Desiderando la pace 2

Da febbraio non ho scritto più nulla sulla guerra ucraina sia perché le riflessioni presenti in Desiderando la pace rimanevano valide per interpretare gli eventi di questo periodo sia perché altri eventi della nostra politica interna hanno occupato maggiormente la mia attenzione.

Devo ora registrare due riflessioni per me significative. La prima riguarda la dinamica planetaria che questa guerra ha suscitato: alcuni commentatori in modo per me convincente vedono nella guerra civile ucraina che ha scatenato la reazione violenta dell’orso russo una vera provocazione (il Papa ne parlò sin dall’inizio dicendo che l’Occidente aveva abbaiato aggressivamente sulla porta di casa dei russi), provocazione che è diventata una autentica trappola per la stessa Russia. Putin non è riuscito a ottenere gli obiettivi della operazione speciale e si è asserragliato sulla difensiva nei territori contesi logorando le sue risorse umane ed economiche e rinforzando la coesione dell’Occidente in chiave bellicista. La Cina ha atteso che si deteriorasse ulteriormente la situazione ed è intervenuta solo per ricordare che nessuno può vincere e che occorre una soluzione di mediazione che però i due contendenti non vogliono accettare. La Cina sa bene che il suo ruolo egemone cresce nel tempo e quindi si mostra comprensiva e rispettosa delle posizioni di tutti. Gli americani hanno invece fretta perché incombono le elezioni presidenziali e Biden perderà se la guerra si incancrenisse. L’Europa è raggelata dalle imminenti elezioni del parlamento in cui potrebbero essere ribaltati gli equilibri tradizionali a favore degli stati dell’ex unione sovietica. L’Inghilterra sogna un ruolo imperiale autonomo fondato sulla fornitura di armi e su un coinvolgimento sempre più spiazzante per il nucleo storico dei paesi fondatori dell’Unione Europea. Insomma questi mesi di guerra apparentemente a bassa intensità hanno ulteriormente sgretolato antichi equilibri e creato le condizioni per nuove aggregazioni ed alleanze e per nuovi equilibri di forze, alcune alternative possibili sono però apocalittiche.

La seconda riflessioni riguarda il ruolo del Papa. In questo quadro desolante e preoccupante il Papa non si rassegna ad assistere inerme, invoca un qualche miracolo del cielo ma dal cielo cadono solo razzi e bombe. Predica come può nella speranza che qualcuno ascolti e sull’aereo di ritorno dall’Ungheria butta là la notizia che è in atto una iniziativa di pace da parte del Vaticano ma non fornisce dettagli. Zelensky conferma le sue strategie e insiste sull’idea di una controffensiva per respingere i russi fuori dal territorio ucraino: è solo questione di armi appropriate perché l’esercito ucraino e il popolo sanno resistere e non si piegano. Il pacifismo di Francesco rende le cose più complicate e, visto che Zelensky doveva fare una giro in Europa per contare i paesi che sono veramente schierati al suo fianco, incomincia da Roma inserendo la visita al papa che appare subito a chi desidera la pace come il momento centrale che potrebbe accendere nuove speranze o almeno consentire la possibilità di un cessate il fuoco. Ma Zelensky brutalmente ricorda che la pace si ottiene solo con le armi e che si combatterà fino alla vittoria. Una vera umiliazione per un personaggio debole e anziano di cui appare sempre più chiara l’impotenza.

Confesso che un esito così deludente ha spento le deboli speranze che si avvicini la pace. Il Papa messo a tacere? Rinuncerà alla sua predicazione? Certo che contro la convinzione diffusa che concede all’aggredito il diritto di resistenza ma anche di vendetta, il Papa dovrà necessariamente ricordare che il Vangelo dice di porgere l’altra guancia e che prima o poi occorre perdonare il nemico se si vuole una vera pace. Ma temo che questa predicazione sarebbe certamente oscurata dai media.



Categorie:Politica, Ucraina

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