerra del Vietnam, dei disordini razziali che misero a ferro e fuoco molte città americane e delle incongruenze nell’educazione dei giovani che non consentivano di fondere visioni religiose diverse in matrimoni di coppie miste, in questo caso di un ebreo con una cattolica irlandese. Un settantenne come me nella lettura del romanzo rivive molti aspetti della propria giovinezza e del rapporto con la propria famiglia identificandosi sia con la figlia ribelle, quasi mia coetanea, sia con Levov ‘lo svedese’ del quale si tratteggia l’intera vita fino al suo naturale epilogo. Lettura faticosa ma certamente molto utile per scavare e capire il valore delle propria vita.

L’analogia proposta dall’articolo tra Marry e Putin e tra Levov e l’Occidente aiuta forse a capire ma non ci rassicura.

Anche gli attuali dibattiti così animati tra pacifisti e non, tra putiniani e antiputiniani, sono il sintomo di una difficoltà profonda che l’articolo di Gianluca Didino aiuta a capire. Ne cito solo un piccolo brano rimandando a tutto il testo dell’articolo se avete voglia di approfondire.

Questo non vuol dire naturalmente che l’Occidente si meriti Putin – e ancora di meno che la popolazione ucraina si meriti la sua folle, orrenda guerra. Ma Putin, come tanti altri dei nemici dell’Occidente eletti a turno (Bin Laden, Gheddafi, Saddam Hussein solo per menzionarne alcuni tra i più recenti) non è comparso dal nulla come un cattivo dei fumetti. Putin è quello che nel 2002, vent’anni fa, non si faceva scrupoli a uccidere 130 civili russi nel teatro di Dubrovka per piegare la resistenza cecena, che ha ordinato l’omicidio di Anna Politkovskaya, che in Siria sparava contro la popolazione in fuga nei corridoi umanitari, che ha invaso l’Ucraina già una volta nel 2014, che ha interferito con le elezioni americane del 2016 e con il referendum di Brexit, che a più riprese nel corso degli anni non ha esitato ad avvelenare dissidenti in territorio occidentale, che da anni lavora in maniera aperta per destabilizzare non solo le democrazie europee e americane ma il concetto stesso di democrazia. Perché ci stupiamo del fatto che abbia invaso un paese sovrano, e che stia combattendo una guerra sporca, spietata, nichilistica, senza rispetto per le norme internazionali o per la vita umana? Perché sembriamo sconvolti dall’ipotesi che minacci di usare armi chimiche o addirittura la bomba atomica – o persino se dovesse usare veramente armi chimiche o la bomba atomica?

Ogni volta che crolla un pezzo dell’idea di Occidente nata dopo la fine della seconda guerra mondiale mi viene in mente lo svedese di Roth e la sua incapacità di comprendere la realtà del mondo che lo circonda.



Categorie:Libri letti, Ucraina

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1 reply

  1. Per me Pastorale americana è uno dei libri più belli, in genere poi Ph.Roth mi piace tutto. Hai letto Morin su Robinson di oggi? Vittoria

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