Poco prima dei prossimi ballottaggi elettorati, ieri è accaduto un fatto che avrà un’influenza rilevante nel dibattito politico sulle regole elettorali nelle future elezioni del parlamento.

Di Maio, ex capo politico dei 5 stelle, attuale ministro degli esteri è uscito dal suo partito e intende aggregare un nuovo gruppo parlamentare in vista della creazione di una nuova forza politica. Tutto parte dai contrasti con Conte, diventato nuovo capo del movimento, e dalla questione della non candidabilità di coloro che hanno già avuto due mandati. Sembrava che si profilasse una via d’uscita per non perdere quei parlamentari grillini che si erano dati da fare e che avevano dimostrato di saper fare ma Grillo, dall’alto del suo castello del blog, ha decretato che questa regola del movimento fosse inderogabile e che quindi l’attuale ministro degli esteri, anche se avesse fatto miracoli in questi mesi, non avrebbe potuto ripresentarsi alle elezioni.
E’ incredibile che un comico in disarmo, un privato cittadino, possa destabilizzare un governo mettendo in difficoltà direttamente il ministro degli esteri semplicemente con un post sul suo blog. Questa è la conferma di quanto siano potenti i media che fanno e disfanno carriere personali e successi elettorali di formazioni e gruppi, d’altra parte quando gli storici ricostruiranno come si sia arrivati allo gnommero ucraino dovranno analizzare il ruolo dei media nel lancio di un personaggio come Zelensky. Ma torniamo a noi.
Cosa implica tutto ciò per la questione della scelta di una nuova legge elettorale?
La progressiva disgregazione del sistema politico, in particolare delle forze del centro e della sinistra, rafforza il CDX proprio perché l’ipotesi del campo largo avanzata da Letta ora sembra superata se cercasse di aggregare al suo interno due forze che si stanno scindendo e stanno litigando. Se Di Maio e i suoi si spostano al centro e se Calenda e Renzi perdoneranno i loro peccati di gioventù e, superate le pregiudiziali contro il grillismo, accetteranno i nuovi amici nella schiera composita di un nuovo variopinto centro moderato, Insieme per il futuro, con l’attuale legge elettorale si avrebbe di nuovo un parlamento tripolare senza maggioranza precostituita, esattamente come accadde nel 2018. Con l’aggravante che la forza più grande tra le tante sarebbe quella di Fratelli d’Italia, se il PD non trova il modo di esercitare una chiara e convincente leadership a sinistra che superi l’indistinta idea del campo largo.
L’uscita di Di Maio dal M5S è l’ultimo atto di un processo di dissoluzione delle formazioni e delle alleanze che si sono presentate alle elezioni: il sistema elettorale semi maggioritario appare ormai incapace di generare maggioranze parlamentari che reggano alla prova di cinque anni di legislatura e inquina con alleanze spurie e incoerenti il messaggio che arriva agli elettori i quali votano alla cieca, sulla base di slogan generici e inconsistenti scegliendo personaggi che non conoscono se non per un’immagine stereotipata veicolate dai media. Di Maio ha tutto il diritto di muoversi nelle pieghe dei gruppi parlamentari, di candidarsi in altre formazioni se il suo partito lo emargina o lo danneggia ma questo parlamento in cui centinaia di parlamentari cambiano all’improvviso casacca e fondano un nuovo partito a nemmeno un anno dalle elezioni è un minestrone riscaldato che non ci rappresenta più. Staremo a vedere. D’altra parte nel 2018 pochi potevano prevedere una pandemia, una guerra, l’inflazione, la siccità, le cavallette … l’apocalisse. Preferisco credere che Di Maio si muova per il bene del paese e non per la conservazione della cadrega. Preferisco vedere il bicchiere mezzo pieno: che questo sia il colpo di grazia per un esperimento politico che gravi danni ha arrecato al nostro paese.
Ed ora aspettiamo i risultati definitivi delle comunali.
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Categorie:Politica
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