Levata di scudi

Nonostante il titolo che ricorda le tematiche militaresche prevalenti di questi giorni, oggi vorrei distrarmi dai pensieri gravi sulla guerra tornando a scrivere su ciò che mi ha occupato per molti anni della mia vita, la scuola e il problema della valutazione.

In questi giorni c’è una levata di scudi contro le prove di concorso Computer Based, i cosiddetti quiz, che stanno falcidiando le migliaia di concorrenti impegnati nel concorso ordinario a cattedre della scuola primaria e secondaria. Dico subito che non seguo più la questione, sono undici anni che sono via dalla scuola e lascio la parola ad altri che sono in trincea. Tuttavia, la consegna del silenzio non mi impedisce di pensare e di fantasticare e, come i miei lettori sanno, fantasticare e progettare mi piace molto, lo trovo un esercizio mentale utile agli anziani come me, per poter pensare positivo.

Intanto come sempre accade, della scuola si parla sempre e solo per rilevare problemi e scandali. Effettivamente che in un test ‘oggettivo’ pensato per selezionare i futuri docenti sia ammesso solo il 10% circa mentre il resto viene respinto senza appello è certamente una notizia scandalosa: o il 90% dei laureati italiani non merita di insegnare nella scuola perché ignorante, e questa sarebbe una condanna senza appello per la formazione universitaria, oppure il test utilizzato non è adatto a selezionare il nuovo personale perché è fatto male o è applicato male. Ovviamente l’Università dirà che è tutta colpa del test, o meglio dei test quiz che non possono rilevare le competenze utili per diventare docenti e allora occorre mettere a punto forme nuove di accertamento di tipo aperto, guarda caso le vecchie prove scritte a forma di tema. Ma allora si torna a lungaggini infinite e a valutazioni molto criticate dal punto di vista della affidabilità.

Il ministro fa il pesce in barile puntualizzando che non sono state scelte sue e promette un concorso annuale per chi ora è escluso.

Si riapre un vecchio dibattito sulla tipologia delle prove di valutazione e sul ruolo della valutazione stessa. Non ripeto quanto ho avuto modo di scrivere su queste tematiche sul mio blog, basta inserire nel campo di ricerca la parola valutazione o test per trovare i miei vecchi post.

Ora mi preme puntualizzare un dettaglio e poi vagheggiare un nuovo sistema di gestione delle cattedre dei docenti.

Forse sfugge ai più che la soglia per essere ammessi all’orale era fissata in 70 punti su 100 cioè occorreva aver superato il 70% dei quesiti (non so quanti fossero i quesiti né conosco l’algoritmo di calcolo del punteggio se ad esempio fosse prevista una penalizzazione per il guessing ma poco importa).  Tutto fa pensare che i test non fossero standardizzati su una popolazione di riferimento per evitare che fossero già noti. Probabilmente gli estensori degli item avranno calibrato a spanne le singole difficoltà su un valore medio e nella composizione del test avranno inserito quesiti facili e quesiti più difficili per avere una distribuzione del punteggio normale con media intorno a 50 e scarto circa 10. Immagino già il commento dell’esperto che mi dirà che il mio ragionamento è molto rozzo e superato. Lo so, ma vorrei che anche un cittadino normale mi capisse. Ebbene chi ha fissato in 70 la soglia per essere ammessi non ha stabilito che quella fosse una soglia di sufficienza ma un livello abbastanza elevato per una scrematura di pochi casi da valutare all’orale tenendo conto del  numero dei posti disponibili e della necessità di far presto per effettuare le nomine a settembre. Quindi la falcidia era programmata e ora non va letta come una evidenza empirica per dire che i nostri laureati sono dei caproni.

In qualche disciplina può essere successo che nel comporre il cocktail degli item più o meno difficili siano stati introdotti troppi item difficili e quindi la percentuale di coloro che hanno superato il 70 punti è troppo bassa, addirittura inferiore al numero dei posti disponibili.

Allora come fare se non si ha il tempo di calibrare bene i test in tempi così ristretti? Basta non fissare la soglia a priori ma stabilirla a posteriori. Facciamo un esempio. Se i posti a concorso sono 30 per una certa materia e per una determinata regione si può decidere che siano ammessi alla prova orale, ad esempio, il doppio dei posti disponibili e allora sono ammessi i primi 60 nella graduatoria del test e il punteggio più basso degli ammessi potrebbe essere 80 come anche 55 a seconda delle difficoltà del test. La commissione avrebbe modo di effettuare le prove orali rapidamente ed in modo accurato. L’esito finale del concorso potrebbe essere un punteggio che sia una opportuna ponderazione del voto di laurea, del punteggio nel test e della prova orale. I primi 30 della graduatoria finale saranno assunti in ruolo.

Visalberghi quando presentava e proponeva l’uso dei test a risposta chiusa nelle scuole insisteva sul fatto che si dovessero preparare al meglio, e spiegava come farlo, ma aggiungeva anche che il motivo fondamentale per usarli era che si risparmiava tempo a tutto vantaggio di una didattica più ricca e motivante. In questo caso anche usando test quiz con i mille limiti che tutti sappiamo, possiamo svolgere  meglio gli orali ma  pur essendo tutte le misure, anche gli orali, imprecise combinando tre misure indipendenti, il voto di laurea, il test e l’orale con i pesi opportuni la graduatoria che si può ottenere sarà accettabilmente affidabile. Quindi non fissare una soglia a priori ma ammettere all’orale un numero di candidati gestibili bene dalla commissione.

Ed ora veniamo al mio vagheggiamento sulla gestione delle cattedre degli insegnanti. Siete esentati dal proseguire se siete stanchi.

All’origine delle molte difficoltà presenti nella gestione della selezione del nuovo personale c’è l’arcaica gestione dell’assegnazione delle cattedre. Fondamentalmente tutto il sistema si regge sulla certificazione cartacea che tramite una complicatissima catena di responsabilità deve annualmente far evolvere la pianta organica seguendo le variazioni demografiche e le scelte più a meno alla moda dei corsi di studio, popolarla del  personale che cambia annualmente con ingressi e uscite dell’ordine di decine di migliaia di docenti, giorno per giorno tappare i buchi generati dalle malattie e dalle assenze del personale. Il problema è complicato da una serie di rigidità formali che, dovendo garantire diritti individuali e rispettare vincoli posti dalle risorse e dalle regole burocratiche, rende la vita impossibile soprattutto ai giovani che vogliono entrare nel sistema per lavorare. Convivono graduatorie valide per qualche anno, concorsi su posti che svaniscono se non si procede celermente, necessità che non possono essere soddisfatte in tempo reale, penso a certe supplenze. Ad esempio, quando facevo il preside la formazione della pianta organica richiedeva settimane di lavoro con documenti cartacei che richiedevano timbri e firme di uffici diversi, soprattutto richiedevano delle preiscrizioni molto precoci che non sempre erano confermate in sede di scrutini finali. Spero che ora la procedura sia stata smaterializzata ma rimane lo schema delle preiscrizioni sulla base della quale si costruiscono gli organici salvo modifica ulteriore con gli organici di fatto. Rimangono tuttavia, nonostante grandi progressi nella gestione delle iscrizioni degli studenti che ora è tutta on line, le vecchia tempistica che si basa appunto sullo scambio di documenti cartacei tra famiglie e scuole e tra scuole. Rimane vigente la struttura regionalizzata degli organici che implica concorsi regionali, graduatorie locali, vincoli insopportabili per chi deve scegliere in condizioni di bisogno. Penso al fatto che i candidati devono scegliere la regione in cui incominciare la carriera al buio senza avere adeguati elementi conoscitivi per capire quali siano le regioni più promettenti rispetto a quelle già sature di personale giovane e stabile. Rimangono stupide gabbie per cui i punteggi per il servizio prestato all’inizio, nella fase di precariato, valgono solo per la provincia in cui è lavorato, dove si comincia a fare una supplenza si deve forse restare a vita. Ovviamente le graduatorie esistenti per gestire una tale congerie di diritti individuali e di necessità locali sono decine di migliaia, gestite in autonomia da migliaia di uffici con la sola verifica dell’interesse del singolo di non essere scavalcato da altri.

Ebbene, cosa si potrebbe fare per superare questa situazione? Adottare le tecnologie informatiche della blockchain  che garantiscono di trattare dati ed informazioni certificate in modo sicuro a prova di falsificazioni unite a gestori di data base che siano facilmente accessibili a tutti ed interrogabili come accade ormai in tutti i sistemi complessi quali le banche, i social, le compagnie aeree, le prenotazioni di posti a teatro e nei concerti. Sostanzialmente ci potrebbero essere due sole grandi anagrafiche principali, quella di tutte le cattedre di insegnamento da coprire e quella della graduatoria del personale docente trattato in modo indistinto, precari e di ruolo a livello nazionale. Ogni docente dovrebbe essere caratterizzato da alcune informazioni: almeno dai propri punteggi maturati nel tempo combinando titoli di accesso, titoli di servizio e titoli culturali, le materie che può insegnare e i tipi di cattedra che può occupare. Nell’anagrafica delle cattedre dovrebbe comparire la sede, la disciplina, il tipo (in organico stabilizzato o provvisoria per variazioni della scuola in atto). Se sono un neolaureato di matematica e volessi orientarmi potrei cercare quante sono le cattedre in cui potrei insegnare nella secondaria nella mia città o nel mio quartiere, o in altre città e regioni, ottenere il punteggio minimo di coloro che sulla mia  disciplina hanno ottenuto durante l’anno una nomina o una supplenza, insomma potrei avere elementi per scegliere sensatamente su quale ambito territoriale puntare. Ovviamente in prima battuta con la sola laurea abilitante potrei iscrivermi alla anagrafica generale indicando delle preferenze senza che queste siano poi gabbie vincolanti, con facilità qualsiasi docente dovrebbe poter cambiare le proprie preferenze tenendo conto delle variazioni nella propria organizzazione personale e dei posti disponibili. Appena possibile, se vorrò accedere a cattedre stabilizzate dovrò superare un concorso che per problemi di gestibilità potrà  essere regionale, come quelli attuali, e allora comparirò nella lista con un nuovo punteggio e con la qualifica di idoneo per una o più regioni. Come idoneo potrò vedere come disponibili le cattedre per gli idonei e adattare le mie preferenze alle disponibilità reali.

Intendiamoci, le procedure attuali sono molto simili a quelle da me evocate con la differenza però che la scansione delle scelte possibili è annuale o addirittura triennale e che le scelte avvengono in parte al buio senza sapere se ci sono scelte migliori a disposizione perché in altri contesti ci sono più cattedre più stabili nel tempo.

Un sistema informatico che contenesse in un unico contesto tutte le informazioni utili per coniugare domanda e offerte, che avesse le caratteristiche di una blockchain ovvero di una replicazione su molti nodi affidabili che non fosse violabile ma che fosse accessibile da internet e aggiornabile sia da parte dei docenti sia da parte dei dirigenti scolastici che firmano i contratti, potrebbe funzionare con continuità essendo aggiornato in tempo reale sia dai docenti che cercano un nuovo posto di lavoro o cercano di cambiarlo sia dalle scuole che inseriscono l’informazione che in quel giorno una determinata cattedra è occupabile per n giorni o mesi o che si rende disponibile per il prossimo anno perché il titolare sta andando in pensione.

Ma, caro Bolletta, non vedo il vantaggio di un sistema informativo così complesso, pensa a quanti dati errati verranno inseriti se non ci sono controlli centralizzati di secondo livello! Certamente non sarebbe una transizione semplicissima ma pensate alla gestione dei posti sugli aerei, quanti errori si verificano se non quelli intenzionali dell’overbooking o i disagi dovuti a scioperi o incidenti, pensate alla gestione dei conti correnti delle banche accessibili e modificabili online.

Il vantaggio di un sistema di questo tipo in cui ognuno interroga i dati e decide consapevolmente ha almeno due grandi vantaggi: consente una gestione più umana e accettabile del servizio precario iniziale che serve a tappare i buchi delle supplenze, comunque necessarie, serve a sbloccare anche la gestione delle cattedre dei più anziani che spesso rimangono nella stessa sede di servizio non per convinzione ma perché non sanno se e come ottenere una sede diversa più comoda o più consona alle proprie scelte didattiche. Sì, perché anche avere flussi di personale orientati alle caratteristiche dell’istituto prescelto potrebbe determinare un vantaggio generale per il sistema.

Bene, ho finito di sognare ma aggiungo a conclusione che se oltre alle tecnologie informatiche della blockchain si unisse un po’ di intelligenza artificiale potremmo pensare che questo grande fratello informatico potrebbe prendere le forme di un social in cui ciascuno naviga ed è orientato nelle scelte da analisi della situazione che lo possano aiutare. Ad esempio, una interrogazione interessante per un giovane neofita potrebbe essere: con la mia laurea e il mio punteggio quanto tempo dovrei aspettare per essere stabilizzato senza concorso? In questa città in media quanti giorni all’anno potrei lavorare con delle supplenze temporanee? Domande a cui i giovani che ora sono stati esclusi dal concorso dal test quiz dovranno porsi e che spesso non trovano una risposta documentata nemmeno se vanno a chiedere  al sindacato.



Categorie:Cultura e scuola, Valutazione

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5 replies

  1. ciao. un saluto, dopo un bel po’ di tempo, ed un intervento sulla prima parte delle tue riflessioni.
    non so se tu hai mai avuto esperienze personali dirette di concorsi per docenti. io sì, anche se oramai un quarto di secolo fa, in due diversi concorsi regionali lombardi, quando si facevano ancora senza crocette, ma con elaborati scritti, seguiti dai colloqui, e l’espletamento complessivo delle operazioni durava quasi due anni.
    posso dirti che i livelli di ignoranza e di vero e proprio semi-analfabetismo dei concorrenti erano allora assolutamente inimmaginabili: la fotografia della catastrofe culturale di un paese allo sbando.
    avevo pensato di documentare con un libro, allora, ma non ne ebbi il coraggio: davvero chi non ci mette le mani concretamente non potrebbe credere.
    l’imbarazzo di dover bocciare così ampiamente era veramente forte e, come presidente, ne sentivo il peso e consigliavo alla commissione manica larga; il che non mi impedì l’onore di un attacco in prima pagina sul Corriere della Sera, ma per vicende che hanno dell’incredibile e che non vale la pena di raccontare qui in dettaglio (la bocciatura di una nipote dell’ispettore addetto a vigilare sul concorso, concomitante con un attacco pesante dei sindacati ed il tentativo concertato di spedirmi sotto processo con un tranello della Sovrintendenza che riuscii a sventare fortunosamente).
    il punto cruciale è che già in quel concorso per non bocciare più del 90% dei candidati, come sarebbe stato doveroso, si finiva col mandare in cattedra almeno in parte gente palesemente ignorante o disturbata.

    questo per dire che probabilmente il sistema delle crocette evidentemente elimina soltanto l’imbarazzo e il buonismo e fotografa la realtà nella sua crudezza com’è davvero, dato che non credo che la qualità dell’insegnamento universitario sia migliorata nei decenni successivi.
    ma non credo che sia intrinsecamente sbagliato, se dà questi risultati.
    e del resto le carriere universitarie non sono inquinate da carrierismo, clientelismo e nepotismo? come possiamo pensare che l’università italiana funzioni bene, salvo poche e misuratissime eccezioni?

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  2. Grazie del commento e mi fa molto piacere rileggere i tuoi commenti. Non sono mai stato membro di commissione esaminatrice in nessun contesto, agli esami di maturità ho sempre fatto il membro interno. Confesso che quando andai in pensione rimasi deluso del fatto che il mio nome non fosse stato preso in considerazione per le commissioni di concorso che si stavano costituendo. Vennero nominati dirigenti in servizio attivo che dovettero essere sostituiti nelle loro sedi, un vero spreco di risorse. Anch’io tendo a pensare che la levata di scudi contro questo strumento di selezione del personale sia strumentale sia da parte del sindacato che vedrebbe depotenziato la propria capacità di movimento attraverso lo scontento dei precari (se il sistema agile dei concorsi andasse a regime) sia da parte delle università che potrebbero finire sul banco degli imputati. Nell’articolo non ho detto che in un caso che conosco molto bene un candidato che ha partecipato a due concorsi distinti per la stessa materia per la secondaria di primo e di secondo grado ha ottenuto nei due test due punteggi molto vicini, 74 e 76 segno che almeno quei due test misuravano allo stesso modo e quindi avevano una certa affidabilità. Un solo caso non dimostra niente ma fa pensare. La questione della validità è altra cosa ma se scremiamo gente laureata che poi dovrà superare l’orale possiamo pensare che l’operazione sia più che accettabile. Seconda osservazione: come al solito tu sei molto severo nei tuoi giudizi, io più accomodante. Se penso ai miei colleghi, ai tanti che ho avuto nella mia vita sono convinto che il livello medio è molto migliore di quanto i media e il senso comune dicono. Per fortuna si continua a crescere lungo il corso di tutta la vita e qualcosa si impara. Forse bisognerebbe avere una sistema efficiente per selezionare in itinere i casi dannosi o inaccettabili se non si dispone di validi sistemi per selezionare personale di qualità per quarant’anni di carriera.

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    • grazie dell’apprezzamento.

      trovo strano – e perfino un pochino illegale – che tu, in quanto distaccato, non fossi ammesso alle selezioni delle commissioni esaminatrici dei concorsi – ma, evidentemente, neppure a quelle degli esami di stato finali, visto che dici di averne fatto parte solo come membro interno, e quindi mai come preside o dirigente scolastico, che possono fare soltanto i presidenti; io ho continuato con gli esami di stato, come presidente, anche da pensionato, per i tre anni per i quali era ancora consentito.
      quanto alle commissioni dei concorsi docenti erano formate in prevalenza con docenti che lasciavano la loro scuola per problemi vari; solite storture all’italiana, che mettevano a dura prova le abilità dei presidenti di gestire situazioni dove qualche volta gli esaminatori non erano migliori degli esaminandi.

      è vero che tendo ad essere più radicale di te nei giudizi, ma non vorrei avere dato l’impressione che i miei giudizi negativi sui candidati si estendessero automaticamente anche ai docenti in servizio; evidentemente no, ho avuto tantissimi docenti validi e solo una minoranza di casi alquanto scadenti, ma quasi mai ai livelli dei candidati dei concorsi di cui parlavo, se non per i supplenti, che spesso, appunto, non avevano superato il concorso.
      perché, altra stortura italica, chi viene bocciato a un concorso e non consegue l’abilitazione, non viene escluso dall’insegnamento per manifesta incapacità, ma può continuare ad insegnare, però come precario sottopagato e meno garantito, cioè quasi come servo della gleba.

      si cresce tutta la vita, è vero, ma solo se ci sono delle basi valide; se uno non sa il latino assolutamente, non possiamo aspettare che lo impari facendo l’insegnante.
      credo che un test oggettivo rapido possa essere più che accettabile come strumento per selezionare chi ammettere al colloquio.
      poi bisognerebbe correggere la stortura incredibile dell’immissione in ruolo che in Italia avviene PRIMA dell’anno di prova; in Germania avviene dopo DUE ANNI DI PROVA, con visite settimanali di un ispettore in classe, esame dei registri e dei programmi, relazioni scritte del docente e quant’altro. ecco, semmai una prova scritta potrebbe essere inserita, sotto forma di relazione o riflessione sulla propria attività, proprio in un periodo di prova che preceda l’immissione in ruolo definitiva.

      (parlo di queste cose più volentieri sul tuo blog che sul mio, nel quale da sempre riduco al minimo gli interventi sulla scuola, considerandomi pur sempre esposto personalmente al rischio della sindrome del reduce; che almeno la manifesti fuori casa…).

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      • rispondo a: ‘trovo strano – e perfino un pochino illegale – che tu, in quanto distaccato, non fossi ammesso alle selezioni delle commissioni esaminatrici dei concorsi ‘

        nessuna irregolarità sono incarichi che non ho cercato, anzi ho evitato, solo quando sono andato in pensione ho realizzato che il sistema sciupava delle competenze, non solo la mia, che potevano essere utilizzate senza sovraccaricare di compiti coloro che erano in servizio.

        ‘si cresce tutta la vita, è vero, ma solo se ci sono delle basi valide; se uno non sa il latino assolutamente, non possiamo aspettare che lo impari facendo l’insegnante.
        credo che un test oggettivo rapido possa essere più che accettabile come strumento per selezionare chi ammettere al colloquio.
        poi bisognerebbe correggere la stortura incredibile dell’immissione in ruolo che in Italia avviene PRIMA dell’anno di prova; in Germania avviene dopo DUE ANNI DI PROVA, con visite settimanali di un ispettore in classe, esame dei registri e dei programmi, relazioni scritte del docente e quant’altro. ecco, semmai una prova scritta potrebbe essere inserita, sotto forma di relazione o riflessione sulla propria attività, proprio in un periodo di prova che preceda l’immissione in ruolo definitiva.’

        perfettamente d’accordo

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  3. Caro Raimondo.
    Da dodici anni non sono attivo nel ‘Sistema Istruzione’, anche se ho continuato ad occuparmi professionalmente di Formazione.
    Sulla questione delle verifiche e delle valutazioni, sono convinto che l’inefficacia delle prove non dipenda da errori ‘tecnici’, da sviste (certo, sempre possibili) o sbagli in sede di progettazione e di predisposizione delle prove medesime.
    Dove il sistema fa difetto è nella finalità della ‘selezione’ medesima, che non è mai correttamente né chiaramente dichiarata.
    Veramente, dovrei dire ‘confessata’ ma, non volendo polemizzare, per ora, mi astengo.
    Con l’affetto e la stima di sempre.
    Carlo

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