In memoria di Ennio Draghicchio. La valutazione scolastica

L’ IPRASE di Trento,  per  onorare  la  memoria  di  Ennio  Draghicchio che ne è stato per molti anni direttore, ha promosso oggi a Rovereto un seminario sul tema :

Ma  i  ragazzi  capiscono?  Ennio  Draghicchio  tra  biografia  istituzionale  e  transizioni istituzionali

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in  cui  il  pensiero  e  la  pedagogia  di  Draghicchio  dialogano  con  le  sfide  della  scuola contemporanea, attraverso il contributo di esperti nei temi di cui aveva anticipato la centralità tra cui  la  valutazione,  l’insegnamento  delle  lingue  straniere,  l’educazione  alla  cittadinanza. Il seminario segna l’uscita del volume “Costruire  un nuovo curricolo. Saggi in onore di Ennio Draghicchio”.

Avendo avuto la fortuna di collaborare con lui, mi è stato chiesto un breve contributo sulla valutazione scolastica.

 

Riporto qui le conclusioni del mio contributo.

Valutazione a scuola

cambiamenti di scala e punti di vista

(……)

Il punto di vista degli attori e la complessità

Dopo le torri gemelle, dopo la crisi economica del 2008 la visione planetaria e progressista dell’OCSE è offuscata da un nuovo clima di scontro di civiltà, da una nuova e più spietata competizione economica legata alla finanza. In questo quadro la scuola, tutte le scuole in giro per il mondo, hanno in parte perso la loro funzione di inclusione e promozione sociale per assumere un ruolo più attento ai risultati, alla selezione di nuove élite, alle competenze spendibili nel mercato del lavoro che diventa però evanescente. La valutazione appare sempre meno come uno strumento di conoscenza per il miglioramento e l’inclusione e assai di più come un momento per selezionare, per certificare, per discriminare. Gli oggetti della valutazione non sono più solo gli studenti, presi singolarmente o a gruppi, ma sono anche gli stessi docenti, le scuole, i dirigenti e su scala più vasta gli stessi paesi e i loro sistemi educativi.

La valutazione in senso lato si è trasformata da low stakes  in high stakes, da approcci morbidi, senza conseguenze sanzionatorie, ad approcci più duri in cui la posta in gioco è più stringente e a volte penalizzante. In questo quadro sono proprio i docenti i più confusi in quanto molte procedure di verifica ‘oggettiva’ sono introdotte per controllare la qualità della loro valutazione (test oggettivi INVALSI negli esami di Stato) o anche per valutare indirettamente la loro professionalità. La diffusione capillare di test oggettivi a tutti i livelli ne ha consacrato l’uso nelle selezioni del personale docente e direttivo, negli accessi alle università, nell’accesso alle professioni.

La difficoltà che ora si sta vivendo rispetto all’uso di prove fortemente strutturate consiste proprio nella confusione spesso presente tra i vari livelli di analisi, cioè dalla scala usata e del punto di vista di chi legge i risultati. La sensazione è che questa difficoltà sia alla base un riflusso dei singoli docenti a livello di pratica didattica in classe verso forme di accertamento molto tradizionali e verso criteri di giudizio piuttosto superati, più adeguati a una società elitaria e statica.

Poter variare il punto di osservazione non semplifica la complessità poiché consente di apprezzare aspetti sempre nuovi della realtà.

Ad esempio il punto di vista della spendibilità dei risultati dello studio a scuola nel mondo del lavoro ha posto al centro dell’attenzione dei programmi e della valutazione le competenze il cui accertamento è richiesto formalmente nelle nuove certificazioni finali degli esami di Stato. Per l’accertamento delle competenze le strumentazioni affidabili a disposizione dei docenti e dei selezionatori del personale sono del tutto carenti. Ciò ha motivato il ritorno a forme olistiche di accertamento non sempre di adeguata affidabilità. Addirittura in molte prove selettive per l’accesso a concorsi o all’università si rinuncia a verificarne la validità predittiva per accontentarsi di semplici graduatorie che premiano i più studiosi o i più abili nella compilazione di prove di cultura generale con risposte chiuse.

Più recentemente l’introduzione di forme di valutazione in itinere della carriera dei docenti, non avendo chiarito a sufficienza il costrutto teorico su cui basare le ‘misure’, si affidano a criteri di giudizio fissati da comitati di pari eletti nelle scuola. In questo caso sembra che tali procedure di valutazione della professionalità docente finalizzate alla assegnazione di premi economici stiano minando il clima di collaborazione ed alimentando relazioni conflittuali e competitive tra i docenti. L’esatto contrario di quanto Draghicchio cercava di fare con la sua comunità di docenti e presidi dei quali valorizzava le occasioni di incontro e di collaborazione.

Soprattutto sembra affievolirsi una cultura della valutazione a scuola come occasione di valorizzazione di ciò che ciascuno può nel suo piccolo apportare alla costruzione di senso della comunità scolastica: è evidente il contrasto tra le graduatorie di classe o tra classi o tra scuole che annualmente arrivano dall’INVALSI e la cura di alcuni docenti che cercano di capire quanto ognuno può dare, cercano di scoprire gli ostacoli che ogni studente incontra sia sul piano cognitivo sia sul piano affettivo perché possano essere superati.

Lisbona Brexit

Nel 2000 a Lisbona l’UE fece una promessa a se stessa che ha molto a che fare con il nostro discorso sulla valutazione.

L’Unione si è posta oggi un nuovo obiettivo strategico per il prossimo decennio: l’obiettivo di fare dell’Unione lo spazio economico più competitivo e dinamico del mondo basato sulle conoscenze, uno spazio economico che sia in grado di promuovere una crescita economica duratura con più e migliori posti di lavoro e una maggior coesione sociale.

Sappiamo purtroppo che quella sfida è in parte fallita, la conoscenza, la cultura hanno scelto continenti nuovi e la competizione economica ci ha visti arrancare dietro a paesi che crescono al 7% annuo. Difficile parlare di una singola scuola e di una singola classe senza considerare il punto di vista globale, la scala planetaria in cui ciascuno di noi è inserito. Un colpo che avrebbe intristito Ennio Draghicchio è l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione: per decenni il sistema scolastico anglosassone, i suoi sistemi valutativi sono stati un modello per molti degli innovatori in Italia, questo contrasto, non ancora risolto, ci porta a riflettere anche sulla valutazione a scuola, sulla possibilità che conoscere meglio e più da vicino i processi della crescita culturale e delle competenze come anche del sistema valoriale dei nostri giovani possa assicurare sistemi formativi efficaci capaci di costruire benessere e qualità della vita.



Categorie:Cultura e scuola, Valutazione

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