Il primo articolo che avrei voluto scrivere su questo blog doveva riguardare il problema della prevedibilità della crisi finanziaria in cui siamo ancora immersi. Poi il mio amico Luca Sbano mi ha consigliato di leggere un bellissimo libro sulle crisi del capitalismo e mi sono intimidito, per mesi, constatando quanto le mie idee fossero ingenue e poco scientifiche. Poi ho superato questo blocco ed ho cominciato ad intervenire sulla cronaca cercando, nel chiuso dei miei ragionamenti condivisi con pochi amici, di contrastare certe idee fuorvianti e pericolose che si impossessavano dei nostri istinti più immediati. Ora che ho superato il pudore del neofita, cerco di riprendere la prima cosa che avrei voluto dire, senza timore di dire ovvietà o banalità, tanto se ne sentono in giro tante.
Il ministro Tremonti, in uno degli ultimi interventi pubblici internazionali, quando già era in rotta di collisione con l’on. Berlusconi e appariva isolato nella politica del rigore, e quando sembrava che si fosse ormai fuori dalla crisi dei sub prime, tenne una conferenza, a Parigi se non ricordo male, paragonando l’economia a un video gioco in cui in ogni momento si poteva parare davanti un nuovo mostro e in cui quando proprio ti stavi rilassando compariva un mostro più mostruoso di quello che avevi annientato poco prima. Stava riprendendo il suo ruolo di docente universitario e di studioso e dismetteva le vesti del politico che per professione dovrebbe additare prospettive positive corroborate dalla forza della volontà e non stressare con la paura i propri elettori. Forse stava riconoscendo che i duelli, le battaglie, le rivoluzioni si combattono in tempi limitati, poi si passa la mano ad altri. Cito questo fatto come emblematico dell’atteggiamento con cui, a partire dai tecnici super esperti per finire al pensionato, al lavoratore, alla massaia, si pensa al problema della crisi finanziaria: o a qualcosa di imprevedibile e sconcertante difficilmente governabile o a una macchinazione di forze oscure che si accucciano dietro l’angolo e ci aggrediscono sapendo dove colpire.
Effettivamente se l’analisi della situazione viene centrata solo sui meccanismi finanziari, variazione degli indici di borsa, gestione della moneta, rating, spread, derivati, future, swap, fondi pensione e chi più ne ha più ne metta, si ha la sensazione di avere un groviglio così complesso, animato dalle reazioni emotive e irrazionali ed esposto alle macchinazioni di chi dispone di più informazioni e potere, che si rinuncia a capire e ci si abbandona al fatalismo incrociando le dita. I modelli interpretativi e previsionali dei fatti finanziari si rivelano inadeguati a pensare al futuro e con un po’ di sforzo sono solo in grado di spiegare il passato, magari incoronando chi può esibire l’articolo o il libro in cui ‘l’aveva detto’ o chi è riuscito a guadagnare su tali eventi imprevedibili. Come tutti i sistemi ad alta complessità, gli eventi catastrofici imprevedibili si verificano repentinamente, nel giro di pochi giorni e ore per cui chi ha la responsabilità di guidare la macchina risulta spesso inadeguato e impotente. E la catastrofe accade quando si supera il punto di non ritorno in cui non è più possibile rimediare. Scivolare in montagna in un bosco considerato sicuro può farti finire in un burrone in cui non puoi più far nulla. Questo dovremmo ricordare tutte le volte che pensiamo al governo Monti e alla modalità concitata ma perfettamente costituzionale in cui è stato formato.
Ma che succede se invece di parlare di finanza parliamo di economia, se volete, di economia reale? Quale immagine possiamo avere della situazione europea e di quella italiana, quale immagine dell’occidente? I problemi che stanno emergendo sono ascrivibili alle sole distorsioni della finanza speculativa o hanno un fondamento nella struttura della società e della produzione di beni e servizi che servono a milioni di esseri umani per mangiare, riscaldarsi, viaggiare, imparare, divertirsi, curarsi? Il sistema economico è più stabile e prevedibile delle grandezze monetarie e finanziarie che lo rappresentano? Queste domande sembrano ovvie e superficiali ma secondo me, se le prendessimo più sul serio, potremmo capire, spiegare e governare meglio anche le crisi finanziare che stiamo vivendo.
Nel 1972, in coincidenza con la laurea e con l’inizio del lavoro di insegnamento, forse su suggerimento del prof. De Finetti e comunque in quell’ambito culturale, lessi un rapporto del Club di Roma pubblicato da Mondadori. Il club di Roma era costituito da un gruppo di intellettuali e manager animato da Aurelio Peccei che aveva promosso uno studio sl futuro del pianeta che tra l’altro aveva prodotto quel libro dal titolo I limiti dello sviluppo. Fu una lettura scioccante che turbò un’intera estate perché la catastrofe annunciata riguardava l’arco della mia vita probabile. Quel rapporto mi interessò per due motivi: documentava in modo chiaro ed esaustivo un lavoro di costruzione e messa a punto di un modello informatizzato per simulare scenari futuri del mondo, parlava di cose che erano sotto il controllo della scelta dei singoli ma che evolvevano per effetto di andamenti collettivi difficilmente determinabili. Pur avendo frequentato un corso di matematica, queste applicazioni all’economia attraverso la simulazione numerica costituivano una apertura nuova che avrebbe fortemente inciso sul mio modo di presentare e vivere la matematica nei corsi con i miei studenti della scuola secondaria. Ma torniamo alla questione della crescita.
Il seguito ai prossimi articoli.
Categorie:Economia e finanza
aspettiamo con ansia questo seguito…..
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Ci sto lavorando … ma nei racconti ci sono le pause per stimolare la curiosità di chi ascolta. A parte gli scherzi sto rileggendo il libro che ho citato …
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si era intuito…. buongiorno mio caro Prof. e bunoa lettura
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