Capitalismo d’accatto, moralismo d’attacco

Molti eventi di questi giorni sono legati al capitalismo, sistema che, oltre ad essere il motore della sviluppo economico in giro per il mondo, ci riserva periodicamente crisi spiacevoli e fatti inaccettabili.

berlusca

La crisi di Mediaset e la proprietà di Telecom

Il più grande capitalista italiano, o meglio uno dei più grandi capitalisti italiani che da vent’anni e più è il dominus della politica, all’improvviso è costretto a vendere i suoi gioielli di famiglia e un bretone pieno di soldi gli vuole scippare tutta la torta. Gran parte del mondo politico si riunisce a coorte e vuole contrastare questa violazione della sovranità nazionale. Il barone di Arcore non è nuovo alla richiesta di un benevole appoggio del potere politico, già Craxi lo avevo beneficiato con la legge Mammì e a lui, che era un brillante palazzinaro, aveva aperto il promettente mondo della radiotelevisione privata. Quel capitalista protetto dalla politica, propria e dei propri amici, ha accumulato successi da saprofita, ovvero da organismo che ricicla altri organismi in decomposizione come lo erano qualche anno fa l’editoria tradizionale o le ricche famiglie lombarde ottocentesche che andavano declinando svendendo le loro ville. Questo capitalismo protetto ha illuso molti creando opportunità economiche fragili, scalabili da altri capitalisti più coraggiosi o più intraprendenti. Sembra che Mediaset sia vissuta sugli allori del mercato protetto e che sia solo un rivenditore e distributore di prodotti multimediali altrui, tecnologicamente vecchiotta e superata dalle tecnologie più innovative ma che occupi  un mercato di utenti ancora interessante, quindi altri capitalisti sembra che siano intenzionati a brucare il praticello italiano e comprare a sconto, visto che gli altri italiani comprano appezzamenti di terra in Argentina o in Kenia.

Ma il nuovo padrone dei media e della rete telefonica italiani è un capitalista francese che somiglia molto al barone di Arcore come anche al nuovo super presidente americano: si è arricchito a partire da un patrimonio familiare tradizionale investendo in immobili, resort, case da gioco, slot machine, catene televisive, catene alberghiere, tutto ciò che serve a consumare e allietare la vita dei ricchi occidentali la cui funzione preminente sembra ormai essere quella di consumare e solo secondariamente quella di produrre, servizi funzionali allo status di noi pensionati.

MPS e banche

L’altra notizia riguarda il caso Monte dei Paschi di Siena, per certi versi simile. La Banca nel tempo si è indebolita ed è diventata scalabile ma il localismo dei senesi gelosi della propria vacca da mungere, il nazionalismo di noi italiani che non siamo secondi a nessuno, ha impedito da tempo di adottare le uniche soluzioni possibili, quelle del mercato capitalistico internazionale che però non perdona, se una cosa vale poco viene pagata poco.

Ma dovevano essere difesi i piccoli risparmiatori per cui tutti convengono sulla necessità di nazionalizzare la banca, cioè di mettere soldi di tutti per salvare coloro che hanno male amministrato e coloro che sono stati troppo avidi.

Dopo molti tentennamenti il CDA ha scelto nei giorni scorsi la via del mercato cioè emetteranno nuove azioni che i risparmiatori, piccoli e grandi sono invitati a comprare con denaro fresco per un totale di 5 miliardi per riequilibrare il bilancio della banca. Per raggiungere l’obiettivo il CDA ha notato che ben 2 miliardi sarebbero già disponibili nelle proprie casse se 40.000 piccoli risparmiatori convertissero le loro obbligazioni subordinate per un totale di 2 miliardi in azioni della banca.

Questa notte la Consob ha autorizzato tale conversione, in realtà a causa delle  norme sulla trasparenza tale conversione potrebbe essere impossibile per alcuni risparmiatori. Chiunque abbia due lire in banca sa che dopo la crisi argentina che penalizzò molti risparmiatori italiani, vigono norme che prevedono che ogni cliente venga classificato in base a parametri identificati con un questionario preventivo in categorie che possono accedere al mercato in modo differenziato in base alla propria propensione al rischio e al proprio stato informativo. In pratica non siamo liberi di fare quel che vogliamo dei nostri soldi, giustamente sia chiaro, ma un’attuazione burocratica e deresponsabilizzata delle procedure ha eliminato da tutto il sistema l’intelligenza del rischio e della responsabilità sostituita dal torpore della sicurezza assicurata dai derivati e da prodotti complessi in cui l’utile è piccolo per chi mette i soldi ma grande per chi li amministra.

I 40.000 obbligazionisti MPS detengono a testa 50.000 euro in media, una bella cifretta per noi comuni mortali, un bruscolino per molti altri più ricchi. In ogni caso, difficilmente accetteranno di convertire titoli che hanno comprato come super sicuri e stabili in titoli azionari bancari che ballano peggio del terremoto di Amatrice. Ciò accadrà soprattutto perché lo Stato assicura che è già pronto il decreto per salvare con soldi pubblici la banca, gli obbligazionisti rimarranno fermi tanto ci pensa Pantalone a salvare i loro risparmi. Detto per inciso i 40.000 ‘piccoli’ risparmiatori non sono tanto piccoli, qualora fossero i tipici piccoli risparmiatori che hanno il gruzzoletto di risparmi per la vecchiaia sarebbero stati stupidi ed avventati se hanno investito circa 50.000 euro su una sola posta.

La corruzione e il moralismo

Mentre scrivevo questo post, ho letto la notizia dell’arresto di Marra, dirigente promosso dalla sindaca Raggi e legato all’amministrazione Alemanno, ora accusato di corruzione. Ho allungato il titolo del mio post aggiungendo ‘Moralismo d’accatto’  e poi ‘Moralismo d’attacco’.

Le crisi finanziarie ed economiche di cui ho parlato qui hanno a che fare con la corruzione: non solo quella della mazzetta, che pure ha segnato pesantemente la nostra vita politica nazionale e che non è stata affatto estirpata in tanti anni di dichiarate buone intenzioni, ma quella più pericolosa e velenosa della collusione tra affari e potere politico e amministrativo.

Il capitalismo d’accatto si è corrotto corrompendo. Regole non rispettate, bilanci fasulli, compensi sproporzionati al valore della prestazione, legislazione di comodo, protezione dei compari, posizioni dominanti, dazi mafiosi più o meno velati sono altrettante forme che determinano lo sgretolamento del sistema capitalistico perché la ricchezza non è più il prodotto di un’idea, di un lavoro, del rischio, di una invenzione ma è diventata l’abitudine al consumo esagerato ed irresponsabile che lentamente brucia ed estingue le risorse a disposizione.

In questi anni sono sorti giustizieri  vendicatori, politici che volevano ravvivare i valori civici, giudici capipopolo che però alla fine si sono arricchiti come gli altri o gente dello spettacolo, già molto ricca, che con un moralismo d’attacco e d’accatto abbindola migliaia di creduloni che affidano a questi salvapopolo il loro destino.

Il caso della Raggi a Roma, la quale dopo aver proclamato la sua estraneità ai sistemi di potere di destra e di sinistra che hanno governato la città, si scopre fortemente contigua ad uno specifico sistema amministrativo e politico che ha permesso arricchimenti illeciti di personaggi di dubbio valore professionale, mi fa cascare le braccia.

Sia ben chiaro, sono altrettanto sconfortato da un neo ministro del MIUR che scambia un diploma con una laurea, è questa la corruzione che intacca anche l’uso delle parole.

Per approfondire.



Categorie:CinqueStelle, Economia e finanza, Politica

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