Ruolo dei giornalisti

All’inizio dello scorso agosto, nel post di commento sulle notevoli turbolenze finanziarie di allora mi ripromettevo di limitare l’ascolto dei telegiornali, al massimo uno al giorno, e di non lasciarmi troppo condizionare dal martellamento dei mass media. Ho ripreso il concetto nel post su verità e convinzioni e sono sempre più convinto che occorra assumere la notizie e i commenti televisivi a piccole dosi. Ho eliminato dalla mia dieta Ballarò, L’infedele e, delle altre, non ricordo nemmeno il nome: trovo insopportabile Servizio pubblico di Santoro, vedo ovviamente qualche squarcio. L’ultimo spezzone che ho visto era veramente emblematico: una lunga predica, una filippica, un comizio dal forte contenuto politico. Non mi interessa discutere il contenuto, parlo del metodo: nessun politico può parlare in televisione senza la mediazione di un giornalista iscritto all’albo ma tutti i giornalisti possono parlare di politica, fare politica pro o contro i partiti, senza necessità di un contraddittorio, senza che gli interessati abbiano diritto di replica. Il potere della casta dei giornalisti sta diventando smisurato dopo che è stato a lungo inquinato da una ricco padrone, sul cui libro paga molti sono stati, che ha governato per quasi vent’anni il paese. E quel padrone non è uscito di scena.

C’è però una giornalista che mi sembra faccia bene il suo mestiere e della quale cerco di seguire sistematicamente la trasmissione: Lilli Gruber con il suo 81/2. Garbata, elegante, bella, intelligente, preparata fa solo brevi e puntuali domande, piccole obiezioni e mette gli ospiti nelle migliori condizioni per essere se stessi. Fa le domande che verrebbero spontanee a me, quindi semplici, ma fa domande documentate, attualissime, sempre argute e provocatorie.

Nella trasmissione non c’è il popolo vociante. Le inquadrature, le luci, la resa cromatica dei volti, dicono molto delle espressioni, delle tensioni, dei sentimenti degli ospiti che partecipano. Un esempio di buona televisione fatta da professionisti capaci.

Sempre sulla 7, a seguire, ieri sera c’era anche Crack, che anche in questo caso ho visto dei piccoli pezzi. Quando ha parlato della Grecia e delle dimostrazioni degli studenti mi sono soffermato. Mio figlio, che per tre giorni era stato fuori Roma per lavoro e che era poco documentato sull’accaduto, seguiva silenzioso e con l’aria preoccupata. A un certo punto ha esclamato ‘Sciacalli’, e parlava dei giornalisti.

Non mi è piaciuto Crozza quando ha organizzato il pernacchio plateale all’indirizzo di Amato per una frase estrapolata da un contesto sconosciuto ma che probabilmente era una battuta ironica. E se anche fosse stata una affermazione seria, questo tipo di dileggio delle persone, ugualmente, non mi piace .



Categorie:Politica, Riflessioni personali, Social e massmedia

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6 replies

  1. Aggiungo un commento dopo aver seguito questa sera Report della Gabbanelli. Report non è nella lista delle trasmissioni parolaie da evitare, è un servizio intelligente che indaga, documenta, denuncia, fa capire, è esattamente quel lavoro che ci si attende da un giornalista. Grazie Gabbanelli.

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    • Trovo le tue considerazioni non solo condivisibili, ma del tutto corrispondenti alla realtà mass- mediale. Nei miei post, incluso l’ultimo, giungo alle stesse conclusioni.
      Il problema é che ormai l’Ordine dei giornalisti é un condominio senza amministratore, o meglio con rappresentanti che pendono dal volere dei loro editori.
      Come spesso ho sottolineato su 106 mila iscritti, solo 46 mila pagano contributi.

      Con ciò intendo dire che la maggioranza di loro é nella condizione di co.co.co, part -time, free lance, a progetto, in una parola, una grande massa di precari che lavorano a cottimo per poche lire e sotto ricatto di redattori ed editori .
      La libertà di stampa in realtà in questo paese, con questo contesto professionale, non esiste. Pochi sono coloro che hanno raggiunto, grazie alla bravura, la condizione d’imporre la propria impostazione redazionale e scaletta di argomenti.
      La Gabbanelli é una delle poche figure.
      Sono piuttosto deluso, ultimamente, da Santoro e da Formigli che é stato suo allievo.
      Il giornalismo d’inchiesta in Italia é quasi impossibile da realizzare perché l’editore deve letteralmente coprirti di assistenza giuridico – legale poiché al primo sgarbo questa politica di mentecatti querela con richieste milionarie per tacitare sul nascere ogni notizia di reato.
      Solo poche testate giornalistiche possono permettersi stuoli di avvocati per la difesa stoppando sul nascere le prepotenze della casta laica e clericale.

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  2. Grazie del commento, mi sembra di capire che ci stiamo leggendo a vicenda e che le nostre idee sono molto convergenti. E’ centrale la questione che sollevi, e che a suo tempo aveva introdotto anche Gabbanelli, il condizionamento prodotto dal meccanismo delle querele per diffamazione a mezzo stampa ovvero la richiesta di indennizzi milionari che blocca sul nascere ogni velleità di un reale giornalismo indipendente di inchiesta e denuncia. Si potrebbe suggerire a tutti coloro che vogliono veramente innovare (Grillo in testa) di introdurre la regola anglosassone dello scambio: se A querela B e chiede 100 per danni deve essere disposto a pagare 100 a B se perde la causa. Automaticamente gli indennizzi sarebbero realistici e soprattutto meno frequenti sarebbero le querele che partirebbero solo se ben motivate e non come minaccia di un potente verso un povero precario o verso un piccolo giornale di provincia.

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