Riformare, riordinare, destrutturare

Ho provato a leggere per intero la delega fiscale alla ricerca degli elementi innovativi di cui si parla nei dibattiti di questi giorni.

Ovviamente mi sono perso in un testo pieno di buone intenzioni e promesse con riferimenti continui a concetti definiti in articoli di altre leggi. Mi sono chiesto se gli onorevoli parlamentari che l’hanno approvato avessero fatto lo stesso sforzo di comprensione e se, eventualmente interrogati sui mille codicilli di cui è composto un testo di 65 pagine, sarebbero in grado di darne una spiegazione comprensibile da un comune cittadino. Insomma una legge delega che copre tutti gli aspetti del sistema tributario con la presunzione di riformarlo radicalmente ma in cui troppo spesso si promettono vaghe modifiche senza specificare tempi e condizioni di realizzabilità.

In effetti la migliore sintesi l’ha fatta Salvini: vogliamo abbassare le tasse, semplificare le procedure perché pagarle senza incorrere in errori è impossibile. E’ la percezione che noi contribuenti abbiamo normalmente, ci sembra di pagarne troppe e di avere a che fare con un sistema molto complicato e tendenzialmente ingiusto. Peccato che detto così l’obiettivo è irrealizzabile, prima o poi l’imposizione fiscale dovrà in qualche modo aumentare. Eliminare la complessità e la varietà della norme significa riaccendere un ginepraio di richieste e di interessi che nel tempo aveva faticosamente trovato una composizione.

Insomma mi sembra che il parlamento abbia concesso una delega in bianco perché sulla base di quel testo difficilmente si potrà dimostrare che i decreti attuativi delegati saranno o no conformi alla delega. In particolare la delega non sembra delineare, ma forse sono io che non ho capito, una politica economica riconoscibile. Una vera riforma potrebbe ad esempio affermare che un settore economico è incentivato con un prelievo più lieve ed un altro è frenato e penalizzato perché ad esempio danneggia l’ambiente. Storicamente la fiscalità non solo ha finanziato le attività dello Stato, esercito, sanità, scuola, giustizia, welfare in genere ma ha anche orientato le scelte economiche dei singoli, famiglie ed imprese. Ad esempio la detassazione dei lavori edilizi di manutenzione all’inizio serviva a far emergere un nero eccessivo ma nel tempo è diventata la modalità per orientare verso quelle attività risorse ingenti in grado di stimolare la crescita dello stesso PIL. Il bonus 110% è un chiaro investimento che interviene sull’economia generale. Ciò appare ancora più evidente nella scelta effettuata dall’attuale governo di impiegare parte dei fondi PNRR per finanziare lavori dei privati sotto forma di sconti fiscali analoghi ai bonus che inizialmente lo stesso governo voleva abolire perché decisi dai 5 stelle. Ora si è capito che la leva fiscale costituisce una modalità semplice e veloce per spendere fondi che altrimenti richiederebbero procedure pubbliche troppo complicate da gestire. Per quel che ho potuto capire, la delega non è una vera riforma dell’impianto della tassazione ma un riordino, una riscrittura di tanti aspetti specifici che nel tempo richiedono aggiustamenti e aggiornamenti. Ovviamente ben venga una riscrittura che ad esempio tenga conto del fatto che ora disponiamo di strumenti di calcolo, di documentazione e di analisi formidabili, addirittura dell’IA, che nel testo viene citata in più punti, e chiunque, anche da privato cittadino contribuente abbia cercato di compilare la dichiarazione dei redditi si è reso conto di quanto sia complicato e complesso gestire una congerie di casi, di fattispecie giuridiche soggette a interpretazioni incerte. Tale consapevolezza mi fa essere piuttosto pessimista sulla possibilità di riordinare razionalmente in breve tempo senza chiari criteri ispiratori un corpus di disposizioni così esteso. Ammesso che l’attuale maggioranza sia effettivamente ispirata dalle migliori intenzioni.

il timore è che invece di un riordino, in assenza di criteri coerenti, si possa procedere a una destrutturazione, ad un ulteriore sgretolamento segnato dagli interessi corporativi di gruppi sociali e di gruppi economici che, tirando dalla loro parte una coperta corta, la possano definitivamente lacerare. Il sospetto è molto facile visto che questa maggioranza si è aggregata proprio intorno alla difesa di interessi corporativi come quella dei tassisti o dei balneari o a gruppi economici come ad esempio gli agrari e che abbia promesso a interi territori di alleggerire il peso fiscale visto che la progressività delle imposte dirette penalizzava le regioni più ricche a vantaggio di quella più povere.

Nei due anni concessi dalla delega al governo per emettere i decreti delegati l’economia imporrà decisioni non necessariamente coerenti con la delega: già i provvedimenti di questi giorni ci fanno capire che l’emergenza imporrà le sue regole alla faccia della promessa di riduzione delle imposte e della semplificazione.

Dalla pandemia in poi i provvedimenti di spesa e di prelievo fiscale si sono succeduti senza rispettare alcuni criteri base e cioè la necessità di limitare la crescita del debito pubblico e di far fronte al dilagare dell’inflazione. Sembra che la crisi finanziaria e politica dell’11 non abbia insegnato nulla.

segue



Categorie:Economia e finanza

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