Spread e interessi

Riprendo l’affermazione di Scalfari circa gli effetti dell’abbassamento dello spread sul costo degli interessi sul debito pubblico. A 100 punti in meno corrisponderebbe un risparmio annuo di 16 miliardi.

Questa è una notizia inesatta rivenduta all’opinione pubblica sia per terrorizzare quando lo spread saliva (ogni 100 punti occorre pagare 16 miliardi in più quindi occorre aumentare subito il prelievo fiscale per coprire il costo imprevisto) sia per fare false promesse quando lo spread scende (ci sono 16 miliardi di minori spese disponibili per abbassare le tasse o investire nella crescita).

Nel frattempo Tremonti, che si prepara al rientro,  fa sapere che la media dello spread sotto di lui era 76. Potere del calcolo della media! cancella l’informazione sulla crescita esponenziale che si è verificata alla fine del suo periodo ministeriale. Informazione fuorviante perché suggerisce implicitamente che gli interessi pagati sul debito erano molto bassi quando c’era lui, ma le cose non stanno così.

Come sapete, l’ho pubblicato nel racconto sull’incidente in montagna, la mia famiglia si è comprata il suo debito, siamo 4 quindi circa 120.000 euro di debito pubblico dello Stato italiano. Abbiamo incassato due liquidazioni e lo abbiamo potuto, per fortuna, fare. Appena ho constatato la resistenza degli impiegati di banca ad effettuare le operazioni richieste perché tutte le volte lo sguardo era di commiserazione come se stessi dando fuoco ai miei soldi e sempre mi chiedevano se non preferivo una delle cento forme assicurative per ridurre i rischi di default dello stato italiano, ho gestito il tutto da solo on line per cui ho preso confidenza con i listini e con le loro variazioni.

Vorrei fare qualche esempio per demolire questa fandonia sullo spread. Ho comprato in borsa i BTP in momenti diversi soprattutto quando lo spread saliva banalmente perché i titoli acquistati rendevano di più.

Ad esempio il 14/12/2011 ho acquistato BTP con scadenza FEB 2033 con rendimento nominale del 5,75%. Alla scadenza del titolo prevista per lo 01/02/2033 probabilmente non ci sarò più, ma questo poco importa perché o io o i miei eredi potremo riavere i nostri soldi alla scadenza dallo stato italiano o prima della scadenza da un altro risparmiatore interessato a ricomprarci il titolo. Poiché, quel giorno in cui ho acquistato, lo spread era alto e il rendimento medio era arrivato a circa il 7%, il titolo dal valore nominale 100 era svenduto a 82,6249 con un rendimento effettivo annuo del 7,17%. Attenzione, quel rendimento effettivo non mi è pagato dallo stato italiano che continuerà a pagare il 5,75% fisso fino alla scadenza  ma dal risparmiatore (privato, banca o fondo) che ha svenduto il titolo perché preso dalla paura o perché obbligato da una necessità a vendere. Ma i giornali contemporaneamente dicevano che lo Stato avrebbe dovuto pagare il 7% sul suo debito e che quindi servivamo altri miliardi per coprire il buco.

Ora che lo spread è sceso e che mediamente si torna a ritenere interessante un rendimento intorno al 5,5 % c’è qualcuno che è disposto a pagare quello stesso titolo quasi sopra alla pari ovvero 100,27. Se lo rivendessi ora incasserei la differenza più gli interessi con un rendimento effettivo su base annua di circa il 35%. Anche in questo caso non cambia nulla per lo Stato che deve pagare il 5,75% annuo regolarmente. Quindi lo Stato non risparmia nulla sullo stock che ha già piazzato sul mercato. Può risparmiare o spendere di più sulle nuove emissioni che vengono annualmente rinnovate.

Naturalmente, non essendo troppo avventato, ho acquistato anche BOT con scadenze più brevi e quindi ho seguito anche le aste dei titoli a breve. La cosa che i nostri commentatori pseudoesperti non ci hanno detto con sufficiente chiarezza era che lo Stato continuava a raccogliere fondi pagando a breve poco più del 3% anche quando lo spread stava a 500. Non solo, spesso la richiesta di BOT era superiore all’offerta da parte del Tesoro. Naturalmente i giornali guardando solo al mercato secondario e ai rendimenti crescenti minacciavano la possibilità che, in assenza di compratori dei BOT, non ci sarebbe stata liquidità per pagare gli stipendi degli statali.

Ovviamente i miei acquisti sono stati distribuiti nel tempo e non tutti hanno dato lo stesso risultato, l’esempio che ho riportato è il migliore, quello in cui l’acquisto poteva essere considerato irragionevole poiché lo spread continuava a salire e gli uccelli del malaugurio continuavano a dire che Monti non ce l’avrebbe fatta. Complessivamente però non posso certo lamentarmi. Se vendessi tutto oggi, realizzerei un rendimento netto annuo del 18% e questo 18% non sarebbe pagato dallo stato, che mi paga complessivamente poco più del 4% sul valore nominale dei 131.000 euro nominali che detengo, che però ho pagato sul mercato complessivamente 116.000 euro e che ora valgono comprese le cedole che ho già incassato 132.223,63.

Nelle prossime puntate

Ed ora cosa faccio?  Il sole24 risponde alla mia domanda ma lo commenterò domani

Grato al concittadino di Pistoia

La mezza verità di Tremonti

I giochi di Corsera.

Tieni duro Monti.



Categorie:Economia e finanza, Politica

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