Curare i dettagli

Nel primo giorno del blocco totale leggo in molti commenti su FB la richiesta di provvedimenti ancora più rigidi e vincolanti, l’esigenza di una stretta autoritaria con un popolo disordinato e menefreghista, controlli sanzioni, divieti.

Ancora una volta prevale anche in molti sinceramente democratici la piccola invidia per le scorciatoie efficientiste ed autoritarie del regime cinese che se serve spara senza tante discussioni.

Forse la gravità del pericolo giustificherebbe un maggior rigore generale ma io penso che non sarebbe ancora sufficiente se la popolazione non matura l’idea che non si tratta di obbedire passivamente ma di mettere in campo tutta la nostra intelligenza e furbizia per frenare la diffusione del virus.

Il grande rischio è che anche questa cura, quella di restare in casa, si dimostri insufficiente se l’attueremo con poca convinzione, sbuffando, imprecando contro il governo e contro Conte e questionando sulle responsabilità e su come si sarebbe potuto far meglio senza concentrarsi sui propri comportamenti più minuti.

Io sono piuttosto pauroso e ansioso e credo di essere abbastanza consapevole dei pericoli e documentato tuttavia mi sono accorto strada facendo che in questa battaglia occorre una certosina attenzione ai dettagli anche i più minuti.

All’inizio ero piuttosto superficiale ritenendo che la probabilità di contagio a Roma fosse qualche milionesimo, che praticamente fosse impossibile incontrare un contagiato. Ma sono arrivato a una diversa consapevolezza del rischio ascoltando i nomi di persone infettate che per il loro ruolo sociale e la loro intelligenza avrebbero dovuto essere inattaccabili: comandanti dei carabinieri, vescovi, calciatori, attori famosi, medici. Qualche dettaglio è sfuggito loro, qualche disattenzione ha consentito un contatto che certamente il malcapitato pensava di evitare assolutamente.

Questa mattina mi sono svegliato con questo ragionamento un po’ semplicistico: se l’incubazione dura 5 o 6 giorni la mia famiglia non è infettata visto che siamo in isolamento da una decina di giorni. Il mio figlio maggiore discretamente ma fermamente ci ha imposto un isolamento rigido così tra noi Bolletta che viviamo nello stesso condominio, e siamo 4 famiglie, vige la regola che non ci si frequenta, gli scambi di pacchetti o cibarie avvengono con procedure come se i due che effettuano lo scambio fossero infettati. Nei primi giorni di questo regime tutto ciò mi sembrava paranoico ma con il passar del tempo e con l’aumentare delle infezioni in città mi sembrano precauzioni doverose, quelle che ora i decreti del governo ci impongono coattivamente.

Come raccontavo nel post sull’ascensore condominiale ho attaccato il cartello ed ora quei pochi che escono di casa o tornano dal lavoro preferiscono usare le scale e non toccano il corrimano. I corrieri preferiscono lasciare i pacchi nell’ingresso al pian terreno, le persone si mantengono a debita distanza e non ci si ferma a conversare nemmeno nel cortile. La signora rumena che veniva per le pulizie ha avuto ferie retribuite finché questa emergenza non si sarà allentata.

Nonostante questo regime piuttosto severo, Lucilla ha raggelato il mio entusiasmo ricordando tutti i momenti in cui il sistema di protezione potrebbe aver avuto una falla. La nostra agenda con la lista degli eventi di questi giorni ci ha aiutato a ricordare le persone che erano entrate in casa in questo periodo. Ovviamente in tutti i casi sono state sanificate maniglie, pavimenti ed altro ma …

Tutto ciò, questi dettagli, queste attenzioni reciproche per difendersi e per difendere gli altri non possono essere scritti in decreti governativi ma devono diventare un costume, un stile che dovremo assimilare per molto tempo almeno fino a quando non ci sarà un vaccino o fino a quando misteriosamente come è accaduto ad altri virus le variazioni stagionali del clima non cambieranno le probabilità di contagio.

Questa mattina ho trovato sulla rete anche questo grafico dinamico sull’evoluzione dell’epidemia, diventata da ieri pandemia.

La domanda ovvia è: come mai in tre paesi la diffusione è stata così rapida mentre in altri ha avuto una velocità più bassa? Focolaio in regioni molto popolate, costumi che facilitano il contatto e lo scambio, caratteristiche climatiche, inquinamento …

Tendo a pensare che la nostra insofferenza alle regole, la smania di muoverci, le effusioni e la prossimità fisica siano altrettanti probabili motivi per la preferenza del coronavirus per noi italiani.

Alla fine ci ritroveremo cambiati, speriamo in meglio.



Categorie:Coronavirus

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