Continuo a raccontare di Trento, troppe idee mi sono rimaste in testa e le rivivo anche in questi giorni in cui lo spettacolo della politica continua a rappresentare un dramma che ci coinvolge e che oscilla tra l’incubo e la farsa.
Torno quindi al primo giorno dei lavori, all’incontro con Federico Rampini il brillante giornalista de La Repubblica alle cui analisi sul resto del mondo spesso ci aggrappiamo per vedere una globalizzazione più colorata, meno fosca. Intervistato da una giornalista americana, sviluppa delle considerazioni sulla politica di Obama sottolineandone gli aspetti positivi.
Due idee mi hanno colpito e mi va di raccontarle, il caso della Kodak e di Rochester, la green economy.
La Kodak, per effetto della conversione della fotografia dalla chimica al digitale, è praticamente scomparsa all’improvviso. Gran parte delle sue attività erano concentrate a Rochester nello stato di New York in cui praticamente tutti gli abitanti lavoravano a vari livelli per la compagnia. Rampini racconta di aver recentemente visitato la città attendendosi di vedere un deserto produttivo, una realtà depressa, un impoverimento drammatico. Nulla di tutto ciò, in poco tempo, grazie ad una intelligente gestione del processo di riconversione, le competenze scientifiche, tecnologiche, organizzative e gestionali sono state valorizzate e difese perché non si disperdessero e come per miracolo una miriade di nuove piccole iniziative, tutte legate all’eredità tecnologica della Kodak, sono fiorite e la città non solo si è ulteriormente arricchita ma continua ad essere punto di riferimento internazionale per l’ambito in cui la Kodak aveva operato. Come se a Ivrea gli ingegneri non se ne fossero andati e la Olivetti si fosse trasformata in tante realtà avanzate in grado di competere con i cinesi o i giapponesi, come se Torino, partita la Fiat, avesse continuato ad essere una capitale della produzione avanzata di apparecchiature legate alla mobilità sostenibile …
Il secondo esempio illustrato da Rampini riguarda gli effetti degli investimenti effettuati in piena crisi post 2009 nella green economy. A parte gli aspetti congiunturali legati alla tenuta di alcuni indicatori strutturali quali gli indici di disoccupazione e la crescita del PIL, l’effetto più interessante, capace di imprimere una svolta agli equilibri geopolitici è il fatto che l’America centro settentrionale, Stati Uniti & C è tornato così ad essere un sistema autosufficiente rispetto all’energia e nemmeno un litro di petrolio arabo è importato nei porti americani. Non solo, ma il costo reale dell’energia si è abbassato e il vantaggio sui costi di produzione sta riportando negli USA delle produzioni che erano state delocalizzate.
Insomma il declino delle società sviluppate e ricche non è ineluttabile purché si sappia operare per valorizzare il capitale umano di cui si dispone e che non deve essere disperso, e si sappia adottare quelle nuove tecnologie che sono in grado di gestire positivamente i problemi posti dai Limiti dello sviluppo e dalla penuria di energia.
Poiché ogni medaglia ha un risvolto, se gli americani non dipendono più dal petrolio arabo prima o poi la loro attenzione per stabilizzare la regione potrebbe scemare e il medio oriente potrebbe diventare una nuova grave spina nel fianco solo per l’Europa che continua a dipendere dal petrolio arabo. Ma potrebbe essere anche una regione in cui rifiorisce una primavera ispirata dallo spirito migliore dell’Islam in una nuova stagione di pace.
Categorie:Riflessioni personali
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