Ieri, raccontando l’intervento di Rampini a Trento, mi chiedevo se dopo la crisi staremo meglio. Rampini pensa di sì perché lui si è liberato della logica da città assediata di chi vive in Italia e si sente cittadino di un mondo che nonostante tutto resiste ai problemi e sa trovare le soluzioni.
Sempre ieri dopo una giornata particolare, ricca di incontri e di riflessioni sono arrivato ad una semplice conclusione. Riusciremo ad uscire da questa crisi solo se, come comunità nazionale, riusciremo a credere che comunque sarà possibile vivere meglio, magari con un PIL più basso ma che certamente si potrà stare meglio.
La giornata è stata segnata per me dalla partecipazione ad una gara tra panificatori domestici, una idiozia da vecchio rimbambito se si pensa che fino a pochi mesi fa ero un ‘autorevole’ dirigente scolastico, in realtà una piacevolissima esperienza che mi ha fatto toccare con mano quanto valga la semplicità di incontri su cose futili come preparare una pagnotta di pane con il lievito naturale. Non penso proprio che il nostro destino sia di tornare ad abitudini medioevali, ad una economia di sussistenza, ma di ritrovare il valore di piccoli atti della nostra vita per vivere meglio, senza che ciò costi molto per il pianeta. Oltre a numerosi concorrenti agé come me, c’erano anche molti giovani che si davano da fare nell’organizzazione, che assaggiavano e chiedevano spiegazioni. Ad una ragazza che serviva in uno stand di prodotti naturali e che avevo già incontrato in questa congrega di benviventi, chiedo come andavano le cose. Lei capisce che chiedevo dei suoi studi e mi dice che stava finendo di redigere la sua tesi di dottorato sulle periferie urbane. Alla fine della nostra breve conversazione chiedo: casa pensi di fare ora. Non so, intanto c’è questo impegno poi vedrò, ci sono tante possibilità. Finalmente un/una giovane che non si lagna, è lì in un sabato pomeriggio afoso a vendere grembiuli ecologici ed è felice, penso che riuscirà a sviluppare la professione per cui ha studiato e in cui crede. Poco dopo un giovane concorrente parlotta con una signora della mia età che si lamenta della figlia perché si ostina a portare sempre gli stessi vestiti e non spende abbastanza nella moda. Il giovane che è cortese ed educato timidamente dice che questo non sarebbe un problema. Io, che ormai sono una specie di suocera chiacchierona, mi intrometto e facendo un po’ di ironia dico: questi figli ci deludono, proprio non vogliono aumentare il PIL consumando di più. E il giovane prontamente ma con un sorriso mi risponde: ma se siamo felici così perché dobbiamo rovinare il pianeta? Abbiamo continuato a parlottare tra un assaggio e l’altro e questo giovane era tutt’altro che rinunciatario o povero di competenze, era pieno di progetti e di relazioni.
Insomma pur non avendo vinto la gara, sono tornato a casa più sereno e soddisfatto ma a fine giornata ho ascoltato le notizie in TV e altri personaggi sono entrati nella mia testa.
Il tema politico prevalente in questi giorni nei commenti è: perché perdere tempo nelle riforme istituzionali quando dobbiamo dare lavoro ai giovani? E’ una domanda legittima da parte di gente semplice, di cultura medio bassa che non conosce abbastanza storia e meno ancora l’economia. E’ una domanda sensata che fa presa sul popolino, accende gli animi e rinfocola le passioni dell’antipolitica. E’ sospetto il fatto che questa domanda sia posta da autorevoli giornali, da autorevoli opinionisti, anime candide che vedono come fumo negli occhi il governo Letta e l’insano connubio del suo governo.
Per me è stata una delusione, l’ennesima, che ho per la mia ingenua tendenza a pensare sempre bene di tutti, quando ho sentito l’intervista di Zagrebelski su Rai News. I miei due candidati alla presidenza, Rodotà e lui, si sono rivelati molto al di sotto delle mie aspettative, prevale un atteggiamento rancoroso, quasi bilioso come se l’estremo tentativo di fare cose che non si riuscivano a fare da decenni sia comunque nemmeno concepibile. Non entro nel merito della questione, sono anch’io contrario alla deriva presidenzialista, penso che la Costituzione sia un patrimonio ineguagliabile e sono preoccupato, ma perché fare il processo alle intenzioni solo perché non si è della partita e ad altre generazioni spetta il compito di rimediare a ciò che gli attuali ottantenni non sono riusciti a fare?
Così, a fine giornata, sono arrivato alla conclusione che lo stallo pericoloso in cui ci troviamo dipende dalla concomitante paura dei giovani, che non credono a un loro progetto, e degli anziani, che sono rosi da antichi risentimenti e sono gialli di bile. Ogni riferimento al movimento 5S è puramente casuale.
Continuerò a fare pane con il lievito naturale.
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