Dopo la batosta 2

Da dove ricominciare il mio racconto? Pensavo di raccontarvi qualcosa del mio recente viaggetto nella Londra del dopo Brexit ma ieri una mia cara amica mi ha scritto una rapida mail con allegato una articolo di Pierluigi Battista del Corriere dal titolo Ci sarà un motivo per la sconfitta no?

Per le tue meditazioni post-elettorali. Ti suggerisco anche di meditare sulla parola umiltà. Buona giornata.

L’articolo è un lungo attacco sarcastico agli elettori di sinistra.

Particelle elementari
E adesso, passata una settimana di depressione luttuosa, si può ricominciare a pensare, persino a studiare. Dopo aver vituperato il popolo rozzo e ingrato. Dopo averlo coperto di improperi. Dopo aver sottolineato la propria indiscussa superiorità morale e antropologica sul popolo bruto e beota che si è permesso di ripudiarti con una certa corale sbrigatività. Dopo aver deplorato la mancanza di eleganza dei nuovi sanculotti che non ti stanno più a sentire. Dopo aver tuittato furiosamente contro il popolo tuittatore . Dopo aver mugugnato sui social sulla strapotenza dei social in un’epoca in cui il popolaccio si è messo alla tastiera e non vota più le avanguardie del pensiero. Dopo aver inveito contro la pancia del Paese, perché la pancia sono sempre gli altri e tu sei il cervello misconosciuto dalla volgarità dei più. Dopo aver indicato nei bassi istinti, nelle spregevoli pulsioni, nell’irrazionale e puerile rabbia la forza di chi ti è alieno mentre tu incarnavi per decreto il voto razionale, saggio, pensoso sugli interessi generali di un Paese panciuto che ha pure la sfrontatezza di voltarti le spalle, dopo tutto questo ora magari sarebbe il caso di capire cosa accade nel mondo, attrezzarsi di pazienza, magari addirittura, dopo aver studiato finalmente cose utili, mettere il naso fuori dai nostri appartamenti.
Ora, dopo il rituale e snervante piagnisteo sulla nequizia dei tempi, come gli aristocratici monarchici incartapecoriti che in «Anni difficili» di Dino Risi imprecavano contro il popolaccio che aveva appena votato per la Repubblica (il paragone è con gli aristocratici, non con la Repubblica scelta), è arrivato il momento di capire il perché e, come si fa nelle democrazie, attrezzarsi per andar meglio la prossima volta. Ora, dopo aver rimproverato, bacchettato, deplorato, redarguito, addirittura gli intellettuali potrebbero sfogliare qualche libro che magari è capace di andare più in profondità delle cose dette nelle conferenze stampa. Dopo aver metabolizzato la sconfitta, si può anche immaginare di rialzarsi un giorno di questi, a meno di non voler continuare nell’imprecazione malmostosa e patetica contro quello che accade e che accadendo tende a escluderti. Come quelli che insultano chi, amato, si ostina a non amarti. E ci sarà pure un perché, no ?
Corriere della Sera – 
Mi sono arrabbiato ed ho subito risposto:
Cara ….. non capisco se ti riferisci a me o al mio blog o alla mia parte politica. In ogni caso non prendo lezioni da chi (BATTISTA) ha sempre intrugliato nella politica senza mai far capire da che parte stava. Il Corriere è al centro di una manovra mediatica che ci ha portato a questa grave situazione, il potere della borghesia lombarda benpensante sposa il nuovo potere come fu con Mussolini usando tutti i mezzi anche l’umiliazione e la derisione dei perdenti.

Ora chi ha una casa di proprietà magari ben arredata, chi ha avuto successo nella sua professione, chi ha letto qualche quintalata di libri, chi cerca di conservare una capacità di analisi critica, chi ha un buon tenore di vita assicurato da un sistema pensionistico cui ha contribuito deve star zitto, cospargersi il capo di cenere, fare autocritica e rinunciare a un  pezzetto del suo capitale per finanziare il reddito di nullafacenza.

Sono molto fiero di far parte di una élite, sono fiero di mio padre che si è spellato le mani per farmici entrare e disprezzo, ripeto disprezzo, questi sanculotti spesso borghesucci garantiti nel pubblico impiego che stanno avvelenando la vita civile di una nazione che non è mai cresciuta arrivando ad essere adulta.
Sono preoccupato per i miei figli  perché il 45% dei miei concittadini ha votato  per forze pericolosissime per la democrazia, per il benessere, per l’unità nazionale.
Sono certo che il tono della tua mail fosse leggero e che la mia reazione sia sproporzionata e forse può apparire villana ma questa mia esasperazione nasce dalla lettura dei commenti del mio giro su Facebook, dagli stessi atteggiamenti di persone amiche e di colleghi che condividono questa linea espressa dal Corriere cioè una forma un po’ demagogica di rivalutazione della normalità democratica degli esiti di domenica scorsa e della parallela demonizzazione dei perdenti sia del Partito Democratico sia di quel che resta di Forza Italia.
Diciamo allora che cercherò di essere superbamente umile.
Tuo Raimondo
questa mattina le repliche

Caro Raimondo,

non credere che non sia preoccupata anche io per quelli che sono stati i risultati delle elezioni. Non mi riferivo a te, né al tuo blog, ma a quella parte politica che non ha saputo capire proprio perché divenuta troppo borghese.

Cara ……, detto così da una persona che fa della solidarietà sociale una ragione di vita, la tua analisi della disfatta è più che accettabile ma non lo è se viene dal giornale che da sempre è l’espressione, spesso anche meno nobile, della borghesia e dei suoi arroccamenti. Nell’articolo ho sentito cocente una derisione del perdente che è comune a gran parte dei media e delle stesse persone  che fino a ieri stavano su quel carro. In questi giorni non mi sono avventurato in nuove chiacchiere sul blog anche perché sono stato fuori Roma in altre faccende affaccendato sia perché proprio questa mia animosità è bene che decanti un po’ ma la tua mail mi offre lo spunto per nuovi post.

Ciao
Raimondo


Categorie:2018 Elezioni politiche, Politica, Riflessioni personali

3 replies

  1. Questo testo è di Alfredo Morganti pubblicato su Facebook. Mi è sembrato molto in tema con l’oggetto del mio post

    Alfredo Morganti su Facebook
    Sinistra Anno Tre

    Lo dico senza polemica e senza particolare risentimento. Ma a me questa idea di una ‘sinistra anno zero’ non piace affatto. Che vuol dire? Che si riparte da niente? Che si cancella il passato? Che il buono sta solo nel futuro, ammesso che vi sia? Che il male c’è già tutto stato? Che una ‘sconfitta’, anche la peggiore, implica la cancellazione delle basi, del lavoro di tanti, delle passioni e delle speranze coltivate in tutti questi anni? Che il risultato conta più dell’impegno? Che alla fine c’è solo ground zero, o forse ci si illude che vi sia solo quello? A me pare una risposta renziana al renzismo, ecco. Mi pare lo stesso desiderio di novitas, secondo lo stile dell’ex segretario. La stessa fretta, lo stesso spasimo, lo stesso desiderio di cortocircuitare tutto in un battibaleno. Tentando di liberarsi di quella che è ritenuta, la ‘zavorra del pensiero’. È un po’ come ‘rottamare’ la storia, un po’ come ‘azzerare’ appunto l’esistente in nome di un non-esistente, la tradizione in nome di chissà che slancio vitale. Una specie di giudizio manicheo sul bene e sul male. Un colpo di gomma radicale, senza discernimento, senza discrimine, un taglio netto, un movimento di falce senza nemmeno prendere un po’ la mira.

    Dietro l’invocazione di un anno zero scorgo in realtà, paradossalmente, proprio ciò che andrebbe ‘azzerato’: questa idea vana e sciocca di palingenesi, questa ambizione alla piazza pulita, questa convinzione mediatica che vi sia un nuovo più nuovo di altri, questa presunzione di giudicare direttamente la totalità, non le singole pieghe della realtà, senza nemmeno passare per una pur modesta autocritica. Scorgo, poi, anche l’idea titanica della distruzione-rigenerazione. Che a me mette paura. Più umilmente dico: e se ripartissimo dal poco che c’è, secondo l’ottica di Massimo Troisi? Pronti a ‘ricominciare da tre’, in fondo, perché qualcosa di buono c’è sempre anche nell’angustia cieca e affannata di queste ore? Il gesto distruttivo, azzerante, rottamante, è sempre, in fondo, una forma di nichilismo passivo senza futuro. Una religione del ‘nuovo’ tal quale a quella che ha dominato in questi anni terribili della sinistra. Occuparsi del ‘vecchio’, di ciò che siamo, invece, metterci le mani, salvare il buono, discernervi una via percorribile, sperimentarla, misurarla con gli attuali bisogni materiali e immateriali, è l’unico vero compito che abbiamo davanti. Ben più faticoso che tirare una linea per convincere a ricominciare da niente. E, nel niente, perdersi, come in parte è già avvenuto nel corso di questi anni.

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