Copio questo testo da Lorenzo Tosa pubblicato su Facebook. Aggiungo solo che il lancio giornalistico del linciaggio di Ilaria Capua fu fatto dall’Espresso. Una storia parallela a quella di Ignazio Marino. I migliori li mandiamo in esilio.
Lei si chiama Ilaria Capua, ha 54 anni, è una delle più apprezzate virologhe a livello mondiale e, in queste settimane, è diventata un volto noto a tutti gli italiani per le sue analisi sull’emergenza Coronavirus sempre puntuali, equilibrate, ferme e nette senza mai essere allarmistiche.

Ilaria Capua è una di quelle grandi italiane che il mondo ci invidia. È la ricercatrice, per intenderci, che, nel 2006, sfidando il sistema, ha codificato la sequenza genetica del virus dell’aviaria e, anziché riservarlo a pochi esclusivi centri come avveniva allora, ha deciso di condividerlo con il Pianeta intero, inaugurando l’open science ed entrando di diritto tra i 50 scienziati top di “Scientific American”.
Ma Ilaria Capua è anche la donna che, sei anni fa, ai tempi in cui era deputata alla Camera, ha subito sulla propria pelle una delle più spaventose gogne giudiziarie, mediatiche, politiche e social che il nostro Paese ricordi. Il 4 aprile del 2014 ha saputo dai giornali di essere indagata per associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati di corruzione, abuso d’ufficio e traffico illecito di virus. Accuse pesantissime che avrebbero potuto condurla addirittura all’ergastolo.
Da eccellenza mondiale della ricerca, all’improvviso Ilaria diventa “il mostro”. Per oltre due anni è costretta a subire un linciaggio politico, personale e sessista tra i più violenti mai registrati nei confronti di una donna. Le danno della “tr”, della “zoc*”, le augurano che qualcuno inietti a lei il virus. Ilaria a un certo punto smette anche di uscire di casa (“Mi vergognavo a farmi vedere in giro”, “Mi guardavo allo specchio e mi vedevo vecchia, brutta, sbagliata”).
Al culmine della gogna, è costretta addirittura a lasciare l’Italia e, a trasferirsi negli Usa, per sfuggire da un peso diventato macigno.
Infine, il 6 luglio del 2016, il giorno della sentenza, è in Florida, all’Università, quando, allarmata dal silenzio, invia un sms all’avvocato. “Mi devo preoccupare?” Due minuti dopo arriva la risposta: “Prosciolta”. Da tutte le accuse. Per Ilaria è la fine di un incubo lungo 28 mesi. Ma non è gioia quella che prova, semmai dolore. “Mi sento sfregiata, come se mi avessero buttato addosso l’acido – dirà poi – Hanno distrutto la mia carriera. Hanno smembrato un gruppo di studio che era diventato un riferimento mondiale: persone perbene, studiosi di eccellenza massacrati. Io sono all’estero. Il mio braccio destro è all’estero. Il mio gruppo di ricerca dimezzato e gambizzato.”
Pochi mesi dopo, la deputata Capua si dimetterà dal Parlamento italiano con un discorso di una dignità e un senso delle istituzioni commoventi.
Finiva così:
“Cari colleghi, torno al mio posto, a fare quello che so fare meglio, all’estero, ma sempre con lo sguardo rivolto verso l’Italia.”
Questa è Ilaria Capua. E questo è il modo in cui questo Paese l’ha trattata. Ma, nonostante tutto questo, non ha mai smesso di amare l’Italia, diventando, in piena emergenza Coronavirus, una delle voci più lucide, autorevoli, intelligenti e misurate, in mezzo a una palude di ignoranti, sciacalli e capitani di sventura.
È ora che qualcuno chieda finalmente scusa a questa grande scienziata, un cervello in fuga dalla barbarie, un faro nelle tenebre. Una grande donna italiana.
Categorie:Coronavirus, Onore a, Politica, Vaccini
Ultimamente la signora Capua è diventata ospite fissa di Floris(lautamente pagata)e ne dice di cose.Vediamo se tra qualche mese le daremo ragione …
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Ho scritto il post prima del suo successo televisivo. Credo rimanga valido il motivo per cui le tributavo onore. Non seguo Floris sistematicamente mi sembra però la Capua si confermi persona molto preparata e capace di divulgare concetti complessi e difficili. Se è retribuita credo che sia giusto, se vale tanto non mi sorprenderebbe non provo alcun sentimento di invidia mentre provo rabbia per certi compensi a gente incapace i ignorante.
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