Vorrei chiudere con questo post il mio racconto su Villa Falconieri prima che si aprano mille altri rivoli che non mi consentirebbero una chiusa coerente con le cose che ho già detto.
Riassumo e riprendo i punti più problematici che hanno impedito un consolidamento di quella esperienza ed hanno facilitato una rimozione, quasi una damnatio memoriae, di quanto era stata fatto in quella Villa dal CEDE prima e dall’INVALSI poi.
Identità del personale e della struttura
Ho già parlato del problema del personale, della difficoltà di assicurare una continuità che superasse il periodo limitato dei comandi in una sede decisamente scomoda per chi abitava a Roma. La sindrome degli orticelli ha impedito la crescita di una identità comune tra le persone che vi operavano, la stratificazione dei ruoli non sovraordinati ma giustapposti ha impedito una vera collaborazione tra competenze diverse.
Villa, risorsa costrittiva
Proprio la Villa era il massimo comune denominatore nel momento in cui la sigla CEDE diventava evanescente e il nuovo INVALSI non era ben definito. Se ci si presentava in qualche seminario internazionale, l’identità più riconosciuta e rispettata era proprio quella di Villa Falconieri della quale quelli che c’erano stati conservavano un ricordo vivido e chiaro.
D’altra parte però proprio la Villa cominciava a starci stretta anche fisicamente poiché i giovani contrattisti attivi nei vari progetti cominciavano ad essere numerosi per non parlare dei collaboratori esterni coinvolti nella produzione di materiali valutativi. Peraltro la legge istitutiva dell’INVALSI non ne specificava la sede se non in modo virtuale facendo riferimento alla trasformazione del CEDE per cui cominciammo a sognare di avere un po’ di uffici a Roma per usare la Villa solo come sede di rappresentanza per riunioni di commissioni e convegni. Le stanze da letto erano state da tempo eliminate per ricavarne uffici e magazzini e la stessa sala convegni, arredata ai tempi di Margiotta nel seminterrato, era stata trasformata in una sala di lettura della biblioteca che aveva potenziato le sue strutture. Stessa cosa era successa con il centro di calcolo che occupava tutto il pian terreno della villette, forse almeno 150 metri quadri di superficie.
Lo spoil system
La precarietà di tutto il personale si rifletteva sulla stessa dirigenza sia quella tecnico-scientifica costituita dalla presidenza e dal direttivo sia su quella amministrativa costituita dal segretario generale divenuto a un certo punto direttore. Ormai in tutta l’amministrazione pubblica si era radicata la prassi di muovere i dirigenti in base alle scelte politiche della maggioranza che prendeva il governo. Altro che authority indipendente suffragata da un chiaro prestigio accademico e scientifico, il presidente sapeva che al cambio di ministro occorreva preparare la valigia.
In fondo il settore che meno soffriva di questo clima precario era proprio quello amministrativo-burocratico che doveva assicurare la continuità nella stesura dei bilanci, nella rendicontazione dei progetti, nella documentazione delle scelte operative, nella vigilanza della esecuzione dei contratti con entità esterne nella gestione dei numerosi contratti di lavoro. In fondo Villa Falconieri era l’immagine in piccolo di ciò che accadeva nella pubblica amministrazione e nella società: precarizzazione sistematica con la scusa che si dovevano tagliare gli addetti e risparmiare, maggior potere lasciato alle istanze burocratico amministrative che compensavano la logica dell’alternanza politica che consentiva solo brevi periodi di stabilità di indirizzo.
2001 ministero Moratti
Per avere un’idea di quanto, nonostante le difficoltà strutturali cui ho accennato, fossimo riusciti a mettere in piedi ho ripreso l’indice dell’annuario che proprio nel 2001 era stato pubblicato. Ho riprodotto qui anche la presentazione dell’ONES di cui mi occupavo direttamente.
Se avrete la pazienza di leggere già solo l’indice dell’annuario vi renderete conto che nutrivamo una certa fierezza e ci illudevamo di poter superare senza danni il cambiamento politico indotto dalla vittoria del centro destra.
In realtà avevamo sottovalutato una diffusa insofferenza di molti ambienti della scuola, tutto questo riformismo della sinistra era a volte scomodo, mischiare la media con le elementari, questo esame di stato che non era più il bell’esame di maturità di una volta, questa idea di legare la progressione di carriera ad un fantomatico concorsone.
Già il ministro Berlinguer era stato sostituito quando Prodi fu silurato, e il suo disegno riformatore aveva sempre meno padri.
C’erano docenti ex presidi ex militanti della CGIL passati a Forza Italia, che avevano attaccato direttamente Vertecchi perché troppo interessato all’uso dei test oggettivi. Fu attaccato anche il lavoro dell’ONES sulle terze prove dell’esame di stato e il Corriere uscì con un articolo che ironizzava su questi volumoni che sarebbero stati uno spreco di carta dannoso per l’Amazzonia e per i piedi dei commissari se sfuggivano di mano.
Il nuovo Ministro ricevette il presidente Vertecchi immediatamente prima dei rappresentanti più autorevoli dell’amministrazione. Fu molto cortese ed attenta tanto che Vertecchi fu rinfrancato e in una telefonata mi rassicurò sul futuro dell’ente.
Questo accadeva prima dell’estate. Alla fine di agosto però fui chiamato al telefono dal direttore mentre ero in vacanza perché il Presidente doveva rapidamente consegnare la documentazione del monitoraggio degli esami di stato al sottosegretario. Dissi che tutto era disponibile nel mio ufficio e si poteva avere tramite una mia collaboratrice in quel momento in servizio. Dopo il colloquio con il sottosegretario Vertecchi fu ricevuto anche dal capo di gabinetto il quale fece capire che il presidente dell’INVALSI non poteva assumere posizioni divergenti da quella del ministro. Poche ore più tardi il presidente rassegnò le dimissioni.
Scusate, non sono riuscito a chiudere, vi tocca almeno un’altra puntata.
Per tornare all’inizio di questo racconto
Categorie:Cultura e scuola
certo, il fatto che il like sia stato sostituito da un voto, su una corretta scala docimologica da 1 a 5, e` molto in linea con i contenuti del tuo 9interessante racconto… 🙂
pero` la valutazione data resta anonima; ma forse anche questo appartiene alla struttura della valutazione??? 😉
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vedi sono modesto mi accontento di un 5. A parte gli scherzi dovrai spiegarmi come fare a tornare su wordpress.com perché anche questa tipo di valutazione è imposta dal server che sto usando. Ciao
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La scuola l’hanno distrutta i comunisti con l’autonomia che era il mezzo per chiudere gli istituti perché i politici non si assumono responsabilità; le scuole con i presidi manager fanno la pubblicità alla scuola come se vendesse prosciutti. Altra bestialità è quella dell’alunno cliente e siccome il cliente ha sempre ragione pretende il diploma e se non glielo dai lo comprano alla scuola paritaria in mano ai preti. Per non parlare degli insegnanti sindacalisti che la loro unica preoccupazione era quella di avere il distacco. La CGIL poi avrebbe messo in cattedra i bidelli perché i laureati erano solo dei borghesi. Oggi non aspirerei a fare il professore con questa casta di pseudopolitici, in maggioranza donne anzi galline/oche che starnazzano nei talk show, farei l’idraulico e/o l’elettricista infatti spero che mio nipote possa studiare in francia al liceo e contemporaneamente imparare un mestiere, in Francia è possibile.
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