Le parole e la guerra

Già usare la parola guerra è compromettente perché per alcuni quella dell’Ucraina è una operazione militare speciale. Chissà quali debbano essere i requisiti perché un evento della storia possa essere definito guerra. Ormai nei nostri discorsi dobbiamo specificare di che guerra si tratta, allora nel caso dell’Ucraina parliamo di guerra di liberazione, di resistenza armata, di invasione, di genocidio, di terrorismo, di guerra economica, di guerra guerreggiata, di crisi umanitaria, di pulizia etnica ….

In un post precedente ho preferito titolare con il plurale Guerre perché se si vuol capire questa crisi occorre considerare le mille sfaccettature di una situazione molto complessa che appare diversamente a seconda del punto di vista dell’osservatore.

Ma le parole sono l’espressione di un giudizio, di una valutazione. Per i russi, per Putin, la scelta di scatenare questa operazione militare ha un significato umanitario e quasi nobile in aiuto dei fratelli russofoni che da 8 anni sono in guerra (ops! cercano di liberarsi e di diventare indipendenti dall’Ucraina). Per gli ucraini l’invasione, le violente e crudeli azioni militari dei russi sono una violazione del territorio nazionale del quale da 8 anni gli ucraini hanno cercato di preservare l’integrità a costo di 12.000 vittime ucraine (guerra civile). Una aggressione da parte di un gigante nucleare di una nazione piccola, da sola a resistere, senza alleati combattenti.

L’Ucraina ha però molti amici che ora si stringono maggiormente a lei vista la sua tragica situazione, ma questi non vogliono combattere con le armi sia perché hanno perso la voglia di menar le mani rischiando la propria vita sia perché non vogliono scatenare una guerra nucleare avendo un avversario che mostra di non rispettare alcuna regola che la storia umana ha convenuto perché le guerre fossero contese che preludono ad una pace, magari quella imposta dal vincitore. La convenzione implicita sulla gestione delle guerre è che nessun belligerante sia troppo stupido: l’offesa da arrecare al nemico sia superiore al danno provocato a se stessi. A questo punto possiamo pensare che Putin, decidendo di attaccare, non abbia calcolato i danni che avrebbe provocato al proprio paese ma questo lo rende più pericoloso poiché può premere il grilletto della bomba atomica.

Ci sono in campo anche le guerre economiche che possono provocare danni al nemico paragonabili a un bombardamento aereo, questa è la guerra che gli amici dell’Ucraina hanno dichiarato contro la Russia chiamandola sanzioni, mentre Putin l’ha considerata un atto ostile, una guerra economica in cui lui si sente aggredito.

Come se ne uscirà da questo groviglio? Come possono parlarsi dei contendenti che usano parole diverse per denotare la stessa cosa. Paradossalmente forse la babele delle lingue potrebbe essere d’aiuto.

Putin, visto che sta realizzando una operazione militare speciale con uno scopo limitato, potrebbe accontentarsi di raggiungere quanto ha sempre dichiarato: ha distrutto la struttura militare dell’Ucraina sia per la parte offensiva sia per quella difensiva. Si può ritirare rapidamente da un territorio annichilito senza peggiorare la propria situazione se cercasse di piegare il governo di Kiev sparando sulla popolazione inerme dei civili. Potrebbe ottenere oltre al disarmo dell’Ucraina la sua neutralità per il futuro e chiedere libere elezioni nei territori contesi sotto la vigilanza dell’ONU. Potrebbe contrattare con l’Occidente, oltre alla neutralità dell’Ucraina, il congelamento dell’avanzata della NATO. Tutto ciò non sarebbe una vittoria, visto che non è una guerra, ma certamente sarebbe un successo in una operazione militare speciale, come dice lui.

Se le sanzioni economiche sono intese dagli occidentali come una forma di partecipazione alla guerra, queste dovranno rientrare in un accordo per il cessate il fuoco e per la pace. L’Occidente dovrà dire se e quando le sanzioni saranno ritirate in caso di pace. Ma su questo punto sono meno ottimista. Per molti occidentali, certamente per Biden, le sanzioni sono una punizione inflitta a Putin e alla Russia per una guerra inaccettabile che ha violato le sacre regole delle guerre. Chi tra gli occidentali saprà impostare la questione con sufficiente cinismo da accettare che in tempi brevi si torni a fare affari con una potenza che ha mostrato tanta crudeltà? Eppure, se l’Occidente fosse intelligente, dovrebbe offrire sul tavolo delle trattative proprio il ritiro delle sanzioni, appena i russi avranno ritirato i carri armati.

Ma l’Ucraina potrà accettare di rinunciare alla rivincita e alla vendetta di fronte a un gigante che mostrasse di essere disposto ad una onorevole ritirata? Se in Zelensky prevalesse un sano realismo che lo convincesse che il costo in vite umane e in cose di una gloriosa ed eroica resistenza è eccessivo, potrebbe accettare che l’operazione speciale russa trovasse quel compimento che Putin aveva promesso ai suoi? Se allentasse la tensione ideale della resistenza per firmare un cessate il fuoco e uno status quo incerto cosa gli succederebbe? Oggi ha sciolto 11 partitini, la brigata Azov è viva e vegeta, cosa sarebbe disposta a fare se Zelensky allentasse la presa? Ora la sua persona è una icona di una resistenza eroica ma come potrà gestire la mediazione accettando una dura realtà? Forse un compromesso sarebbe la sua fine politica o peggio ancora.

Se non possiamo usare la parola Guerra forse non potremmo parlare nemmeno di Pace. Infatti tutti discutono su un cessate il fuoco ma per la pace le condizioni sono ancora più difficili e irrealizzabili. Forse dovranno scomparire nel tempo gli attuali protagonisti, quelli che ora sono pervasi da un delirio di onnipotenza. Ancora non è possibile dire chi saranno i vincitori e i vinti, sarebbe un vero miracolo se ci si potesse arrivare senza ulteriore spargimento di sangue.



Categorie:Politica, Ucraina

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