Dall’inizio di aprile non scrivo nulla sul mio blog, continuo a seguire Facebook e cerco di intervenire nelle discussioni che mi coinvolgono di più ma è prevalsa una certa stanchezza, la sensazione che la scrittura pubblica, vissuta come uno sfogatoio, alla lunga non aiuti né se stessi né gli altri. Inoltre i fatti della attualità sono così negativi che ragionarci sopra ha solo un effetto depressivo. In questi casi star zitti è meglio.
Ricordo a me stesso che questo blog funziona per me come piccola palestra della mente, un modo per tenere in esercizio l’uso delle parole, valorizzare l’esercizio della razionalità e della riflessione quando tendono a prevalere la pancia e l’emozione, un modo per registrare e conservare ciò che altrimenti sarebbe del tutto volatile e spazzato via dall’oblio. Quando torno sulla mia homepage, la colonna dei titoli dei post più letti mi riporta a vecchi titoli spesso criptici per cui li vado a rileggere con l’interesse di chi legge un testo nuovo scritto da un altro. Non foss’altro per questo, per potermi rileggere dopo qualche mese o, speriamo, dopo qualche anno, continuerò ad alimentare questo blog anche se con un passo più lento ed affaticato.
Finita la premessa, veniamo al tema annunciato dal titolo. Sì, voglio dire qualcosa sul caso Alitalia. Un problema che ci portiamo dietro da molto tempo che ha occupato numerosi dibattiti politici, che ha toccato in varie forme la stessa identità nazionale. Non ci sarebbe bisogno di aggiungere nulla, ognuno si è fatto una opinione. Vorrei proporre alcune banali riflessioni personali.
La vicenda Alitalia sembra una metafora, potrebbe essere un paradigma di quello che sta succedendo in Italia, dell’Italia presa nel suo insieme. Alitalia, cioè l’universo di persone, cose, simboli, artefatti, organizzazione, riti, ha ritenuto di poter sopravvivere comunque con la rendita di una superiorità di stile, di tradizione, di immagine, di eleganza … senza dover soggiacere alle regole ferree ed implacabili della realtà fatta della merda del mercato, dei bilanci, degli orari, del puzzo del kerosene che va pagato con il ricavo dei biglietti. L’economia capitalistica che regge e foraggia i milioni di persone che scorrazzano per i cieli in cerca di evasione o per lavoro è disprezzata da destra e da sinistra, ormai è trasversale il disprezzo per l’establishment e forse anche per questo che i lavoratori sui libri paga della società sia che quadagnino pochi spiccioli sia che ricevano succosi salari si sono trovati uniti nel rifiutare un accordo sindacale che chiedeva sacrifici. Salvare la società significava salvare e favorire quel capitale che servirà a pagare il kerosene per continuare a volare. Provate ora a rileggere questo paragrafo sostituendo all’Alitalia la parola Italia, al Kerosene il petrolio e al ricavo dei biglietti la bilancia dei pagamenti.
Ora vedremo cosa farà il governo. Avrà la forza di far fallire l’Alitalia come minacciato in questi giorni o si troverà una soluzione di ripiego che prolunghi ulteriormente l’agonia? Ci vorrebbe molto coraggio a rinunciare alla compagnia di bandiera, ci vorrebbe molto coraggio ad affrontare una crisi potenzialmente pericolosa per molti equilibri precari; basti pensare all’economia di Roma o della stessa Milano, cosa succederebbe nel breve periodo se migliaia di stipendi sparissero dalla contabilità di altrettante famiglie.
Ma che dici Bolletta? anche in caso di fallimento ci sono gli ammortizzatori sociali, non ci sarà nessuna catastrofe, tutto si risolve. Forse è così, ma la parabola dell’Alitalia è evidente: prima o poi si deve fare i conti con la realtà, l’immagine e il sogno qualche volta ti fa volare ma spesso ti lascia con il culo per terra.
Nei prossimi giorni vedremo. In un mondo attraversato da continui terremoti politici, il casus belli dell’Alitalia potrebbe scatenare impreviste novità sul fronte politico: un Renzi indebolito ed umiliato da primarie deboli e inconcludenti, con poche file ai gazebo, potrebbe lasciare più spazio ad un governo in cui ci sono personalità che scalpitano. Gentiloni potrebbe scoprire che se non si decidono a fare una legge maggioritaria, con il proporzionale e con gli attuali leader sarà difficile fare un nuovo governo dopo le elezioni e la gestione di elezioni ripetute come è accaduto in Spagna potrebbe toccare proprio a lui che potrebbe restare in sella per tutto il ’18 e oltre, Calenda con una posizione decisa e rigorosa sull’affaire Alitalia potrebbe lanciarsi come un novello Macron in grado di federare la destra liberale con l’establishment illuminato, Grillo potrebbe dover chiarire cosa fare e la scelta della nazionalizzazione della Alitalia potrebbe assicurargli l’appoggio dei massimalisti di sinistra che ancora non si sono espressi sull’appoggio a Macron.
Scusa Bolletta, ma che minestrone stai facendo? Parli dell’Italia o della Francia? Scusate dalla metafora sono caduto nell’analogia. Le crepe nel nostro sistema politico evidenziate dal caso Alitalia sono illuminate da una luce nuova dal caso francese. Le analogie tra i nostri leader e quelli francesi sono vecchie e consolidate, i risultati delle recenti elezioni ci confermano che il caso italiano non è affatto isolato, chi più chi meno le società europee stanno vivendo processi molto simili poiché i problemi da risolvere sono esattamente gli stessi. La differenza risiede soprattuto negli assetti istituzionali: sistemi fortemente maggioritari consentono novità sorprendenti e a volte destabilizzanti, lo stesso Macron è una meteora per certi versi preoccupante, come sono stati la Brexit, la elezioni di Trump, il referendum turco, oppure nei sistemi proporzionali le previsioni sono molto incerte poiché basate su accordi da formalizzare dopo le elezioni.
Nel caso Alitalia, dopo una fase istituzionale, la trattativa con i sindacati, la debolezza della proposta della parte datoriale e la parallela debolezza della rappresentatività dei sindacati dei lavoratori hanno portato ad una forma di democrazia diretta, il referendum aperto a tutti i lavoratori. Niente di più democratico e di sacrale di un bel referendum, prendere o lasciare.
Che sarebbe successo se i no avessero prevalso per un solo voto? E’ compatibile questa forma di democrazia diretta con la gestione di una azienda complessa e strategica?
Il mito della democrazia referendaria, l’illusione del click onnipotente che consente di scegliere e decidere a ciascun cittadino sono la deriva più pericolosa delle nostre democrazie rappresentative. Brexit è l’emblema di quanto può succedere se si dà in mano a cittadini distratti o incompetenti la password di accesso per demolire castelli complessi che faticosamente sono stati costruiti nel tempo. Penso che Gentiloni non abbia giocato a gonfiare un bluff e che tempo al massimo due anni non vedremo più gli aerei Alitalia parcheggiare nei nostri aeroporti né vedremo le divise verdi oliva ai banchi di accettazione, forse vedremo altre bandiere nazionali o simboli di corporation private che stanno alle regole del capitalismo più rigoroso. Ovviamente non possiamo escludere che una piccola compagnia con la bandiera italiana sormontata da 5 stelle possa mantenere i collegamenti delle principali città italiane con gli hub di Francoforte, Zurigo, Amsterdam e Parigi.
Ma il popolo vuole decidere, vuole più democrazia, una vita migliore. Ma chi troppo vuole nulla stringe come dicevano i nostri vecchi.
Categorie:Economia e finanza, Politica
Al contrario caro Raimondo, l’effetto dei tuoi post è anti-depressivo, perchè dimostrano che un briciolo di razionalità esiste ancora da qualche parte…
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