A commento dei due post precedenti, mio fratello mi ha inviato un articolo di Prodi pubblicato dal Messaggero domenica scorsa.
In linea con altri post riguardanti l’economia, ho cercato di sviluppare in questi ultimi 3 delle considerazioni di buon senso e di introdurre qualche concetto necessario per capire un po’ meglio quello che sta succedendo in questi giorni.
In particolare mi premeva sottolineare che protagonisti di questa crisi sono anche coloro che hanno ottenuto prestiti dalle banche e che ora non sono in grado o non vogliono restituire quanto hanno incassato. Ciò va ricordato perché troppo spesso si demonizza il denaro, le banche, la politica a tutto vantaggio degli speculatori veri che in questo clima di instabilità ed incertezza riescono a lucrare guadagni inimmaginabili.
Di queste ore la proposta di liberare le banche in crisi dei crediti incagliati, quelli difficilmente recuperabili, cedendoli ad altri attori, banche o finanziarie, ad un prezzo di circa il 40% del valore nominale e lasciando a questi ultimi il compito di recuperare il recuperabile. Poiché nessun privato vuol fare beneficenza ciò vuol dire che chi rileva mutui incagliati al 40% del valore nominale spera di incassare certamente di più e se ha pazienza anche il 100% del valore.
Prodi, basandosi su uno studio di giovani ricercatori di Nomisma, osserva che tra i crediti incagliati ci sono anche numerosi piccoli mutui intestati a famiglie che per le difficoltà economiche sopraggiunte con la crisi non sono in grado di pagare le rate. Nell’articolo Prodi quantifica in circa 250.000 famiglie i soggetti a rischio di insolvenza. Questi, qualora si procedesse alla cessione dei loro mutui a società e finanziarie che avranno il compito di liquidare il rapporto recuperando il valore del mutuo attraverso alla vendita della casa, si vedrebbero di fatto espropriati dei loro risparmi che hanno nel tempo versato come rate già versate. Prodi osserva che si tratta di un problema economico, tante case in vendita contemporaneamente causerebbero una ulteriore perdita di valore degli immobili, ma soprattutto si tratta di un problema sociale perché alla disoccupazione che ha impedito di pagare le rate si aggiungerebbe l’esproprio della casa. La proposta di Prodi è quella di costituire un fondo pubblico in grado di intervenire soprattutto a favore di queste famiglie in difficoltà. Il fondo subentrerebbe nella proprietà delle singole case consentendo al mutuatario di trasformarsi in inquilino ad un prezzo politico molto vantaggioso per poi eventualmente rientrarne in possesso superata la crisi.
Non entro nel merito della proposta che nell’articolo è solo accennata ma apprezzo che Prodi abbia ricordato la vera natura sociale del problema che non riguarda solo i risparmiatori-azionisti che hanno perso denaro investito nelle banche ma anche molte famiglie che già fanno fatica a pagare i mutui e che patirebbero le conseguenze più dure di questa crisi.
Personalmente ritengo che la costituzione di un nuovo fondo che operi ad un livello così capillare significa creare un nuovo carrozzone con tutti i rischi che ben conosciamo.
Forse varrebbe banalmente la pena di riprendere la proposta di interventi sull’economia che feci quando volevo fare concorrenza a Monti. Avevo proposto di abolire la tassa di registro.
Aggiungerei a quella proposta la semplificazione degli atti di compravendita degli immobili. La normativa attuale ha reso la procedura complessa ed esigente e quindi costosa. Supponete che un appartamento gravato da un mutuo possa essere ceduto con un contratto semplificato anche presso un commercialista, senza notaio visto che l’atto originario che aveva attivato il mutuo era certamente stato istruito con rigore e serietà. Insomma immaginiamo che cedere un appartamento gravato da un mutuo costasse pochissimo. Un mutuatario scopre di aver fatto il passo più lungo della gamba, una famiglia che si spezza e la casa diventa troppo grande ed onerosa per uno solo, chiunque voglia liberarsi del vincolo territoriale costituito dalla casa con mutuo dovendo cambiare sede di lavoro,chiunque potrebbe mettere in vendita la propria casa cedendo ad altri il mutuo residuo. Se è fortunato potrebbe guadagnarci, se cioè la casa nel periodo che l’ha detenuta ha aumentato il suo valore, potrebbe perderci se vende in un momento fiacco come quello attuale, ciò che è certo è che gran parte di quello che ha investito sulla casa potrebbe essere recuperato e il nuovo proprietario avrebbe più probabilità di onorare il debito residuo. Il nuovo proprietario dovrebbe soddisfare le condizioni di concessione del mutuo affrontando la spesa della pratica per la concessione del mutuo presso la banca oppure pagare l’intero valore di mercato della casa al primo proprietario che estinguerà anticipatamente il mutuo residuo. In questo modo, attraverso il mercato libero e attraverso scelte singole, le 250.000 famiglie di cui parla Prodi potrebbero trovare nuove soluzioni, case più piccole o più economiche con nuovi mutui più leggeri, case in affitto, e i mutui passerebbero di mano a soggetti in grado di far fronte agli impegni.
Come al solito le mie idee sono delle semplificazioni forse ingenue e chiedo ai miei lettori di smontarle o perfezionarle.¹
Ovviamente una operazione come questa non sarebbe un aiuto di Stato e sarebbe del tutto compatibile con il Bail-in, sarebbe un alleggerimento fiscale e una semplificazione delle procedure burocratiche che soffocano l’economia non solo quella delle piccole famiglie di risparmiatori che cercano di acquistare una casa.
In effetti l’abolizione della tassa di registro semplificherebbe la vendita di molte case nuove che i grandi costruttori non riescono a vendere e quindi anche altri crediti incagliati concessi ai costruttori potrebbero essere restituiti nei tempi previsti e il sistema potrebbe riprendere a funzionare, anche il sistema bancario.
¹ L’ingenuità sta nel fatto che se la difficoltà a pagare il mutuo fosse nota la casa messa in vendita perderebbe automaticamente di valore. E’ capitato che direttori di banca favoriscano propri amici indicando i proprietari che vendono per realizzare perché hanno difficoltà economiche.
Categorie:Economia e finanza
ciao raimondo.
grazie per questa serie di articoli, mi riprometto sempre di intervenire sistematicamente su tutta questa problematica, ma poi non ci riesco.
qui mi limito a una critica quasi ovvia su un punto: in Italia la proposta di abolizione delle tasse e` un diffuso sport nazionale, inaugurato da Berlusconi.
ma ogni volta che si abolisce una tassa non si ha il dovere di dire con quale altra tassa la si intende sostituire?
tassa del registro sulle transazioni immobiliari: quanto rende allo stato in un anno?
non sono riuscito a scoprire altro che nel suo insieme la tassa di registro rende piu` di 10 miliardi.
credo che la quota specifica per la transazioni immobiliari sia solo una parte piuttosto piccola.
ma comunque, con che cosa pensi di sostituirla?
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Grazie del commento che mi stimola ad approfondire la mia proposta. Secondo la CGAMestre il gettito della tassa di registro ammonta a circa 6 miliardi di euro. Non è una cifra gigantesca se paragonata all’impegno di cui si sta parlando per arginare il crack di qualche banca. La tassa di registro, con un gettito esiguo rispetto ai bisogni dello Stato, ha il difetto di raffreddare gli scambi tra privati, condannare i vecchi a vivere in appartamenti enormi, condannare i pendolari a viaggiare tutta la vita. Una casa è per sempre perché cambiarla costa di tasse e burocrazia quasi il 10% del suo valore. Ci sarebbe un indotto in termini di introiti per lavori di manutenzione della nuova casa, traslochi, mobili … insomma quello che il buon Renzi sperava di movimentare con gli 80 euro che sono costati molto di più. Nella mia proposta c’è anche la semplificazione delle procedure di passaggio e qui la casta dei notai sarebbe molto più potente dello Stato stesso per mantenere la situazione attuale. Se vai a rileggere la mia Agenda RB troverai che io sono per aumentare la tassa di successione e per aumentare le aliquote alte. Il margine ci sarebbe ma non pretendo di scrivere la legge al posto di Padoan.
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