Confusione mentale

Come promesso vi devo raccontare della mia dichiarazione dei redditi ma prima devo forse chiarire perché invece di commentare gli avvenimenti politici mi dilungo su racconti di fatti personali poco interessanti. Perché non sono un commentatore politico né un giornalista e tanto meno un influencer prezzolato, sono un perditempo che riflette sulle cose che gli capitano consapevole che gli occhiali con cui vede la realtà portano il colore dei sentimenti, delle paure, delle speranze che occupano le mie giornate. In questo momento mi sento confuso, molte contraddizioni dei personaggi che occupano la scena provocano reazioni altrettanto contraddittorie in me per cui preferisco raccontare i miei fattarelli.

Da sempre, da quando ho avuto un mio reddito ho compilato direttamente la dichiarazione dei redditi per me e per i miei familiari. Un po’ di fatica compensata dalla comprensione dei calcoli richiesti, raramente mi sono sbagliato anche quando i calcoli dovevano essere fatti a mano e le tre copie da consegnare dovevano essere compilate ricopiando accuratamente numeretti e calcoli prima a matita poi a penna. Un grande passo in avanti si ebbe con la diffusione di un programma per l’effettuazione dei calcoli del quale ero geloso depositario e utilizzatore in casa mia. Siamo, dopo cinquant’anni, arrivati alla dichiarazione precompilata introdotta dapprima in modo parziale ed ora finalmente completa ed affidabile.

Sito confuso e confondente

Ma un anziano come me, che non vuole essere rottamato, rimane legato alle procedure già note e diffida dell’eccesso di automazione per cui quando quest’anno ho cominciato a lavorare sulla dichiarazione ho deciso che avrei continuato ad usare il vecchio programma di calcolo off line che ero abituato ad usare cercando di ripetere la procedura che avevo seguito negli anni scorsi. Ho perso un’intera mattinata a cercare sul sito dell’agenzia delle entrate i file che mi servivano, inutile, un marasma di funzioni, dati, ricevute, avvertenze, circolari, disposizioni, definizioni ma non trovavo quel che volevo. Imprecavo, sono degli incapaci, sempre peggio, non ci si capisce più nulla. Dovrò abbandonare la procedura che conosco ed usare la nuova procedura della dichiarazione precompilata. Così ho clickato la finestra del precompilato con un atteggiamento un po’ rassegnato ma severo e incazzoso. Il mio pregiudizio negativo si è immediatamente dissolto e si è mutato in ammirazione: il primo step, quello del controllo dei dati in loro possesso è stato emozionante. L’elenco completo, dettagliato di tutti gli scontrini della farmacia e delle fatture dei medici ordinati progressivamente coincideva con i pezzetti di carta in mio possesso. Passo ai redditi e ci sono tre compensi che avevo dimenticato da parte di enti presso i quali avevo fatto tre conferenze. Controllo nel mio estratto conto, avevano ragione loro. Insomma sanno tutto per filo e per segno. Il mio umore è decisamente volto al bello, una cosa che funziona, evviva. Procedendo nella scelta della procedura da seguire mi propongono tre scelte, il 730, la compilazione via web e la compilazione off line con il programma che sono abituato ad usare. Pochi istanti per esportare il file dati e potevo lavorare off line come avevo sempre fatto. Trovata la strada giusta, il lavoro per le tre dichiarazioni che dovevo compilare, la mia quella di Lucilla e quella di mio figlio si è risolto in un’oretta.

Alla fine sono rimasto però dell’idea che il sito dell’agenzia delle entrate sia l’emblema, la metafora della nostra situazione politica ed economica: pagine affastellate di dati eterogenei, sedimentazione di approcci diversi a volte superati da nuove leggi e regolamenti, cavilli giuridici, casistiche dettagliate con riferimenti normativi riservati agli addetti ai lavori. Se si è tenaci e perseveranti alla fine si trova quel che si vuole ma è più probabile che si getti la spugna e che si ricorra al solito commercialista.

Perché ho raccontato questo mio entusiasmo per il precompilato? perché è un grande passo in avanti che potrebbe ridurre i costi del cittadino medio che per poter pagare le tasse va dal commercialista e perché potrebbe consentire, se si volesse, di ridurre sensibilmente l’evasione fiscale. Ma la vulgata prevalente della stampa è che il fisco sia al servizio dei politici per spolparci, per impoverirci, per opprimerci. E, come dice Mattia il gradasso, maggior debito e meno tasse e si torna ad essere ricchi.

Finito questo entusiasmo devo fare almeno due osservazioni di merito.

Debito nascosto

Io e mia moglie, avendo eseguito negli anni scorsi alcuni lavori di ristrutturazione edilizia, dobbiamo incassare dei consistenti rimborsi. Nei prossimi dieci anni lo Stato deve restituire gli sconti fiscali concessi ora per attivare le ristrutturazioni edilizie e tante altre attività economiche e produttive che vengono in questo modo incentivante. Queste somme come sono contabilizzate, sono un debito pubblico nascosto che dovrebbe essere aggiunto a quello ufficiale?  Che succederebbe se questi crediti di cittadini e imprese fossero cedibili o scambiabili? Quante risorse si libererebbero per nuovi investimenti? In realtà una restituzione così lenta, dieci anni, porta molti anziani e meno anziani a preferire lo sconto del fornitore che continua a sottofatturare o a non fatturare per nulla.

La bufala degli 80 euro

Mio figlio, che è uno studente lavoratore, ha un contratto a mezzo tempo (lavora nei fine settimana) per cui godeva del bonus renziano degli 80 euro mensili. Si è dato però da fare con altri lavoretti e anche con giornate di straordinario richieste dalla sua ditta, ha anche altri piccoli cespiti per cui ha superato la soglia prevista per godere degli 80 euro. Morale, ha dovuto restituire integralmente 960 euro, ora in sede di dichiarazione. Mi sono riletto attentamente la normativa e mi sono reso conto di quanto quella iniziativa renziana sia stata inutile economicamente perché non ha rilanciato nessun consumo e quanto fosse mal fatta. Mio figlio avrebbe dovuto evitare di superare la soglia o lavorando meno o lavorando in nero quando stava per superare la soglia. Ciò non è il massimo per un legge che voleva incentivare i redditi e il lavoro. Sulla legge renziana degli 80 euro avevo scritto molti post a suo tempo, vi consiglio di rileggere questo ‘Il cuneo per chi?’.  

Ora dopo questa esperienza di mio figlio, dopo che oramai tutte le forze politiche sono orientate a proporre provvidenze simili sotto forma di redditi di inclusione o di cittadinanza, la mia avversione a queste ipotesi si è accresciuta: fissare delle soglie rigide comporta degli inconvenienti per chi si trova in quell’intorno, per pochi spiccioli in più potresti perdere un bel po’ di quattrini ma soprattutto identifica e statuisce degli standard di legge che con il tempo sono capestri inaccettabili. In effetti gli 80 euro sono andati in tasca al datore di lavoro: il percettore assimila gli 80 euro alla propria  paga e si accontenta, lo sconto fiscale rende accettabile una paga che altrimenti sarebbe forse meno appetibile. Insomma una distorsione del mercato che va a favore del padrone che fissa una  paga più bassa perché ci sono gli 80 euro.

Direte voi: ma le norme erano chiare era dovere del prestatore d’opera dichiarare le sue condizioni di contesto. Vero, ma una legislazione che continuamente introduce casi particolare, categorie assistite o privilegiate, deduzioni, incentivi, contributi, aliquote differenziate ingigantisce la burocrazia, rende il cittadini stupido e impotente, rende l’attività economica appannaggio degli azzecca garbugli. Vi sarà forse capitato di fare una lezione in una scuola come esperto esterno. avrete visto quante firme avete dovuto apporre su moduli e contratti quasi doveste comprare una casa.

La dichiarazione precompilata dimostra empiricamente che se si volesse tutta la gestione fiscale del lavoro dipendente e del lavoro autonomo potrebbe essere semplificata drasticamente con un alleggerimento dei costi che aggravano il fardello delle tasse. 5 anni fa sostenevo questa tesi nel post ‘Voucher per lavorare’ ma le cose sono andate sempre peggio ed ora l’ultima versione recentemente varata mi sembra sia una soluzione semplicemente barocca.

A proposito, oggi è l’ultimo giorno utile per il pagamento dei conguagli e degli anticipi. Quanti sanno compilare e leggere un F24? Lo possiamo considerare una competenza minima di cittadinanza?

Continuerò a compilare io la dichiarazione finche potrò perché voglio capire, essere consapevole del perché e del percome contribuisco alle spese della comunità nazionale.



Categorie:Economia e finanza

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5 replies

  1. Tu hai tenacemente proseguito proprio quando io mi sono arreso. Come te ho seguito tutta l’evoluzione informatica dell’agenzie delle entrate, spesso imprecando. Lo scorso anno avevo compilato, con largo anticipo, il modello 730, attendendo ad inviarlo nel caso ci fossero nuovi eventi…e me ne sono dimenticato! Ora ho in corso la procedura per il recupero del credito d’imposta maturato. Così ho deciso ho deciso di rivolgermi al servizio CGIL. Con 35 euro (sono ancora iscritto…la considero la mia tassa sul passato) in mezz’ora ho risolto tutto.

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    • Grazie del conforto, mi sento meno tonto. Tuttavia non mi rassegno a questa comoda intermediazione per cui la nostra cittadinanza è sempre tutelata e gestita da altri: la banca si interpone e decide per noi, il sindacato ci difende poco ma per poco prezzo ci tutela contro la pubblica amministrazione, l’esperto di sicurezza ci stila il piano che ci tutela dai rischi penali con un misero 10% sui lavori condominiali, Google ci risolve tutti i problemi … i ricchi difendono e rappresentano i poveri, Trump e Berlusca sono solo due esempi tra tanti, i clown diventano maître à penser … e l’elenco sarebbe lungo, una confusione di ruoli che non aiuta a crescere nelle responsabilità e nelle consapevolezza .. vabbé ormai noi siamo in disarmo ma i giovani? …

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