Chissà perché questa estate mi ricorda quella in cui ci fu il colpo di stato in Russia e Gorbaciov fu riportato quasi prigioniero dal Mar Nero in cui stava in vacanza a Mosca. C’è in giro un sinistro scricchiolio delle più grandi istituzioni, gli Usa alle prese con una nuova grave tensione razziale, l’Europa con la sua prima secessione, la Cina di cui non si sa niente, il mondo arabo nel pieno di una lunga e sanguinosa guerra civile.
Forse è ingenuo continuare a parlare dei nostri risparmi che rischiano di evaporare o che per alcuni sono già improvvisamente e irrimediabilmente evaporati. Speriamo che serva a capire meglio quel che sta succedendo.
Nel precedente post ho sostenuto che coloro che si tengono in tasca i crediti incagliati delle banche non possono essere dimenticati e forse nemmeno perdonati. Alcuni prestiti bancari sono stati concessi ad incapaci e sono stati sperperati o mal utilizzati, si sono dissolti, altri prestiti sono stati concessi a imprenditori capaci i quali hanno prodotto nuova ricchezza ma per le difficoltà dell’economia tale imprenditori sono in grado di restituire il prestito ricevuto più lentamente del previsto, altri prestiti sono stati concessi ad istituzioni pubbliche per lavori ed opere che produrranno utili e ammortamenti molto lentamente in alcuni decenni.
Si tratta di una situazione molto complessa di difficile gestione anche da parte degli esperti ma che è diventata argomento di conversazione diffuso, tanto che ne parlo anch’io in questo blog. L’argomento si presta fin troppo bene ad alimentare visioni manichee, risentimenti ed aggressività da parte di chi ha come chiave interpretativa il solo pregiudizio moralistico .
Durante la recente crisi finanziaria seguita al fallimento di una banca americana per effetto dei mutui subprime, che le famiglie non erano in grado restituire, lessi un volumetto divulgativo di Salvatore Rossi, un direttore generale della Banca di Italia dal titolo Processo alla Finanza.
La cosa che più mi colpì fu una affermazione iniziale, piuttosto ovvia ma sulla quale non avevo sufficientemente riflettuto. Un debito corrisponde simmetricamente ad un credito. Se ho un bene che non mi serve posso prestarlo ad un altro soggetto il quale si impegna a restituirlo entro un termine concordato. Questo schema funziona sia che si tratti di un quintale di grano o di un’oncia d’oro o di un pacco di banconote. Fin qui il concetto è semplice e quasi banale. Se lo scambio di beni è tra uno Stato e i suoi cittadini, se lo Stato prende in prestito dai cittadini del denaro e si impegna a restituirlo in un termine definito a breve scadenza o a lunga scadenza, consegna loro dei titoli cartacei o elettronici sotto forma di Buoni del Tesoro. Il debito dello Stato verso le famiglie, il debito pubblico, corrisponde ad un credito che le famiglie possono vantare verso lo Stato per cui il debito dello Stato corrisponde alla ricchezza delle famiglie che hanno prestato i loro soldi. L’autore partiva da questa ovvia considerazione per analizzare il problema allora drammatico dello spread e cioè dei rischi connessi all’aumento improvviso ed incontrollabile degli interessi che i risparmiatori e gli investitori esigevano dallo Stato che chiedeva i prestiti. Tra l’altro mostrava come lo scenario cambiasse decisamente se il debito pubblico fosse detenuto non dai cittadini dello Stato ma da altri Stati o da cittadini di altri Stati.
La finanza crea strumenti per scambiare e diffondere ulteriormente la ricchezza. Vediamo come. Caio ha prestato a Tizio un quintale di grano e Tizio ha firmato l’impegno a restituirlo entro un certo tempo. Caio ha successivamente bisogno di 10 chili di fagioli e vuole comprarli da un terzo agricoltore Sempronio che ne ha in eccesso. Caio darà a lui per pagare i fagioli il pezzo di carta che gli ha firmato Tizio. Sempronio accetta lo scambio perché pensa che il quintale di grano sia equivalente ai 10 chili di fagioli … e così via. Questo pezzo di carta firmato da Tizio, che ha ricevuto un bene reale, comincia a circolare e così gli scambi di beni diventano sempre più facili e veloci. Ovviamente lo schema della finanza attuale è molto più complicato ma in sostanza la finanza consente di scambiare come fossero beni reali un debito che qualcuno ha contratto e che si è impegnato a restituire. Se in questa serie di scambi il primo non avesse preso a debito il quintale di grano non si creavano mezzi di pagamento aggiuntivi e l’economia di quella comunità sarebbe rimasta più statica e povera e soprattutto il grano in eccesso dell’agricoltore Caio sarebbe marcito e avrebbe perso valore.
Ovviamente il valore del contratto firmato da Tizio dipende dalla quantità di grano che rappresenta ma anche dalla capacità di Tizio di restituirlo nei tempi previsti. Se si sparge la voce che Tizio dopo essersi mangiato il pane fatto con il grano preso in prestito ha smesso di lavorare e non restituirà un bel niente, il suo contratto perderà valore e colui che lo detiene come titolo di pagamento per acquistare altri beni scopre di avere carta straccia, un bel nulla. Questa storiella spiega bene tanti eventi di questi giorni in cui la massa dei mutui deteriorati nella pancia di alcune banche che finora erano considerati ricchezza reale all’improvviso perdono di valore, in parte o del tutto, mettendo in crisi il patrimonio stesso della banca.
Ovviamente Tizio che non restituisce il quintale di grano avuto in prestito non potrà avere nuovo credito da nessuno ed è condannato a fare la fame.
Forse ora capite perché la Raggi a Roma mi preoccupa. Intanto Raggi e i 5 stelle parlano del debito con la stessa moralistica avversione dei tedeschi per i quali debito e colpa sono la stessa parola. Per fini elettoralistici, per mostrare che i precedenti amministratori hanno amministrato male o hanno rubato, si insiste nel ricordare l’ammontare del debito senza sapere esattamente neppure a quanto ammonta e come e quando deve essere restituito. Se per stressare ulteriormente la situazione, ad esempio per ottenere una diminuzione degli interessi a suo tempo pattuiti con i creditori, si mettesse il Comune di Roma in situazione prefallimentare minacciando di non poter restituire il debito, il rischio molto concreto è che il Comune di Roma potrebbe far la fine di Tizio e cioè non ottenere nuovo credito, ovvero dover pagare tassi di rendimento più alti di quelli ottenibile sul mercato se fosse considerato un pagatore affidabile.
Ovviamente le campagne mediatiche per demonizzare il denaro, la finanza, le banche, la massoneria, i poteri occulti e via cantando possono galvanizzare il tifo calcistico degli stupidi ma alla fine della fiera quando ti servono gli spiccioli per pagare i netturbini il disastro potrebbe essere crudele. Forse bisognerebbe spiegare alla Raggi e ai suoi fan che le opere pubbliche necessariamente si fanno a debito con mutui ventennali o trentennali, bisognerebbe dare alla Raggi e ai suoi fan l’elenco dei lavori effettuati negli ultimi vent’anni per scoprire che grazie anche alla ristrutturazione del debito già realizzata negli anni scorsi che mette in carico al bilancio della Stato un discreto numero di miliardi, Roma ha una situazione finanziaria gestibile e compatibile con nuovi lavori pubblici per i quelli occorrerà sottoscrivere nuovi mutui, cioè aumentare il debito.
In realtà le preoccupazione della Raggi, ora che la campagna elettorale è finita ed ha assunto la responsabilità della gestione della città, è che il debito pregresso non sia solo costituito da mutui classici ma anche da derivati il cui valore può oscillare enormemente in condizioni economiche particolari.
Di derivati si torna a parlare da quando gli americani, dopo la Brexit, nel declassare il valore del debito pubblico inglese, notavano anche che il sistema bancario tedesco aveva i suoi problemi poiché la maggiore banca tedesca aveva nei suoi forzieri un ammontare stratosferico di derivati finanziari, una specie di santabarbara di contratti pronta ad esplodere in presenza di situazioni economiche estreme verso cui la Brexit stava facendo precipitare il sistema. Come al solito gli organi di informazione ne hanno parlato abbastanza fugacemente senza chiarire però la natura di questi oggetti finanziari.
Ci provo a dire quello che ho capito finora.
Torniamo, per capire, ai nostri tre agricoltori. Sempronio, che dovrebbe scambiare i fagioli con il pezzo di carta firmato da Tizio, non conosce Tizio e chiede di avere qualche garanzia in più circa il fatto che Tizio onorerà la sua promessa. Caio insiste nell’assicurare che Tizio è uomo d’onore e restituirà il grano ma Sempronio è diffidente. Allora Caio va da Anacleto, uno molto ricco del paese che conosce un po’ tutti e chiede una garanzia su Tizio. Anacleto, che fa questo di mestiere, assicura che se Tizio non darà il quintale di grano ci penserà lui a restituirlo. Considera il rischio piuttosto basso e decide di accontentarsi di un chilo di fagioli come compenso per questo servizio. Caio torna da Sempronio con l’assicurazione sottoscritta da Anacleto e dice che ora, considerata la certezza che il quintale di grano sarà certamente restituito è scambiabile con 11 chili di fagioli. Sempronio acconsente, così Caio si tiene 10 chili di fagioli e porta ad Anacleto il chilo come compenso per l’assicurazione sulla restituzione di Tizio.
Mi avete seguito sin qui? Bravi! Ecco un derivato: l’assicurazione di Anacleto che restituirà 10 quintali di grano se Tizio non onorerà il suo debito in cambio di un chilo di fagioli è un derivato. Anacleto ha fatto una scommessa considerando la probabilità che Tizio non onori il debito, il rischio per lui vale 1 chilo di fagioli. Ma ora che succede? Sempronio ha in mano due titoli, due pezzi di carta uno firmato da Tizio e un altro firmato da Anacleto che garantisce la restituzione di Tizio. I due pezzi di carta sono distinti e quindi si possono utilizzare separatamente. Sempronio decide di utilizzare l’assicurazione di Anacleto cedendola ad un altro agricoltore Quinto riprendendosi il suo chilo di fagioli … ho sbagliato!, riprendendo un valore identico o diverso a seconda che la probabilità di restituzione da parte di Tizio sia rimasta nel frattempo la stessa o sia cambiata.
Se circola voce che Tizio avrà un ottimo raccolto e che la restituzione del quintale di grano è certa, l’assicurazione di Anacleto varrà sempre meno fino a valere zero nel momento in cui Tizio restituisce il grano a Sempronio, Anacleto si tiene il chilo di fagioli come compenso del rischio che ha corso, se invece Tizio non restituisce il grano, il pezzo di carta firmato da Anacleto (il derivato) varrà esattamente 1 quintale di grano che Anacleto consegnerà a chi detiene il derivato. Sempronio se non cede ad altri il suo ‘derivato’, l’assicurazione di Anacleto, dorme tranquillo o Tizio o Anacleto consegneranno un quintale di grano, se invece ha ceduto il suo derivato a Quinto, Sempronio rimarrà a bocca asciutta e Quinto ritirerà 1 quintale di grano da Anacleto. Quindi il pezzo di carta a firma Anacleto, il derivato, può assumere un valore variabile da 0 a 10 quintali di grano in ragione della probabilità di Tizio di restituire il suo debito.
Ci siete ancora? Naturalmente il mio racconto è molto naif ma spero di non veicolare concetti del tutto sbagliati.
Ogni risparmiatore, anche il più modesto, è incappato nei derivati, o in qualcosa di molto simile nel momento in cui l’impiegato della banca propone di associare ad un investimento una polizza assicurativa che ne garantisca il valore o il rendimento in certe condizioni. Ovviamente il costo della polizza è a carico dell’investitore. Sarebbe questa assicurazione un vero derivato se l’investitore potesse, come ha fatto Sempronio, cedere separatamente a terzi tale polizza separandola dall’investimento originario.
I derivati sono prodotti molto più sofisticati e complessi di quanto posso aver illustrato nel mio esempio ma in pratica sono delle scommesse su andamenti economici e finanziari futuri che in alcuni casi semplificano e garantiscono operazioni economiche ad alto rischio, si pensi ad esempio il rischio di cambio in grandi lavori pubblici realizzati da una società internazionale in un determinato paese con una moneta volatile, si pensi al rischio di investimenti in ricerche minerarie o petrolifere, si pensi alle scelte strategiche di una città che deve dotarsi di strutture per il riciclaggio dei rifiuti. Ovviamente come tutti gli strumenti in mano all’uomo possono diventare pura speculazione di tanti Anacleti che riescono a manipolare il mercato a proprio favore realizzando profitti senza dover produrre quasi nulla.
Ciò che appare certo in questo momento è che la grande guerra si combatte anche nelle borse e nei borsini diffondendo paure, incomprensioni, risentimenti, invidie, pregiudizi, ignoranza che rendono anche i più piccoli investitori merce da manipolare con il panico.
Categorie:Economia e finanza
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