La Boschi è di sinistra, il cinque stelle è democratico, Berlusconi padre della patria, Schettino all’università, Renzi è socialdemocratico, Tavecchio non è razzista,Totò Riina fa la fiction dal carcere. Benvenuti sul grande fratello Pinocchio Italia.
Così scrivevano ieri su Facebook.
L’attuale fase politica segnata dalla vigorosa presenza di Renzi al comando appare come uno stravolgimento irrazionale di tanti aspetti della nostra vita collettiva, un disordine incontrollato che sembra preludere a una catastrofe. Nel post precedente avevo cominciato a riflettere sul renzismo cercando di caratterizzarlo come fenomeno collettivo e non solo come episodio passeggero ed isolato.
Leader naturali
I leader che prendono rapidamente il potere capitano quasi per caso ed emergono perché sono come dei catalizzatori di processi giù presenti nelle società ma spesso sono anche strumenti in mano ad agenti strutturati, sono pedine di poteri forti che ne adottano la figura per perseguire i propri scopi. E’ chiarissimo che molti poteri forti, in particolare quello mediatico avevano scommesso sulla figura di Renzi per scardinare dall’interno il partito che in una logica maggioritaria di alternanza avrebbe dovuto prendere il potere dopo il governo del centro destra.
Il PD una ditta scalabile
I fondatori del PD, così fortemente focalizzati su alti ideali non fondarono una ditta a prova di scalata ostile anzi, nell’iper democrazia delle primarie, trovarono una caratterizzazione che doveva ovviare ai difetti d’origine, un partito unione di due storie un tempo antitetiche che trovavano nell’antiberlusconismo il collante identitario. Una nuova generazione di giovani scalpitanti già incardinati nelle amministrazioni locali elesse la Leopolda a luogo di incontro per raccogliere le buone idee, buone idee che dovevano essere esposte in 10 minuti e la cui somma, la cui giustapposizione, costruiva un mosaico coloratissimo che alla lunga apparve come un minestrone colorato ma disgustoso, ora che lo dobbiamo ingoiare.
Le manovre dei poteri forti
I manovratori della destra, visto che la leadership di Berlusconi andava appannandosi ed era annullata per via giudiziaria, trovarono in Renzi un personaggio nuovo, per bene, pieno di idee, con molto vigore, che poteva curvare la politica del PD a scelte meno scomode di quelle minacciate dai programmi. Ecco allora che persone, che avevano votato a destra da anni, si scomodarono per partecipare alle primarie del PD e divennero azionisti di una ditta per due miseri euro in grado di cambiare il consiglio di amministrazione e l’amministratore delegato. La destra e forse anche qualche potere forte straniero d’oltre Atlantico pensarono bene di infiltrare anche un altro catalizzatore del disagio e della rabbia, che crescevano per effetto della crisi e della deludente politica della destra. Un comico che rifiutando il circuito mediatico e giornalistico occupò la piazza internettiana e quelle fisiche di molte città. Quel comico fu in grado di affascinare anche a sinistra oltre che nel centro destra deluso ed arrabbiato e mise in frigorifero indisponibile a qualsiasi scelta di gestione della cosa pubblica più del 20% dei voti disponibili.
Da Bersani a Renzi
A Bersani, che, pur avendo contenuto nelle primarie il giovane pretendente, arrivò alle elezioni sfiancato e appannato, gli rimasero in mano delle briciole, una mezza vittoria che obbligava il PD a prendere la responsabilità delle scelte di governo ma che impediva di costituirne uno per la mancanza di una maggioranza qualificata in Senato. A questo punto il gioco era fatto, occorreva raccogliere i cocci e andare avanti. Eliminato Bersani, il giovane Letta sembrò un soluzione seria soprattutto ai poteri europei ma Henry si rivelò più roccia di quando non fosse apparso da sempre, si pensava che fosse un muro di gomma piuttosto scialbo. Venne fuori gradualmente e provocò a destra una spaccatura imprevista. Qualcuno decise che andava eliminato rapidamente e che l’unica pedina fosse il giovane Renzi il quale aveva promesso già dalla prima visita ad Arcore una attenzione particolare per il grande regista della politica italiana. Tutti i giornali, tutte le televisioni, tutti gli opinionisti, la gran parte degli intellettuali, compreso Cacciari, ci dissero che Renzi era l’unica e definitiva scelta, che lui sarebbe riuscito a cavarci dal baratro in cui stavamo precipitando.
Ma perché ci stai raccontando queste cose? le conosciamo benissimo, abbiamo una buona memoria!
Smemorati
Scusate sono appunti per me, perché soffro anch’io di una sindrome molto diffusa, quella di dimenticare ciò che facevo pochi minuti fa. Tutti abbiamo buona memoria delle malefatte dei politici italiani degli ultimi 50 anni, dimentichiamo ciò che i nostri leader attuali hanno detto e fatto poche settimane fa, dimentichiamo i fatti che si sono succeduti, o meglio, prendiamo per buone delle affermazioni perentorie che sono chiaramente fasulle. Tanto per fare un esempio si dice che Renzi vanti un suffragio elettorale del 40% che bisogna rispettare. Ci dimentichiamo che quelle erano elezioni europee e che il parlamento ha una composizione che corrisponde a ben altre percentuali.
Lo stress collettivo in cui siamo immersi ci porta tra le altre conseguenze anche al smemoratezza, l’incapacità di collegare il presente con il passato. Ne scrivevo a proposito di Berlusconi ma quelle stesse considerazioni di due anni fa potrebbero essere applicate alla condotta dell’attuale presidente del consiglio. Noi vecchi cominciamo ad avere problemi circolatori e le amnesie sono la regola, i giovani purtroppo sembra che abbiano poco da ricordare bombardati come sono da una tecnologia che uccide sul nascere qualsiasi pausa utile a riflettere e a fare collegamenti con il passato della storia e della propria esperienza.
Discorsi quasi veri
Il renzismo dilagante si basa su ragionamenti che non si fondano sulla deduzione della razionalità o sull’induzione dell’esperienza ma sull’abduzione, discorsi che appaiono tanto più veri e convincenti quanto più numerose sono al loro interno le affermazioni ovviamente vere, giustapposte ad altre che dovrebbero essere invece dimostrate. Non solo Renzi parla così alternando affermazioni ovvie e condivisibili ad altre che tali non sono, spessissimo, se devo discutere di politica anche con gente semplice provvista di strumenti dialettici poveri, la discussione comunque si accende perché il repertorio delle cose ovvie che tutti condividono è lì a disposizione ed è una perdita di tempo tentare di confutarle. Come con la Picierno. Il debito pubblico se lo sono mangiato i politici, meglio non pagare le tasse, con i miei soldi i faccio quello che voglio, se non ci fossero i sindacati le cose andrebbero meglio, tanto la pensione io l’avrò mai …. .
Populismo buonista
Il renzismo è una nuova forma di populismo apparentemente buonista, formalmente democratico che alla bisogna sfodera quel tanto di astio, di risentimento, di invidiuzza, di intolleranza, di insofferenza, di vittimismo che emergono quando si perde la pazienza. Moltissime affermazioni renziane sono declinabile a destra con espressioni violente ed intolleranti come quelle delle due comparse di Piazza Pulita come anche a sinistra con espressioni più misurate del tipo ‘qui lo dico e qui lo nego, ma Renzi in fondo ha ragione’. Il fondo violento ed intollerante nel renzismo è rintracciabile in moltissime espressioni verbali e mimiche facciali del capo con la camicia bianca sbottonata che batte i pugni sul leggio, cambia tono di voce, tratta con sdegno chiunque non sia d’accordo, inaugura l’idea di rottamare i vecchi, spianare gli avversari, battere chiunque osi opporsi ai suoi insindacabili voleri. L’intolleranza, la violenza sono un tratto diffusissimo nella società basta prendere l’autobus, osservare la gente per strada, scambiare una chiacchiera con uno sconosciuto: la disperazione è tale che tutto è consentito purché si esca da questa situazione. Basta girare un po’ sui social network per rendersene conto.
Noi, tutti capponi di Renzi
Mentre scrivevo questo post mi telefona un amico. Gli chiedo, come va da voi? Come i capponi di Renzo. La situazione da troppo tempo è così difficile e misera per tutti anche per i ricchi, che temono di diventare poveri, che abbiamo preso a beccarci tra noi.
Lascio poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all’in giù, nella mano d’un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora l’alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse, e faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura.
Cap III dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni
La comunicazione e l’ansia
Sempre riflettendo su cosa è il renzismo ho trovato un bell’articolo
LA BENEDETTA QUESTIONE DELLA COMUNICAZIONE DI MATTEO RENZI
che analizza in modo magistrale uno degli aspetti peculiari del fenomeno Renzi e che conclude con una affermazione che mi sembra risponda a pieno alla domanda che mi sto ponendo.
Renzi non è semplicemente una macchinetta da slogan, ma ha un ruolo socialmente trasformativo. Creare un partito di massa che si identifica e si compatta non più in un particolare tipo di bisogni materiali o di ideali, ma in una condizione emotiva. La nuova coscienza di classe è quella di un popolo di ansiosi. E in questo senso la crisi della rappresentanza ha una scaturigine interiore: la società post-comunitaria degli individui monadi è composta da persone che desiderano essere ascoltate, viste, riconosciute. La caratteristica precipua dei nuovi adulti è l’ipersensibilità, la fragilità della psiche, una perenne ansia da prestazione. Hanno bisogno di sollievo, hanno bisogno di qualcuno che s’identifichi con loro. O che soprattutto sappia fingere molto molto bene.
Per questo temo che Renzi non sia un fenomeno passeggero.
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