Cambio di regime e media

E’ iniziata una nuova fase della vita politica italiana e del governo di destra presieduto da Giorgia Meloni. Si apre un dibattito pubblico tra maggioranza ed opposizione per definire le caratteristiche del nuovo regime repubblicano in cui uno dei presidenti, quello della repubblica o quello dell’esecutivo, dovrebbe assumere maggiori poteri attraverso l’elezione diretta a suffragio universale.

E’ una vecchia storia. Quando nell’87 un mio amico mi fece notare che Craxi al congresso di Rimini aveva proposto una riforma costituzionale attraverso l’elezione diretta del Capo dello Stato commentai che quando non si è in grado di governare e risolvere i problemi, e allora alla fine dell’inflazione degli anni ottanta si prospettava un periodo difficile dal punto di vista economico, si discute inutilmente su come cambiare le regole. Ricordo distintamente quel momento, persona e luogo, perché rimasi profondamente turbato. Il seguito lo conosciamo, Craxi che in pieno delirio di onnipotenza forse immaginava per sé la più alta magistratura in uno scontro elettorale contro i comunisti radunando i moderati di allora, finì male come tutti quelli che persero tempo a discettare su come migliorare la Costituzione senza riuscirci.

Nel frattempo lo sgretolamento del tessuto sociale ed economico ha indebolito tutti i partiti storici che si riconoscevano in ideologie classificabili in destra e sinistra e generato gruppi di interesse, associazioni, piccole formazioni e movimenti spesso legate a leadership di personaggi emergenti. In questo trentennio un ruolo fondamentale nel creare aggregazione e successi elettorali l’ha giocato l’informazione gestita dai media. Il caso di Berlusconi è lampante ed unico in quanto possiede radio, televisioni, giornali e quant’altro sia in grado di influenzare umori e desideri di grandi masse di cittadini.

Meloni certamente ha costruito il suo risultato elettorale dal basso e nel tempo ma forse una benevola complicità dei media che ci hanno rassicurato sulla sua genuina fede democratica e sulla sua capacità di donna di stato ha contribuito a fare la differenza. E’ forse per questo che ora si affretta a procedere all’occupazione della RAI in forme che ancora non sono del tutto chiare ma che fanno temere il peggio: un monopolio televisivo che unisce le reti berlusconiane a quelle pubbliche in una forma che forse nemmeno nei governi Berlusconi si era vista.

Ma non serve aspettare i nuovi direttori della RAI e i nuovi ancor man perché la metamorfosi dell’informazione televisiva è già avvenuta gradualmente da tempo, sempre più asservita al gradimento del padrone di turno. Basta ascoltare un solo telegiornale RAI per constatare una manipolazione sistematica dell’immagine della realtà piegata a sistematiche campagne pubblicitarie o propagandistiche: alla fine della pandemia sembrava che tutta Italia festeggiasse immemore in continui aperitivi che facevano schizzare il PIL, prima del festival ogni sera un servizio sull’attesa del grande evento di Sanremo, stessa cosa sull’incoronazione del re Carlo, servizi martellanti e ripetitivi sulle sorti della guerra, sull’economia che cresce miracolosamente, sulla mise della Schlein … L’informazione è confezionata come un rotocalco patinato per rassicurare il popolo o educarlo a valori discutibili, a rinforzare paure profonde, a coltivare antagonismi ed odi verso chi è diverso da noi. Così siamo arrivati alla vittoria del centro destra ed ora la Meloni deve controllare direttamente quel complesso mondo di interessi che in modo impalpabile ci ha portato sino a qui.

In questi sei mesi i toni dell’informazione sono diventati più decisi riducendo i chiaro scuri e i colori tipici dei rotocalchi: notiziari da regime, ancora soft e suadenti ma che ci preparano a posizioni più nette. E’ ben documentata l’insistenza delle notizie sul vorticoso attivismo della premier della quale sappiamo tutto e abbiamo le sue immagini in almeno tre o quattro eventi in giro per l’Italia e per l’Europa, la nota giornaliera sul ministro Sangiuliano che inaugura mostre e musei ovunque, lo stesso per i ministri più in vista. Appare una attività del governo instancabile, indefessa per il bene della nazione. e poi i convegni delle corporazioni, commercialisti, banche, Confcommercio, fiere degli agricoltori, mostre enologiche e gastronomiche, poi la cronaca nera che giornalmente si rinnova con nuovi protagonisti in cui la violenza è descritta minutamente meglio se riguarda un immigrato, poi le divise e le formazioni militari, gli anniversari celebrati con sfilate e centinaia di uomini e donne in divisa inquadrati e coperti di fronte a generali e ministri, poi la corte inglese della quale guardiamo con nostalgia e invidia lo splendente luccichio degli ori e delle corone, infine il tifo sportivo presentato come momento di redenzione e riscatto di popolazioni altrimenti immiserito dalla povertà dilagante.

Quindi caro lettore forse non vedrai grandi novità nei telegiornali perché i nuovi format sono già all’opera. Ma forse sono troppo ottimista.

Ma Giorgia Meloni sbaglia se effettivamente crede che controllare i media sia sufficiente: la propaganda ha effetti temporanei sposta qualche punto nel consenso popolare ma alla lunga, come tutte le droghe, porta all’assuefazione e al rigetto.

L’idea di procedere da sola nella revisione degli assetti delle istituzioni democratiche se le opposizioni non collaboreranno è una scelta puerile di chi è nel pieno di un delirio di onnipotenza che proprio quei media che ora blandiscono e rinforzano sono in grado di demolire nel giro di poche settimane. Il popolo italiano conserva al fondo la delusione del fascismo, non tollera un uomo solo al comando, tantomeno una donna, è tendenzialmente ingrato e insaziabile. Se Meloni governerà bene e otterrà ottimi risultati la gratitudine non è affatto assicurata. Peraltro in una società complessa e sgretolata come quella italiana nessuno può fare miracoli che risolvano tutti i problemi, tantomeno un super sindaco a elezione diretta che può sciogliere il parlamento a suo piacimento.

Sintesi dell’articolo redatta da chatGPT

L’articolo parla della nuova fase politica italiana sotto il governo di destra presieduto da Giorgia Meloni e del dibattito pubblico tra maggioranza e opposizione per definire le caratteristiche del nuovo regime repubblicano, in cui uno dei presidenti della repubblica o dell’esecutivo dovrebbe assumere maggiori poteri attraverso l’elezione diretta a suffragio universale. L’autore nota come il tessuto sociale ed economico si sia sgretolato indebolendo i partiti storici e generando gruppi di interesse, associazioni, piccole formazioni e movimenti spesso legati a leadership di personaggi emergenti. Inoltre, l’autore evidenzia come l’informazione gestita dai media abbia un ruolo fondamentale nel creare aggregazione e successi elettorali, come nel caso di Berlusconi che possiede radio, televisioni, giornali e quant’altro sia in grado di influenzare umori e desideri di grandi masse di cittadini. L’autore si preoccupa per il fatto che la Meloni sta procedendo all’occupazione della RAI, temendo un monopolio televisivo che unisce le reti berlusconiane a quelle pubbliche in una forma che forse nemmeno nei governi Berlusconi si era vista. Inoltre, l’autore sostiene che l’informazione televisiva sia già avvenuta gradualmente da tempo, sempre più asservita al gradimento del padrone di turno, e che l’informazione sia confezionata come un rotocalco patinato per rassicurare il popolo, o educarlo a valori discutibili, a rinforzare paure profonde, a coltivare antagonismi ed odi verso chi è diverso da noi. L’autore sostiene che i toni dell’informazione sono diventati più decisi e che i notiziari sembrano quelli di un regime, ancora soft e suadenti ma che ci preparano a posizioni più nette. L’autore si preoccupa che la Meloni debba controllare direttamente quel complesso mondo di interessi che in modo impalpabile ci ha portato sino a qui.



Categorie:Politica, Social e massmedia

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