In una discussione su Facebook qualcuno si chiedeva se la questione della cittadinanza fosse un tema prioritario per una compagine ministeriale così forte numericamente ma così disomogenea nella sua composizione della maggioranza. Riporto anche qui, nel mio blog, il mio intervento sulla questione.
A parte l’opportunità o meno di sollevare la questione nel fragile equilibrio di questo governo perché l’integrazione degli immigrati è troppo ‘divisiva’, come si dice ora, ma di questo passo potremmo scoprire che il programma delle larghe intese è un insieme vuoto, nel merito penso che la questione sia importante per almeno due ragioni.
La prima è di fondo. Questa società sprofonderà nell’immobilismo, nell’arroccamento e nell’invecchiamento se non si apre alle culture diverse come accade in tutto il mondo. Quando si pensa di scappare da questa nostra realtà italiana qualcuno pensa di andare in Australia cioè in un paese dinamico anche perché multiculturale. I paesi più forti non si identificano con una razza ma con una cultura e la nostra cultura italica più antica, dalla romanità in poi, è una cultura che accoglie diverse istanze dell’‘impero’.
Il secondo è economico: che succede se tutti gli stranieri se ne andassero di colpo? altro che crisi, sarebbe il tracollo. Sono essenziali e funzionali al mantenimento di un equilibrio che altrimenti, con la diminuzione delle nascite degli autoctoni bianchi e con i livelli di ricchezza individuale così alti, non sarebbe mantenuto. Resistere al conferimento della cittadinanza ai giovani figli di immigrati che parlano come i nostri figli, se non meglio, che hanno acquisito vizi e virtù dei nostri, significa decidere che i redditi prodotti dalle loro famiglie non siano reinvestiti in Italia. Impedire il radicamento e l’integrazione delle famiglie che da anni lavorano e producono in Italia significa aprire un canale di esportazione di valuta verso i paesi di provenienza. Quindi identità culturale, coesione sociale, efficienza produttiva ed equilibri finanziari sono intimamente legati alla battaglia di Cecile. Insomma se avremo coraggio potremo uscire dalla rabbia e dalla delusione in cui siamo impantanati.
Il mio interlocutore faceva notare che in tutti i paesi progrediti e ricchi, seppur multietnici, il controllo dell’immigrazione è ferreo io rispondevo così:
Nessuno sta dicendo di imbarcare tutti indistintamente ma la legge Bossi Fini non ha funzionato e lascia in mano a singoli privati la politica di immissione degli stranieri, si pensi al caso delle badanti. La questione semplice e facile da gestire riguarda i figli di immigrati scolarizzati che si diplomano nelle nostre scuole e che dovrebbero per ciò stesso diventare italiani (condizioni ragionevoli e facili da gestire si possono discutere). La cosa ha un costo nullo e sono convinto che sarebbe un volano positivo sull’economia in generale. Il problema dell’economia bloccata non è stampare moneta, la BCE ne ha immessa in circolo a montagne, molti italiani ne sono pieni eppure la depressione resta, il problema è cambiare clima, cambiare testa, liberarsi della paura e dell’invidia, capire che nessuno è al sicuro se eleva muraglie perché prima o poi dovrà svendere il suo intero castello se non produce e vende all’esterno qualcosa che ha prodotto.
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