Prove di forza dentro la destra

La vicenda della nomina dell’onorevole Chiara Colosimo a presidente della commissione anti mafia ha suscitato un acceso dibattito tra gli addetti ai lavori ma rimane per me in parte indecifrabile. E’ ovvio che si tratta di una prova di forza esercitata dalla premier Giorgia Meloni la quale impone una figura il cui merito fondamentale è di essere una giovane tosta molto amica del capo.

Non mi scandalizza che ci siano foto che la ritraggono con un noto terrorista di destra pluricondannato il quale ha scontato la sua pena; anche a me è capitato di avvicinare Mambro e Fioravanti incontrati nell’ambito di un seminario di associazioni di volontari che operano nelle carceri. Certamente mi preoccupata che questo sia un altro passo verso un revisionismo della nostra storia recente che rimuoverà dalla nostra memoria il ruolo dei gruppi neofascisti nelle stragi e negli attentati che hanno insanguinato la nostra democrazia. Ma le idee di Chiara e Giorgia sono note e le loro militanze nel tempo sufficientemente manifeste, nessuno potrà dire in futuro ‘io non sapevo, non avevo capito …’

Ciò che mi colpisce di più è che a presiedere una commissione delicata, di grande valore simbolico e politico, sia una persona troppo giovane senza consolidate competenze giuridiche e gestionali. Ho letto il suo profilo su Wikipedia da cui emerge una tipologia di giovane politico piuttosto diffusa: un percorso di studi lasciato a metà perché la militanza politica offre troppo presto posizioni ben retribuite, un percorso che diventa sicuro allineandosi a mentori potenti che sanno gestire i rapporti di potere. Mi scandalizza che in una posizione così delicata in cui la commissione parlamentare ha poteri di inchiesta che sovrastano o interferiscono con i poteri giurisdizionali di magistrati, con poliziotti e generali sia una giovane che mi potrebbe essere figlia e io so molto bene quanta fatica facciano i suoi coetanei per inserirsi nel lavoro anche con lauree brillanti e con numerosi stage mal pagati e precari. Se sposi il partito vincente un radioso futuro ti è comunque riservato. Sì perché quella poltrona ha anche una indennità ulteriore rispetto a quella di parlamentare.

C’è un secondo aspetto che mi colpisce: la determinazione della Meloni di piazzare una sua fedelissima in quel posto chiave origina dagli equilibri molto precari all’interno della coalizione di destra. La salute di Berlusconi è un problema, è un punto di equilibrio che potrebbe destabilizzare lo stesso governo. Entrambi gli alleati Salvini e Berlusconi devono portare acqua al mulino della Meloni perché convinti o perché costretti. Cosa c’è di meglio del controllo della commissione antimafia? Proteggere il grande vecchio da continui e nuovi attacchi sulla Mafia oppure ricattarlo con documenti e illazioni che nella commissione potrebbero circolare. Insomma controllare la commissione con una fedelissima è una ulteriore pietra angolare per la costruzione del castello meloniano



Categorie:Politica

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