Lo gnommero delle trivelle

Sosteneva, fra l’altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo. Ma il termine giuridico «le causali, la causale» gli sfuggiva preferentemente di bocca: quasi contro sua voglia.

Da Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda.

Le dimissioni della Guidi rischiano di diventare il battito d’ala che scatena la depressione ciclonica trasformando il garbuglio renziano, lo gnommero in cui ci siamo aggrovigliati in una tempesta pericolosa per tutti. Così la pensa oggi anche Scalfari che parla di  un fiammifero che innesca un incendio:

DA QUANDO la ministra Federica Guidi ha dato le dimissioni, incoraggiate (si fa per dire) dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il dibattito politico ha assunto dimensioni mai raggiunte negli ultimi dieci anni. Argomenti prima distinti si sono intrecciati: democrazia, partiti, rottamazione, riforme economiche, riforme costituzionali, elezioni amministrative, referendum abrogativi, referendum confermativi, clientele, questione meridionale, Europa confederata o federale, terrorismo, immigrazione, Libia, Turchia, un magma di problemi e un filo d’Arianna che nessuno riesce più ad impugnare per uscire da un labirinto che non è soltanto italiano.

Il filo di Arianna per uscire dal labirinto non ce lo offre nemmeno la stampa che non aiuta a capire anzi continua a stressarci con una informazione carente su tutto e in genere fuorviante il cui unico scopo è quello di incitare il cittadino a stracciarsi inutilmente le visti perché sia il cittadino a rimanere nudo e non il re.

Solo ora apprendiamo qualcosa su Tempa rossa, ma forse è colpa della mia personale ignoranza  visto che mi ostino a non finanziare la carta stampata. Naturalmente ora il più grande giacimento potenziale  d’Europa viene presentato come un disastro annunciato, un mostro che il grande capitalismo, il vero demonio, sta impiantando sulle nostre delicate e incantate sponde.

I media ci presentano come un’orrenda colpa la confidenza della Guidi con il suo ragazzo, in realtà una anticipazione di una informazione pubblica visto che gli atti parlamentari sono pubblici, mentre il vero grande problema è che un emendamento bocciato dall’assemblea viene riintrodotto nel chiuso dell’ufficio della Boschi in un maxi-emendamento che deve passare obtorto collo senza alcuna discussione analitica e collegiale. Ma questo non è un reato di cui si occupano i giudici. Intanto ora siamo bombardati da avvisi di garanzia a raffica di grande effetto ma dei quali sfugge il nesso con un fatto chiaro e comprensibile: dovessi dire, non ho capito di cosa stiamo parlando, spero che alla fine tra qualche anno il tutto non si riduca al solo il chiacchiericcio di affaristi e di imprenditori che fanno gli affari loro. Cosa inevitabile in un sistema capitalistico liberale.

Ma volevo parlare dello gnommero delle trivelle non di quello renziano.

E’ da giorni che cerco di chiarirmi la questione del referendum del 17. Sulla mia bacheca di Facebook ho riportato alcuni interventi autorevoli sull’argomento non in linea con la campagna per il sì. Onestamente devo confessare che sono confuso e scrivendo questo post cerco di fare il punto rimanendo aperto ai commenti dei miei lettori e a considerazioni che mi aiutino a decidere.

Strumento arrugginito

I referendum sono diventati uno strumento ambiguo i cui effetti sono nulli o addirittura controproducenti. Ciò accade tutte le volte in cui il quesito referendario è più un pretesto per rompere degli equilibri e scatenare della reazioni emotive piuttosto che un punto di riferimento positivo verso cui coalizzare forze che altrimenti non sarebbero rappresentate dalle forze politiche. Il meccanismo distorcente a livello sociale sta nel fatto che la maggioranza che si esprime si muove su una petizione di principio moralmente giusta e bella ma che non corrisponde agli interessi reali di una maggioranza effettiva di cittadini.

Effetti secondari

Non solo non si conosce bene il quesito ma soprattutto non si riflette sugli effetti secondari della propria scelta. L’esempio del nucleare è chiarissimo: votammo contro il nucleare, alla lunga la scelta è stata positiva? Siamo andati a costruire le centrali in Francia a pochi chilometri dal confine a due passi dalle regioni più popolate e produttive, le abbiamo costruite nell’est europeo e compriamo energia elettrica di origine nucleare senza badare a spese. Una intera generazione di fisici e ingegneri si è adattata ad insegnare matematica nei nostri istituti tecnici.  Siamo andati dietro al referendum di Segni, non io, e ci troviamo con un sistema elettorale super maggioritario in cui gli eletti sono prescelti dalle segreterie dei partiti. Potrei continuare. Ma questi due esempi sono sufficienti per scorgere in questo referendum delle trivelle gli stessi rischi: tutti vogliono il mare pulito, la natura rigogliosa, tutti odiano i grassi capitalisti che speculano sulla vendita del petrolio ma nessuno si chiede quali saranno gli effetti pratici dell’abrogazione della norma che prevede la proroga delle concessioni in essere fino all’esaurimento del giacimento.

Effetti immediati?

Intanto non ci saranno effetti immediati positivi, cioè le trivelle continueranno a lavorare fino alla scadenza della concessione, in media una decina di anni, molti di noi non ci saranno più. Qualche impianto vicino alla scadenza non rinnovabile sarà manutenuto di meno o abbandonato, altri saranno svenduti a imprese prestanome per ridurre le perdite dell’investimento che era pianificato per tempi più lunghi di ammortamento, altri impianti pomperanno di più massimizzando la quantità estratta nel tempo di concessione residuo. Quindi in molti casi ci sarà un aumento di probabilità di malfunzionamenti, incidenti e inquinamento. (scusate non sono un ingegnere né un economista cerco di ragionare con la mia testa, chi è più competente per cortesia smonti il mio ragionamento). Naturalmente oltre le 12 miglia si potrà trivellare, magari in diagonale (scusate ho visto troppi cartoni animati di Walt Disney). 

Emotività

Il caso Guidi e l’inchiesta di Potenza introduce un’ulteriore confusione sui termini della questione: il pregiudizio anticapitalista, la poetica del ritorno alla natura intatta sovrappongono i due problemi quello delle trivellazioni marine e quelli dei pozzi della Basilicata, per cui a sentir parlare di trivelle sussultiamo come fosse il trapano del dentista. Naturalmente pretendiamo che al distributore la benzina sia sempre disponibile e il gas ci riscaldi la casa e la doccia.

Perché voterò no

Ebbene sì, voterò no. Abolire quel codicillo non migliora la situazione, la peggiora, probabilmente, ma soprattutto costituirebbe un fragile alibi per continuare a disinteressarsi della gestione dell’approvvigionamento energetico che è l’autentica spina nel fianco del nostro sistema produttivo e della qualità della nostra vita.

I partigiani del sì mi diranno che quest’ultima ragione vale soprattutto per il no. I cittadini accettano il codicillo e sottoscrivono così una politica energetica insoddisfacente.

E’ per questo che sostengo che il referendum è uno strumento rotto che non chiarisce la situazione ma la intorbida con un dibattito tutto emotivo e poco legato agli interessi reali dei cittadini.

Andare o non andare?

Insomma a questo punto vado al mare a controllare che non ci siano in giro nuove trivelle a vado a votare?

Qui c’è un ulteriore elemento che mi complica la vita: Renzi ha suggerito di astenersi dal voto dopo che un bel po’ di presidenti di regione del suo partito avevano promosso il referendum (a proposito, se non ho capito male questo referendum è una novità pericolosa, è l’espressione del dissidio tra regioni e stato sul quale non si esprime la corte costituzionale come in genere dovrebbe accadere ma direttamente i cittadini).

Non è bello  e non promette nulla di buono un suggerimento di non partecipazione democratica, nel clima arroventato di questa Repubblica languente.

Trovo che le trivelle sono niente rispetto ai rischi di una involuzione democratica e fermare il renzismo è un dovere. Quindi andrò a votare.

Effetto concorso di bellezza

Quando si vota ci si comparta come lo speculatore di borsa di cui parlava Keynes. Come voteranno gli altri? E’ facile intuire che gli astensionisti sono ormai la maggioranza dei cittadini e che Renzi abbia scelto la tattica più semplice, peccato che quei rompiscatole dei giudici di Potenza abbiano rotto le uova nel paniere. Quelli come me che voteranno e voteranno no saranno una piccola minoranza ma contribuiranno a raggiungere il quorum e a far vincere così il sì. Cipolla direbbe che sono uno stupido agendo contro i miei interessi poiché per danneggiare il nemico provoco un danno a me stesso? Forse.

Mi sembra però che potersi opporre al dilagante renzismo piagliatutto valga di più degli effetti secondari della vittoria del sì.



Categorie:Economia e finanza, Politica

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