Chiacchiere agostane sull’epidemia

Arrivati a San Marcello, scampati al caldo opprimente di Roma, la prima telefonata arriva da Daniela che vive qui e ci accoglie mettendo in chiaro che loro rispettano fedelmente le regole e che quest’anno niente pranzetti e cenette tutt’al più chiacchiere all’aperto sulla loro veranda.

Ci dice: stiamo tutti bene e l’abbiamo schivato questa epidemia ma non bisogna mollare. Subito si parla dei figli: i miei sono già arrivati ma sono in quarantena volontaria, li vedremo appena abbiamo i referti dei tamponi, sono andati a Pistoia a farli. Il primo viene dalla Germania e lavora al Max Plank, il secondo da Milano e fa l’architetto.

Nessuna comunità anche piccola, geograficamente isolata, è un compartimento stagno, ormai anche San Marcello è Europa a tutti gli effetti. Ma il passaggio di questa epidemia ha lasciato un segno nella circospezione con cui gestiamo i rapporti con gli altri per difendere l’integrità delle tante bolle sociali in cui siamo variamente immersi e in cui ci sentiamo più sicuri. La diffidenza verso gli sconosciuti o il pregiudizio verso chi pensiamo sia inaffidabile (i giovani, gli stranieri) unita ad un fondo di paura può diventare un fattore capace di disgregare ulteriormente una società da troppo tempo confusa ed erratica.

Mi ha profondamente colpito una osservazione di don Sandro, nostro amico di vecchia data, che chiacchierando sulle modalità di prevenzione del contagio dice che l’epidemia ha solo accorciato di poco la previsione di vita ma che con la morte dovevamo fare i conti anche prima del Covid. Non dobbiamo vivere nella paura ma dobbiamo maturare un nuovo atteggiamento di responsabilità personale e collettiva.

Partiti i nostri nipotini, Daniela telefona per dire che ha dei fagiolini e delle prugne del suo orto per noi, le porta lei o andiamo noi a prenderli per una chiacchiera sulla veranda? Andiamo noi bardati di mascherine che ci togliamo quando abbiamo preso posto alle estremità di un bel tavolo da giardino; le distanze tra le due bolle sono assicurate. Ovviamente le chiacchiere riguardano l’epidemia e i suoi effetti.

In paese e nella montagna circostante c’è stato un solo ammalato. Nonostante le restrizioni del blocco totale, il gruppo di studi Alta valle del Lima, di cui Daniela fa parte, è riuscito a portare a termine la stampa di un voluminoso manoscritto del Capitano Domenico Cini, storico locale del settecento, ed il lavoro continua per pubblicare il terzo tomo il prossimo anno, insomma la vita continua anche grazie alle tecnologie che consentono di mantenere vivi i contatti di lavoro.

Situazione diversa per le due residenze adibite a colonie estive per gruppi parrocchiali e famiglie di cui si occupava a titolo volontario Paolo: le nuove norme e le complicazioni burocratiche connesse hanno fatto desistere la fondazione che da anni le gestiva. Sono chiuse e il loro destino non è chiaro. Paolo è alleggerito di una grande responsabilità e da un lavoro che in questo periodo estivo diventava anche gravoso. Pesa però la preoccupazione del futuro, secondo te come andranno le cose? mi chiede Paolo. Non lo so ma sono abbastanza ottimista, in fondo nonostante l’immagine negativa diffusa dai media le cose non vanno malissimo rispetto agli altri paesi europei, forse dipende dal fatto che abbiamo tenuto chiuse le scuole o forse anche dal fatto che, a parte una minoranza di stupidi imbecilli, la popolazione ha la testa sulle spalle. E’ certo che ora sarà cruciale il tracciamento e la capacità di spegnere tempestivamente i focolai isolando piccole comunità senza bloccare intere città e regioni. Ma voi avete istallato Immuni? Come facciamo, non abbiamo gli smart phone, ma ora abbiamo deciso di comprarli e immediatamente lo istalleremo. Abbiamo letto il tuo blog e vedremo di attivare anche delle procedure contactless per i pagamenti.

Si sono fatte le otto ed è ora di tornare a casa, faremo di tutto per rivederci. I fagiolini erano ottimi.



Categorie:Coronavirus, Immuni, Riflessioni personali

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